Capitolo 18

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Rinnegare una passione no
Ma non posso dirti sempre sì e sentirmi piccola così
Tutte le volte che mi trovo qui di fronte a te
Troppo cara la felicità per la mia ingenuità
Continuo ad aspettarti nelle sere per elemosinare amore

«Vattene.» con una mano sul petto cerco di spingerlo fuori dalla mia stanza. Non posso continuare a farlo. Non sarò stata la persona migliore al mondo, ho preso decisioni che hanno fatto soffrire gli altri – e me – ma penso di meritarmi qualcosa di più di qualche ora dentro un letto di un hotel sconosciuto.
«Sei sicura che vuoi che me ne vada?» sussurra in risposta con la voce roca, si avvicina sempre di più e con le nocche della mano mi accarezza il collo, sfiora dietro l'orecchio, prosegue giù fino alla clavicola e poi termina sul décolleté, in mezzo al seno.
«Questa è l'ultima volta.» affermo convinta e chiudo gli occhi lasciandomi travolgere dalla sua bocca. È calda, impaziente, decisa, si impone sulla mia, decide il ritmo, l'intensità, tutto. Un po' come Ignazio, ha – da sempre – la necessità di controllare tutto quello che lo circonda.
«Riporta la tua dannata testolina a me.» ringhia stringendo i miei fianchi con le mani. Arrogante. «Mentre sei con me non ti è concesso pensare ad altro che non siamo noi due in un letto. Devi solo concentrarti su quanto io conosca bene il tuo corpo.» mi morde prepotente il labbro inferiore.
«Fai silenzio che Martina dorme nella camera di fianco e la porta è aperta.» sibilo trattenendo un gemito quando mi mordicchia e lecca il collo.
Ridacchia, si stacca da me e va a chiudere la porta che separa la mia camera da quella di Martina. Queste camere famigliari sono favolose.
Mi sfila la maglietta che avevo messo per dormire, scoprendo i miei slip.
«Vorrei non fossi così...»
«Così?» strizzo gli occhi quando si inginocchia a baciarmi le cosce.
«Così bella. Odio che tu riesca ancora a togliermi il fiato solo guardandomi.» mi bacia all'apice, tra le cosce, proprio sopra gli slip, facendomi fremere.
Con un mugolio imploro un suo – qualunque – movimento. «Ignazio.» gemo, lo prego, per cosa di preciso non lo so.
«Asia.» mormora con il solito tono insolente. Mi stringe il sedere con le mani e mi morde disordinatamente dall'ombelico alla parte alta delle cosce.
Preme le mani grandi e calde sui miei fianchi, mi fa sdraiare sul letto e mi sfila gli slip. Scruto silenziosa tutto il suo corpo, ancora coperto da quei jeans orribili e una maglietta dal dubbio gusto. Scuoto la testa e decido di non restare inerme nelle sue mani. Mi metto seduta, gli tolgo la maglietta e sfilo i pantaloni. I boxer neri sono stringono la sua erezione.
«Che c'è?» mi prende velatamente in giro. «Vuoi già passare alle cose serie?»
«Non lo so... forse. E tu?» esclamo sorridendo. Non può e non deve divertirsi solo lui.
«Mi piace l'attesa.» scuoto la testa frustrata e gli abbasso i boxer. Vediamo se ti piace anche ora l'attesa. Stringo la mano intorno alla sua erezione e lo guardo negli occhi. Sorrido, muovo la mano con decisione e dolcezza allo stesso tempo prima di posare le mie labbra su di lui. Lo accolgo nella mia bocca senza mai distogliere lo sguardo dal suo. Mi beo dei suoi occhi chiusi, del suo capo gettato indietro, della sua presa ferrea tra i miei capelli. Sospiro, succhio, e lo porto al limite per poi staccarmi da lui, emettendo uno schiocco involontario. Domani quando ci ripenserò mi vergognerò tantissimo.
«Asia.» ringhia guardandomi male.
«Non ti piace più l'attesa?» lo sfido con lo sguardo.
«Stai giocando con il fuoco ragazzina! Stai attenta che ti bruci!» mi fulmina.
«Curioso che tu mi chiami ragazzina quando sono io quella più grande tra noi due.»
«Hai solo sei mesi più di me. Vola basso, ragazzina.» ripete.
«Smettila di chiamarmi ragazzina!» è irritante cazzo.
«Come mai ti da così tanto fastidio?» mi posa una mano sulla spalla e mi fa sdraiare. «Sarà che forse ti senti davvero come una ragazzina tra le mie mani?» stringe il seno tra le dita.
