•Confession•

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Quella notte Ginger rimase sveglia. Era appoggiata al davanzale, la finestra era aperta e la luna splendeva nel cielo illuminando le colline di Hollywood e la famosa scritta di metallo. L'aria fresca della notte faceva muovere leggermente i suoi capelli e la rinfrescava. Aveva ancora in mano la lattina vuota della Coca Cola della sera prima e la stava facendo dondolare tra l'indice e il medio della mano destra. Stava pensando a quello che Viktor le aveva detto. Doveva crederci? O era semplicemente ubriaco e l'aveva detto solo per romperle le palle? Non sapeva cosa fare. Metà della sua testa diceva di andarlo a trovare e scoprire di più su quella storia. L'altra metà le diceva di lasciar stare e continuare con la vita che aveva appena incominciato. Ma la sua curiosità la spingeva ad approfondire il motivo che aveva di amarla.
Verso le 7, la porta della stanza di Axl si aprì e lui uscì con una faccia che chiedeva "Ma perché devo alzarmi?".
Aveva i capelli tutti arruffati e indossava solo i boxer.
Ginger lo seguì fino in cucina ma il rosso non si accorse di niente. Voleva parlarne con qualcuno della situazione in cui si trovava ma non si fidava né di Axl né di Duff, che erano gli unici due che si erano mostrati un minimo cordiali con lei. La persona giusta era Stefan ma dopo quello che le aveva detto la mattina dello scioglimento della band, non voleva più parlargli. Forse né avrebbe parlato a sé stessa, l'unica persona di cui si fidava veramente. Andò in bagno e si mise davanti allo specchio. Ieri non aveva fumato neanche una sigaretta e non aveva preso in mano neanche una siringa. Si sentiva a pezzi e nessuno sarebbe riuscito ad aggiustarla. Si specchiò ma non aveva il coraggio di guardarsi. Aveva paura di quegli occhi verdi che troppe volte avevano visto cose brutte, aveva paura delle sue labbra che avevano detto troppe parole orribili a persone che non se lo meritavano, aveva paura di quei capelli che le ricordavano il sangue che scorreva nel corridoio quando suo papà la picchiava con un bastone.
Alla fine prese coraggio e si guardò. I capelli erano tutti annodati, aveva le occhiaie a causa della notte in bianco che aveva passato e le labbra screpolate. Gli occhi erano verdi, senza alcuna sfumatura rossa.
"Cosa dovrei fare?" iniziò a chiedersi, abbassando il capo e chiudendo gli occhi. Una lacrima le rigò la guancia destra ma lei la asciugò subito. Non le sembrava il caso di piangere.
"Viktor non mi piace! Dovrei andare a parlargli e spiegargli la situazione? No, non capirebbe. Dovrei ignorarlo per il resto dei miei giorni? Non mi sembra una buona idea. Potrei parlarne con qualcuno ma... con chi? Non mi fido di questi 5 drogati e Stefan non lo voglio più vedere!"
In quel momento, la porta si aprì e un assonnato Duff fece ingresso nel bagno.
"Buongiorno darling. Dormito bene?"
"Non ho dormito affatto."
"Hai l'aria affranta. Cosa succede?" chiese il biondo avvicinandosi per darle un abbraccio ma lei si scansò.
"Niente. Niente. Sto bene. Potresti non parlarmi per un giorno?"
"Sei arrabbiata con me?"
"No. Non sto tanto bene. Ho mal di testa."
"Vuoi che ti porto a letto?"
"No, vorrei andare a fare un giro. Posso?"
"Certo darling! Però potresti tornare per pranzo?"
"Non so se ce la faccio. Magari sto in giro a pranzo. Avete bisogno di cibo? Perché magari dopo faccio un giro al supermercato se vi serve qualcosa."
"Non credo."
"Allora vado." disse Ginger, uscendo dalla casa e dirigendosi verso la strada principale.
La rossa camminava sicura di sé. Era certa che sarebbe entrata e avrebbe parlato con quel pezzo di merda che aveva il coraggio di amarla. Arrivò davanti alla porta del suo vecchio appartamento. Il batacchio della porta era stato raddrizzato.
"Che fastidio!" pensò lei, rimettendolo nella sua posizione originale. La porta era stata ridipinta e dal campanello era stato tolto il suo nome.
Ginger bussò.
"Ciao Viktor."
"Ciao Gin! Entra pure!" disse lui, palesemente felice di vederla. Lei entrò. La casa era uguale a come lei l'aveva lasciata: pulita, disordinata e profumata di liquirizia. La rossa si sedette sul divano polveroso.
"Vuoi qualcosa da bere?" chiese Viktor.
"No grazie. Vorrei che tu mi spiegassi come fai ad amarmi!" fece secca Ginger.
"Devo raccontarti tutta la storia?"
"Tutta."
"Quando ti abbiamo accolto nella nostra casa tu eri appena diventata maggiorenne. Eri allegra, simpatica e fantastica. Io e Stefan credevamo che tu fossi un angelo venuto sulla Terra per far innamorare i ragazzi. Per Stefan eri come una sorella, ma per me... per me eri molto di più! Ogni volta che ti guardavo il mio cuore iniziava a battere all'impazzata e non riuscivo a fermarlo. Era più forte di me. Poi abbiamo iniziato a litigare. Tu hai preso tra le mani una sigaretta e della droga e non sei più riuscita a smettete. Sapevo benissimo che dovevi dimenticare. Una sera, eravamo a un bar, tu hai usato la scusa del bagno per uscire e io ti ho seguito. Ti sei avvicinata al muro di fuori, mi hai preso la mano e mi hai abbracciato. In quel momento il tempo si è fermato. Io ho avvicinato le nostre labbra e ti ho baciato intensamente. Volevo che tu capissi quanto di amavo. Ma tu eri fatta. Non capivi niente e la mattina dopo io feci finta di niente ma non ho mai smesso di amarti. Questa è la storia. Non c'è altro."
"Non mi hai mai portato a letto e fatto..."
"No no. Stai tranquilla. Non sono uno psicopatico!"
"Io non ricordo niente! Ricordo solo una strana sera. Noi due in una stanza vuota, accoccolati uno vicino all'altro, le mani in intrecciate. Tu mi accarezzavi i capelli. Poi mi dissi: "I love you like the stars above, I love 'till I die." E io mi ricordo di averti tirato uno schiaffo e di essermene andata."
"Ricordo anch'io!"
"Viktor." disse lei, avvicinandosi al ragazzo: "Io non ti amo! Mi dispiace davvero. Ma non mi piaci."
"Oh. Capisco." rispose sconfortato Viktor.
"Per favore. Non cercarmi. Lasciami vivere! Te lo chiedo per favore." continuò la rossa. Poi si alzò e se ne andò via di corsa, prima che le lacrime potessero uscire.

In the name of rock || Duff McKagan Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora