• Capitolo 11 •
Porta verso la libertà
"Yoko?" In casa non c'era nessuno. Il piccolo ingresso spoglio e semplice non dava segni di vita: di solito aveva almeno un pizzico d'allegria familiare, ma allora, niente. Hatori fece qualche passo in avanti, non molto preoccupato inizialmente. Procedette con cautela ed iniziò a farsi delle domande nel momento in cui nessuno lo era venuto ad accogliere nemmeno dopo aver sentito i suoi passi. La sua fronte diventava sempre più piena di rughe d'espressione: inquietudine, brutti presentimenti, brutte sensazioni.
"Signora Kurai?" Chiamò di nuovo il ragazzo entrando in salone, ma non sentì nulla a parte una puzza di sangue e di morte. Si sbrigò e si affacciò alla porta della cucina: la madre di Yoko era a terra, in una pozza di sangue che proveniva sia dalla gola tagliata e sia dalle gambe. La gonna era sporca di rosso e gli occhi erano spalancati ed infossati all'interno della faccia scheletrica e già in decomposizione. Hatori non si fece turbare dall'odore terribile, ma dal cadavere: era stata come una madre per lui. Haha wa1. Non rimase lì impalato ma non si permise di abbracciare tra le calde lacrime il corpo della madre della cugina, ma corse via nelle altre stanze cercando Yoko. A giudicare dal cadavere, lo stadio di decomposizione era iniziato una o due settimane prima, quindi era al sicuro da eventuali intrusi in casa che magari stavano finendo il lavoro. Quello era già completo.
"Yoko!" Continuava ad urlare il ragazzo, spalancando ogni porta, ogni cassetto, ogni armadio, senza pensare che avrebbe potuto spaventarla se si fosse trovata lì. Spalancò la porta della sua cameretta: spartana, semplice e pulita come appena rifatta: non era stata lì. Tornò nel corridoio e spalancò la porta della camera da letto dei suoi genitori: il padre era a terra, accasciato e anche lui già magro e scheletrico, ma non troppo. Aveva un taglio al collo sulla parte posteriore che contrastava cremisi contro la pelle pallida e giallastra del morto. Non aveva il coraggio di vedere la sua faccia, di girarla: la rabbia accecava troppo Hatori in quel momento per permettergli di vedere qualcosa oltre la scena dell'assassino di colui che era stato come un padre per lui. I denti erano digrignati, stretti, gli occhi socchiusi con rabbia e lacrimanti. Nessun gemito, nessun rumore: solo respiri pesanti ed affannati dalle narici che parevano sputare fumo. Hatori si asciugò gli occhi con la manica del cappotto, senza badare alle ciocche di capelli castani che gli erano cresciute e che si erano bagnate.
Doveva trovare Yoko.
C'era ancora un posto in cui non aveva guardato ed era la cassapanca del soggiorno. La aprì e fu triste di non trovarla, ma anche felice di non averla trovata morta. C'erano solo dei tessuti splendenti, familiari, di mille e mille colori: erano i vestiti che le aveva portato dai suoi viaggi. Non li aveva mai messi, notò. Erano ancora piegati come quando glieli aveva portati, puliti e luccicanti. Non era triste che fossero ancora lì, anzi: sapendo che il regime proibiva tenere certe cose in casa, era contentissimo e quasi commosso che nessuno li avesse intaccati con la propria impurità e che nessuno li avesse portati via per bruciarli in piazza. Ne prese uno tra le mani e lo portò al viso: odorava di spezie, di terra, di loto e di altri fiori. Era il vestito che le aveva portato dalla sua amata Terra Rossa.
Hatori se ne era innamorato di quel popolo e delle sue tradizioni, che nulla toglievano a quelle dell'antica e pacifica Kintou. Il rosso, l'oro, l'ottone pregiato: la semplicità e la potenza dei draghi disegnati con l'inchiostro e il fascino degli ideogrammi che i Rossi avevano prestato agli abitanti dell'isola di Kintou. Hatori, dopo il suo ultimo viaggio, aveva deciso di prendersi una pausa dall'essere un mercante itinerante e diventare un commerciante di stoffa e spezie nelle campagne della Terra Rossa. Si era fatto crescere i capelli color cioccolato: ora avevano un lungo ciuffo disordinato sul davanti e ai lati del viso, mentre si rialzavano curvi sulla nuca, per via dei colletti alti dei vestiti dei contadini della campagna. Avrebbe voluto prendere Yoko con sé e portarla nella sua nuova Terra amata, Rossa e fortunata al di là del breve tratto di oceano: ma Yoko non era lì. Avrebbe voluto andare a vivere con lei a Kintou Ovest, nella terra pura, ma ormai la sacerdotessa Nami non si fidava più di nessun essere che non fosse uno youkai o una creatura magica. Era impossibile passare la barriera che aveva eretto per la pace della sua Terra Pura.
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Sotto mille ciliegi
Fantasy[Primo capitolo della serie: Sotto mille ciliegi] Anno ****, mese di Agosto, quindicesimo giorno. Lo stato di Kintou viene stravolto da un violento colpo di stato da parte di estremisti detti Rivoluzionari, che attuano un macabro e violento regime...