Cap.13 - Okutama, pt.2

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Un gelido sibilo di vento entrò dalla porta scorrevole appena socchiusa sul giardino, facendo crepitare i carboni che ardevano sommessamente all'interno del braciere.

"Perciò lei ritiene che il loro omicidio sia stato ordinato o eseguito per vendicare la morte di quest'uomo." Continuò quindi Jin; la donna abbassò ancora lo sguardo sulla bevanda verde brillante che teneva tra le mani.
"Venne un uomo qui, molti anni fa." Sussurrò dopo qualche momento. "Non ricordo come si chiamasse. Si presentò come un investigatore privato, inviato per indagare sul caso dell'omicidio ancora irrisolto di un noto gangster di Tokyo avvenuto qui diversi anni prima. Rammentai di aver letto sul giornale il nome che mi fece, ma vi prego di scusarmi, la mia memoria non è piú quella di una volta." Tacque e sorseggiò lentamente il suo tè. "Era sufficiente avere un minimo di intelligenza per fare due piú due; sapevo che qualunque cosa avessi detto avrebbe potuto mettere in pericolo Atsumori, così non risposi a nessuna delle sue domande. Ma era molto, molto deciso a conoscere anche il piú piccolo dettaglio sulla vita di tuo nonno, ed é evidente che chiunque l'avesse assunto alla fine è riuscito a trovare le risposte che cercava." Concluse, amara.

Hanami lanciò un'occhiata furtiva a Jin mentre osservava la signora Shuko parlare: aveva imparato ormai il significato di quell'espressione che talvolta aveva visto comparire anche sul volto di Razen; nonostante sentisse di potersi fidare di quella misteriosa donna dalle maniere così signorili per la quale era chiaro che suo nonno in passato avesse rappresentato qualcuno di molto importante stava valutando tutti i possibili scenari in cui farlo avrebbe potuto rivelarsi un errore.

"Sì, signora Shuko. Lei ha ragione." Lo udì dire pochi istanti dopo. "Anche noi abbiamo motivo di pensare la stessa cosa, e crediamo di sapere chi sia la persona che é dietro a tutto questo." L'altra alzò lo sguardo su di loro; entrambi notarono un insolito misto di speranza e timore attraversare i suoi occhi. "Davvero?" "Sì..." rispose cauto Jin"...ma per esserne completamente certi, per poter cercare giustizia, ci sarebbe di grande aiuto se lei fosse disposta a raccontarci come si svolsero i fatti che avvennero quella notte. Andrà benissimo qualsiasi cosa riesca a tornarle in mente, non deve preoccuparsi."

La donna rimase a scrutarlo per alcuni attimi; ad un tratto scosse piano la testa, sul suo volto i ricordi avevano di nuovo dipinto un lieve sorriso.
"Anche Atsumori era capace di incantare con le parole, proprio come te." Sia Jin che Hanami colsero il sottile velo di malinconia nella sua voce quando cominciò a parlare. "A dire il vero lui era più brusco, nei modi; per giorni poteva lasciar vivere una persona nella convinzione di non andargli a genio e poi la sorprendeva all'improvviso con qualche gesto del tutto inaspettato."

Somiglia decisamente a qualcuno, pensò Hanami.

Jin accennò un sorriso. "Già. Capisco cosa intende."
"Questo posto sembra essere immune al passare del tempo" riprese la signora Shuko "ma al giorno d'oggi l'attività della locanda é condotta in modo differente rispetto a come veniva fatto a quell'epoca. Sapete, in quegli anni i frequentatori del locale apprezzavano molto i servizi che le ragazze che lavoravano per Miho Shinohara fornivano ai clienti."
Fece una pausa e fissò i due ragazzi negli occhi. "Certo." Affermò Hanami con uno sguardo d'intesa. "Continui pure." La incoraggiò gentilmente.
"Avevo circa sedici anni quando Miho mi prese con sé e conobbi Atsumori." Andò avanti lei guardandola con gratitudine. "Aveva iniziato a soli otto anni a lavorare alla locanda come tuttofare; avevamo la stessa età, eravamo i più giovani qui. Lui e Miho avevano un rapporto davvero speciale, come può esserlo soltanto quello tra una madre e un figlio. Ed era così, in fondo, dato che lei lo crebbe come tale dopo che rimase orfano di guerra a malapena tre anni. Non ho mai saputo nient'altro sulle sue origini, sebbene fin dal primo giorno avessimo cominciato a condividere ben più che il solo luogo in cui lavoravamo e vivevamo."
Jin e Hanami si scambiarono una breve occhiata. "Dovevate tenere molto l'uno all'altra." Disse quest'ultima. "Atsumori era alquanto protettivo nei confronti di tutte noi; sapeva bene che non avevamo alternative pur non approvando ciò che facevamo. Però sì." La donna si alzò e si diresse verso il braciere per prendere il bollitore. "Il legame che ci univa era diverso."

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