«Non montarti la testa! Sei solo una bella scopata che posso avere senza fare il minimo sforzo, e senza il rischio di ritrovarmi uno psicopatico in camera.» mento spudoratamente. Non sei mai stato una sola scopata e non lo sarai mai.
«Allora scopiamo!» si posa su di me velocemente, freddo, come se fossi solo un pezzo di carne. «Non è quello che vuoi?» mi apre le gambe. «Non vuoi solo scopare?»
«Smettila.» mormoro. Non mi piace come mi sta trattando e come mi fa sentire.
«Non fare la stronza con me Asia.» torna ad addolcirsi e mi accarezza i fianchi. Nonostante tutto lo fa con rispetto. Non mi ama più, ma non mi tratta come una squallida puttana, che io però mi ci senta nonostante tutto è un'altra storia. «Posso essere più stronzo di te.» afferma con le labbra a sfiorare le mie.
«Lo so benissimo, tranquillo.» mi scappa un sorrisino amaro, portato via dalle sue labbra che si impadroniscono delle mie.
«Asia.» ringhia e porta la mano tra le mie cosce, mi accarezza, prima lentamente e poi a ritmo sostenuto.
«Fai qualcosa.» lo supplico, frustata dalle sue dita che mi stuzzicano senza fare niente.
«Sii paziente.» mi bacia la clavicola poi scende prima su un seno e poi sull'altro. «Sii paziente.» ripete facendo affondare lentamente la punta di due dita. Sospiro pesantemente, chiudo gli occhi per cercare di riprendere il controllo sul mio corpo e sulle mie reazioni. «Questa attesa verrà ripagata, e lo sai.» sussurra, continuando a muovere quelle maledette dita e strusciando il palmo contro la pelle.
Per riuscire a trattenere un gemito pianto le unghie nel suo braccio, non mi va di fargli capire ancora di più quanto controllo abbia sul mio corpo, è frustrante.
Si alza improvvisamente dal mio corpo, prende il portafogli e tira fuori il preservativo. Strappa la confezione blu con i denti e lo indossa senza smettere di guardarmi. Mi prende per le caviglie e mi avvicina a se e sprofonda nel mio corpo senza staccare i suoi fottuti occhi dai miei. Se non smette di guardarmi, finirà per far crollare quel fragile muro che mi sono costruita intorno.
«Guardami.» posa la mano dietro al mio collo e mi tira su fino a far scontrare le nostre labbra. Le morde mentre spinge ripetutamente dentro di me, mantiene la presa sul retro del mio collo senza permettermi di sdraiarmi.
«Ti prego.» lo imploro e chiudo gli occhi per fermare le lacrime. Esce da me e mi fa alzare in piedi e poggiare al muro. Mi fa poggiare la guancia sulla superficie fredda e ruvida di fronte a me, passa i denti sulla mia guancia, senza mordere, e torna a spingere dentro di me. Spinte secche, dure, ruvide.
La consapevolezza di essere solo un corpo in cui sfogarsi, che di me non gli importi assolutamente niente, quando invece io per lui farei di tutto, gli chiederei scusa allo sfinimento per avergli spezzato il cuore, mi investe come un fiume in piena. Non riesco più a gestire le lacrime che scorrono sul mio viso, incontrollate.
«Asia...» esce da me e mi fa voltare. «Che succede? Ti ho fatto male?» si preoccupa, come si preoccupa di qualunque altro essere umano sia sulla faccia della terra. Perché Ignazio è così, è buono, ma non perdona chi lo ha ferito.
«No.» singhiozzo.
«E allora cosa succede?»
«Vattene.» lo imploro senza riuscire a smettere di piangere. «Vattene e non ti avvicinare più a me. Ti prego.» con quella poca forza che mi rimane lo spingo lontano dal mio corpo. Crollo senza forze rannicchiata a terra e continuo a piangere tutte le lacrime che non mi sono permessa di sfogare quando ho dovuto scegliere tra noi due e i bambini. Chiariamoci, non mi pento di aver scelto loro, ma questo non annulla il dolore.
«Tu sei pazza!» mi accusa.
«Si, sono pazza. Ma vattene!» evito di guardarlo mentre si veste in fretta e furia e lascia la mia stanza sbattendo la porta. Avevamo quasi iniziato ad andare d'accordo da quando ho dato il ben servito a Matias, ma poi quel maledetto secondo primo bacio ha mandato a puttane quella mezza tregua che avevamo tacitamente raggiunto. Odio tutto! Odio le sue cazzo di labbra, le sue mani. Il modo in cui mi accarezza quando facciamo sesso. Odio come mi bacia. Odio persino il sesso! Odio lui, e tutto quello che lo riguarda.

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