Capitolo 6

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• Capitolo 6 •

Quarantasette cicatrici




Il rumore dello schiaffo rimbombò per tutta la camera, poi arrivò la voce di Tohma. Era legato su una sedia, con le braccia dietro lo schienale, in mezzo ad una stanza buia, illuminata solo da una candela dalla luce fioca che era in mano al generale.

"Sei un piccolo bastardo traditore." Arrivò un altro schiaffo, con i denti stretti. "Ti avevo detto forse di aiutarla, bastardo?" La mano toccò violentemente la guancia del ragazzo ancora una volta. Questo non riusciva quasi più, all'ennesimo schiaffo, a girare la testa verso il suo torturatore.

"Cosa avrei dovuto fare..." Arrivò un calcio dritto allo stomaco, col tacco conficcato nella parte molle. Un muggito di dolore e Tohma strizzò gli occhi.

"Generale, coglione. Non stai parlando con la tua amichetta buona a nulla." Si avvicinò nella penombra al viso del giovane. "E' tutta colpa sua se tu sei qui adesso, se io ti sto per spaccare le ossa una ad una e se non sei riuscito a fare altro che buttarla giù dalla sedia. Sei veramente un incapace, viscido, idiota." Gli sibilò. Tohma ascoltava disgustato dentro ma composto al di fuori.

Dopo alcuni minuti di silenzio, una frustata a vuoto risuonò nel buio silenzio e il ragazzo tremò.

"Sei sempre stato così incapace. Non sei mai stato in grado di adempire agli ordini più semplici! Vogliamo contarle? Le cicatrici sulla tua schiena, vogliamo contarle? Tutti quegli stronzetti dei tuoi compagni che hai cercato di aiutare ora sono puliti, hanno delle schiene intatte e morbide. E la tua? Per aver aiutato i tuoi amici? Ne è valsa la pena, Tohma?" Fece il generale mentre girava attorno alla sedia dove quello era legato, con passo lento e solenne, con le mani dietro la schiena che reggevano il frustino.

"Ne vale sempre la pena per qualcuno a cui tie-AH!" un urlo fu lanciato appena il manico appuntito del frustino si conficcò nella mano di Tohma da dietro la sedia. Il generale era seccato.

"Impara a rispondere ai tuoi superiori come si deve. Da quanti anni sei qui? Sei? Sette? Ancora non sai come rivolgerti a me?" In quei minuti di silenzio si poteva sentire solo il respiro affannoso di Tohma, da cui traspariva anche dolore, ma non solo fisico.

"Facciamo un accordo, caro Tohma... ti va?" Si puntò il generale davanti a lui con le mani sui fianchi, sporgendosi in avanti. "Io ti lascio stare se tu vai li di sopra e insegni le buone maniere alla tua amichetta..." Sibilò.

"Buone manie- AH!" Uno schiaffo.

"Non osare interrompermi!" Urlò quello. "Sei un indisciplinato del cazzo!" Ancora una sberla. "O le insegni il suo ruolo qui come pezzo di carne su un piatto d'argento, o ti riapro tutte e quarantasette le cicatrici sulla schiena. Sore wa anata shidaidesu1." Gli lasciò poco tempo per decidere, mentre gli occhi di Tohma erano appannati, privi di vitalità, pieni di rabbia e di angoscia. Quarantasette ferite... Yoko. Yoko non lavrebbe tradito come gli altri soldati, per i quali era diventato solo un ragazzo comune, una persona qualunque tra tanti cloni. Dopo essersi fatto torturare per coprire i loro sbagli, i loro bisogni. Era sempre stato uno dei più forti in questo senso. La sopportazione è stata la parola chiave di tutta la sua permanenza fino ad allora nell'esercito. Tuttavia... ne valeva la pena davvero? Una ragazzina così inesperta l'avrebbe fatto squartare vivo dal generale, fino a farlo implorare che le sue quarantasette cicatrici venissero riaperte con la katana e riempite d'olio bollente.

"Ho deciso."

Le luci del piccolo locale nascosto sotto le scale sembravano ancora più fioche di quanto non fossero per l'aria densa di oppio importato dalla Terra Rossa e di tabacco delle Terre d'Oltremare. Appena entrati, ci si ritrovava in uno spazio scuro ed angusto di appena un paio di metri quadri per due. Una fioca luce attirava verso destra e allora seguendo il percorso per il breve corridoio s'arrivava a delle lunghe scale che portavano sotto terra per almeno dieci metri. La musica lenta e tranquilla si faceva sempre più forte, sebbene risultasse inquietante brancolando nel buio. Una porticina di ciliegio, ovviamente, poi il generale sorrise maliziosamente ad Heizo, per poi entrare.

Sotto mille ciliegiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora