Cap.16 - Infiltrarsi

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L'acqua calda aveva quasi finito di riempire la vasca in una soffice nuvola di schiuma profumata; Hanami raccolse una manciata di sali da entrambi i barattolini sul bordo e li cosparse prima di immergersi completamente abbandonandosi con la schiena contro la parete, lo sguardo rivolto verso lo scorcio del quartiere al di là della finestra.

Erano tre le occasioni in cui solitamente decideva di concedersi un bagno rilassante: quando era ridotta a uno straccio alla fine di un turno estenuante, quando aveva bisogno di tempo per pensare, oppure, come in quel caso, quando aveva assoluto bisogno di non pensare.

Ascoltare le parole di Razen ed essere messa di fronte a ciò che si celava davvero dentro di lui l'aveva turbata in modo del tutto diverso e molto di più rispetto a quanto si aspettasse, ma questo non era dovuto all'aver appreso quale fosse l'effettiva portata del ruolo che ricopriva all'interno degli Yubiwa: probabilmente non sarebbe mai stata in grado di capire fino in fondo, ma stava imparando a districarsi tra le logiche crude e contorte del loro mondo, ormai; si stava trasformando pian piano in uno degli innumerevoli ingranaggi ticchettanti che lo tenevano in moto, ed era arrivata l'ora di riconoscere che al di là della volontà di salvarsi la pelle e dell'impegno preso nei loro confronti anche lei stava veramente cominciando a considerarsi parte della famiglia proprio come continuavano a ripeterle sia lui che suo fratello.

No, il punto era un altro.
Razen non aveva semplicemente deciso di aprirsi con lei.
L'aveva scelta. Per rivelarle i suoi segreti più oscuri e profondi.

Si era sentita così emozionata e lusingata, in quel momento; malgrado i suoi timori aveva desiderato talmente tanto che lui le permettesse di superare quella barriera inattaccabile che aveva innalzato attorno a sé...ma in seguito, subito dopo essersi richiusa alle spalle la porta della camera ed essere rimasta da sola nella silenziosa penombra del corridoio, quelle sensazioni avevano iniziato a lasciare il posto ad un vuoto dilagante.

Perché a rifletterci bene, la verità era che Razen non l'aveva affatto scelta.
Paradossalmente, l'aveva tagliata fuori.

Non avrebbe potuto essere più evidente.
Era solo per dovere di correttezza che le aveva parlato del suo lavoro, si era solo adattato alle circostanze in via eccezionale perché la riteneva parte della famiglia, e la sua convinzione sull'improbabile esistenza di una donna capace di amarlo accettandolo per quello che era le aveva dato inoltre implicita dimostrazione che da quel punto di vista lui non la considerasse neanche lontanamente.

Ecco, era pensare a questo ciò che la turbava davvero.
All'inquietante e improvviso sconforto che derivava dall'essere consapevole che quella donna non avrebbe mai potuto essere lei.
Da dove diamine era saltato fuori?

Era una domanda retorica, naturalmente, visto ciò che era accaduto poco prima in quella stanza.

La conversazione con Razen era stata un saliscendi emotivo ininterrotto; era vero, quando aveva lasciato cadere anche l'ultima difesa svelandole il volto dietro la benda ogni timore che nutriva nei suoi confronti era svanito, ma nell'istante in cui le aveva stretto la mano e i loro sguardi si erano incrociati aveva avvertito la stessa trepidazione provata mentre lui era in piedi alle sue spalle per mostrarle come utilizzare il coltello che le aveva appena regalato la mattina della partenza per Okutama.

Solo che adesso le era chiaro il perché.

La vicinanza di Razen risvegliava in lei sensazioni incredibilmente intense e sconosciute, inesorabili, percezioni vive sulle quali era conscia di non avere alcun tipo di controllo: se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire le asperità della sua cicatrice scivolarle sotto le dita, il sentore di cedro fresco e mascolino della sua pelle nelle narici, il ritmo regolare del suo respiro nelle orecchie; in quell'attimo aveva avuto come l'impressione che ognuno dei suoi sensi fosse stato di colpo amplificato.

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