Capitolo 3

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• Capitolo 3 •

Tohma


Non era la lama della katana premuta sul collo della madre che aveva creato quella pozza di sangue lì per terra, sotto i suoi piedi. I rivoli amaranto rigavano l'interno delle gambe della povera donna, e solo lì al buio, nella sua stanza, Yoko capì cos'era realmente successo. Il soldato aveva abusato della madre, e se Yoko a sedici anni la conosceva come credeva di farlo, sapeva che immediatamente dopo la violenza avrebbe tentato di fuggire e di chiamare suo padre. Poteva immaginare perché il suo vecchio non arrivò: forse era stato messo a tacere prima che accadesse tutto il resto. La mamma di Yoko le aveva passato molte delle sue caratteristiche: i capelli stranamente chiari, grigiastri, forse ereditati da un lontano parente con problemi di albinismo. Gli occhi nocciola e il viso di porcellana.

Yoko piangeva man mano che i ricordi affioravano tutti in una volta, come se lei fosse diventata l'anima di Kintou Shuto, invasa dall'occidentalizzazione1dei Rivoluzionari, travolta da ideologie che non le appartenevano: Romanticismo, Illuminismo, Nazionalismo, Socialismo... Tutto quello che era maturato nelle Terre d'Oltremare in più di mezzo secolo, aveva stravolto Kintou in meno di un mese. Chi le raccontava tutti i fatti storici era Tori, suo cugino balzano, a cui un giorno balenò l'idea di diventare un mercante viaggiatore e che partì prima per la Terra Rossa2, poi per le Grandi Montagne3 ed ancora per le Terre d'Oltremare. Ogni volta che la veniva a trovare le portava dei vestiti sgargianti rossi, blu, gialli, smeraldini dai vari suoi viaggi, poi questa li prendeva e li nascondeva in una cassapanca, nascondendoli con cura sotto pile di libroni grigi per evitare che le pattuglie potessero strapparglieli via. Aveva solo cinque anni ma era già molto intelligente e capiva al volo quando la mamma o il padre le dicevano cosa doveva fare e non fare per sopravvivere agli uomini cattivi.

Yoko era nata pochi mesi prima del colpo di stato dei Rivoluzionari, e anche se non poteva ricordarlo, quando fu proclamata la legge che sanciva l'obbligo di tingere i capelli chiari con la pece, la madre pregava i tenjin4 che avevano sempre protetto la sua famiglia perché non guastassero la naturalezza di sua figlia. Purtroppo, gli spiriti ancestrali non furono d'aiuto e la madre considerò anche di convertirsi alla religione del Kami5 importato dalle Terre d'Oltremare.

Quando si ha paura o non si ha la piena concezione di quello che sta accadendo, è difficile pensare tra mille rumori, mille idee, mille paure. Quello che si desidera è un silenzio tombale in modo che i pensieri possano riaffiorare, ma non è ciò che desidererebbe qualcuno nella situazione di Yoko.

Dopo parecchio tempo, la ragazza si asciugò le silenziose lacrime con la sua treccia sgualcita e maleodorante di catrame, nonostante si lavasse i capelli con quello che aveva di più profumato per mascherarne la puzza. Guardò davanti a sé senza alzarsi e senza smettere di abbracciare le sue ginocchia sporche di melma, poi si guardò attorno.

I muri della stanza erano di legno di ciliegio, scure e molto eleganti, ma Yoko non potette mai andare  pensare che quella prigione fosse elegante, non ne ricavò nessun pensiero positivo. Gli assi del legno erano quasi sprovvisti di nodi tipici del legno puro, erano lisce, levigate e lucide, ma non conferivano luminosità all'ambiente. La sola fonte di luce era un lampadario appeso al soffitto, senza particolari decorazioni, giallastro come la luce fioca che illuminava la camera. A sinistra, davanti a sé, un letto che riconobbe essere matrimoniale solo quando si alzò, con le coperte rosse e marroni e di legno sempre di ciliegio. Il disboscamento di intere radure e boschi di ciliegi aveva costituito una grande risorsa di legno per decorare gli interni. Alla destra, sul muro di fronte il lettone, un quadro che ritraeva il generale seduto su una lussuosa poltrona, con le gambe accavallate, gli stivali neri e lucidi e lo sguardo penetrante e fisso su chi gli dormiva davanti. Era inquietante, pensò Yoko, ma ci avrebbe fatto l'abitudine, o almeno così sperava. Il pavimento era una moquette rossiccia, bordeaux, stranamente pulita e senza alcuna macchia, il che era strano, perché la politica dei Rivoluzionari era totalmente contraria alla fede Shintoista, che considerava la pulizia come manifestazione di purezza e del divino. Ma quella era, dopotutto, una falsa pulizia, perché dentro i Rivoluzionari non c'è alcun cuore, pensò Yoko con lo sguardo sconsolato.

Sotto mille ciliegiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora