Cap.4 - Fuoco

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"Però..." Sul volto di Okura si dipinse un sorrisetto.
"Dopo tutto questo tempo sinceramente avrei sperato di ricevere un'accoglienza un po' più calorosa. Non mi fai nemmeno accomodare?"
Atsumori lo fissò per qualche istante prima di fare un cenno al domestico; questo uscì dalla sala e l'attimo successivo tornò con un'altra sedia. "Potrei avere anche un gin con ghiaccio, per favore?" Gli chiese Okura sistemandosi a capotavola di fronte al padre." Subito, signore."

"Aaah...adesso va molto meglio." Dopo aver buttato giù il drink sbatté appena il bicchiere sul tavolo, si allentò la cravatta e si sbottonò la giacca dell'elegante completo grigio chiaro dal taglio europeo.

"Ne sono passati di anni, eh? Vediamo... quanti di preciso, Seihachi?" Il gelo che calò nella stanza quando pronunciò il suo nome era quasi insopportabile. "Venti...no, ventitré, se non sbaglio, giusto? Già...tu eri un bambino, Jin" disse rivolgendosi ai nipoti "e Razen, tu avevi a malapena un anno...accidenti, Fumiaki, questi ragazzi non ti somigliano affatto, lo sai?" "Che cosa vuoi, Okura?" Gli domandò lui a quel punto. "Non metterti sempre sulla difensiva, fratellone..." ribatté l'altro. "Che c'è, hai paura che il preferito di papà sia tornato a casa per prendere il tuo posto?"

"Finiscila." Intervenne secco Atsumori. "Dimmi perché sei qui." "Rilassati, non mi servono i tuoi soldi, se é quello che ti stai chiedendo." Rispose Okura alzando le mani. "Come ben ricorderai quando ho deciso di lasciare Tokyo ho anche giurato di fare in modo di non trovarmi mai nella condizione di dover avere ancora a che fare con questa famiglia o con i suoi affari, e fortunatamente per me ci sono riuscito. Ma d'altra parte...Scusi, potrei averne un altro di questi, per favore?" In un attimo il suo bicchiere si era di nuovo riempito. "Grazie. Dicevo, d'altra parte dopo aver saputo quello che è successo nell'ultima settimana non posso fingere che la situazione non mi preoccupi, perciò, almeno finché non verrà fatta chiarezza su questa storia, ho deciso di mettere da parte le nostre divergenze e stabilirmi temporaneamente in città per stare vicino alla famiglia." Fece una pausa e mandò giù il secondo drink. "Sempre che siate d'accordo, ovviamente."

Gli altri lo osservarono in silenzio. "Wow." Disse Okura, ironico. "Il vostro entusiasmo mi commuove, davvero."

"Che cosa ti aspettavi?" Gli chiese Fumiaki. "Sei stato tu a scegliere di non avere piú nulla a che fare con noi, e ora come se niente fosse ti presenti qui con questa scusa patetica? Hai perso il tuo smalto, fratellino, una volta avevi piú fantasia nel raccontare balle. É proprio tipico di te..." Scosse la testa, sprezzante. "Non sei capace di fare qualcosa senza essere ridicolmente teatrale."
"A che cosa ti stai riferendo, di preciso?" Chiese l'altro scandendo piano le sillabe e tenendo gli occhi fissi sul fratello. "Mi sto riferendo al fatto che sì, secondo me hai deciso di inscenare una delle tue solite entrate ad effetto per approfittare di questo momento e mostrare a nostro padre quanto sarebbe stato meglio se fossi stato tu il figlio maggiore, quello che é sempre al posto giusto al momento giusto e che mantiene sempre il controllo su tutto. Ma sappiamo che non é proprio così, non é vero?" Okura non ribatté. "Dopotutto fare scenate é quello che ti riesce meglio, se non sbaglio l'ultima é stata quando hai deciso di andartene e sparire per piú di vent'anni solo perché non siamo stati dalla tua parte quando continuavi ad incolpare Seihachi per la morte di Ryo."

L'espressione di Okura restò imperturbabile. "Non ti metto le mani addosso soltanto perché a questo tavolo sono seduti anche i tuoi figli." Disse dopo alcuni attimi, il suo tono di voce era piú corrosivo dell'acido. "Io ho la mia vita e il mio lavoro, e come ho detto, per il momento ho intenzione di mettere da parte il passato e starvi vicino in questa situazione delicata. Se poi in tutto questo tempo non sei ancora riuscito a gestire il tuo patologico bisogno di approvazione da parte di papà, Fumiaki, non é certo un problema mio."
Distolse lo sguardo e si rivolse a Seihachi. "Tu? Che cosa ne dici?" "Eri il mio migliore amico un tempo, Okura." Rispose lui dopo qualche istante, cauto; Jin e Razen notarono che stava misurando con attenzione le parole. "Se finalmente sei riuscito a scendere a patti con quello che é successo, io non posso che esserne felice. Felice, e sollevato. Non ho mai voluto che tu te ne andassi, e da parte mia non vedo alcuna ragione per cui tu non possa restare." Okura si finse perplesso. "Non vorrei che tu avessi frainteso..." disse sistemandosi meglio sulla sedia "...io non sono sceso a patti proprio con niente. Se quel giorno tu non avessi deciso di insinuare anche in lei i tuoi dubbi insensati sul nostro matrimonio, non sarebbe stata troppo occupata a discutere con te e si sarebbe accorta di quell'auto. 'Mettere da parte' non significa dimenticare, Seihachi." L'altro sospirò, passandosi una mano tra i folti capelli argentei prima di tornare a guardarlo negli occhi. "Se ventitré anni non sono serviti a farti cambiare idea dubito di poterci riuscire io proprio adesso, ma questo non cambia ciò che ho detto. Sarei felice se tu restassi, se anche Atsumori é d'accordo."
Con la coda dell'occhio Razen vide il padre stringere il pugno sotto il tavolo, anche Atsumori lo notò.
"Non lo negherò, Fumiaki" iniziò quest'ultimo rivolgendosi al figlio "in alcune occasioni ho rimpianto davvero il fatto che il mio primogenito fossi tu. Però, a dispetto dei tuoi piú che evidenti limiti, hai sempre avuto chiaro quale fosse il tuo ruolo nella famiglia, hai fatto del tuo meglio per esserne all'altezza e hai assicurato la nostra discendenza. Non sempre sei in grado di affrontare lucidamente la realtà, ma non hai mai scelto di fuggire da essa." Fumiaki restò interdetto, quello era il primo merito – anche se celato dietro la consueta dose di critiche – che suo padre gli avesse mai concesso; nel frattempo gli occhi di Atsumori si erano spostati su Okura, che sostenne il suo sguardo senza esitazioni: sapeva che quella frecciata era diretta a lui. "Tuttavia, tenere unita la famiglia in questo momento é la cosa piú importante. Sei mio figlio, e se tua madre fosse ancora con noi sarebbe felice di sapere che hai deciso di tornare a casa." Okura fece un leggero cenno di assenso e guardò con riconoscenza il padre. "Grazie."
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Erano trascorsi cinque giorni dal rientro di Okura in città.

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