Capitolo 12

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• Capitolo 12 •

Bruciore

  

La porta si chiuse normalmente, senza fare troppo rumore. Venne chiusa molto bene, in modo da non poter essere aperta da soldati curiosi: del resto era situata nei meandri di quel palazzo. Il generale sembrava, per certi versi, qualcuno a cui della privacy non fregava poi così tanto, e invece... a volte pareva che si guardasse attentamente anche dallo stesso Heizo o da Yoko, come avesse qualcosa da nascondere. Aveva forse lui paura di essere attaccato alle spalle? Poteva essere. Lo stava facendo anche in quel momento: stava attento ad ogni puro, innocente movimento di Yoko, come se temesse che potesse aver rubato un qualche coltello dal tavolo dov'erano seduti prima. Ma non era lui quello che doveva incutere timore? Sì. Era lui, infatti Yoko ancora stava attenta ai suoidi movimenti, nel caso che avesse fatto qualche movimento brusco che le avrebbe dato il permesso di scappare a nascondersi.

Il generale fissava Yoko con i soliti occhi indagatori, specialmente il suo petto, il suo viso, il suo tutto. La fissava. Al contrario, lei fissava un po' per terra e trovava di tanto in tanto il coraggio di guardare il generale fino alla cintura della divisa. Non aveva più il coraggio di guardarlo negli occhi vestita in quel modo. Mentre lei si fece pervadere dalla vergogna, quello si avvicinò con calma, ondeggiando quasi sui fianchi, poi, una volta che fu abbastanza vicino a Yoko, la prese per le spalle non troppo delicatamente. La strinse più di quanto non stesse già facendo lei da sola. Tentò di abbassarsi con lo sguardo per incontrare quello della ragazza, che cedette e non si spostò che con le sole pupille. Si guardarono: la paura degli occhi nocciola di Yoko che nascondevano coraggio; il coraggio e la sfrontatezza degli occhi bui del generale che nascondevano la paura.

Strisciò le mani sul tessuto morbido del kimono di Yoko, mentre quella non si muoveva e tremava quasi. Cercava di sfilare quei lembi di seta rossa e nera dalle braccia lisce e minute della ragazza. Pian piano, sempre di più, un nuovo pezzo di carne rosa e chiara veniva scoperto, un nuovo tratto di pelle d'oca veniva rivelato e un brutto presentimento si faceva sempre più impossibile da cancellare dalla mente della vittima. D'improvviso, lei mise una mano su quella del generale che la stava lentamente spogliando, come se volesse fermarlo e lo guardò: non era più sicura di quello che voleva fare, di quello che era pronta a sopportare. Era stanca, voleva dormire sebbene non ci riuscisse, cercava riparo nonostante sapesse di non poterlo trovare.

Il generale continuò imperterrito a togliere di dosso quella veste dal corpo della ragazza, stavolta più velocemente, turbato dalla mano di Yoko che cercava di fermarlo: non voleva che accadesse. Il laccio sul ventre, la doppia fascia sotto il seno, non era slacciato, per cui fu come se si fosse ritrovata con indosso solo una strana gonna di seta. Istintivamente, Yoko alzò lo sguardo repentinamente, poi lo riabbassò, tutta rossa e tremante e si portò le braccia sul petto, per coprire ciò che era stato scoperto. Sembrava una bambina: non aveva già il corpo di una donna, aveva dei lineamenti troppo dolci e poco definiti per sembrare, in quello stato, già una ragazza di sedici anni. Quanti anni aveva il generale? Nessuno lo sapeva, ma in altrettanti non gli avrebbero dato più di una ventina d'anni: era esile, slanciato ed elegante, dal viso pulito comune solo ai giovani, ai giovanissimi. Era molto difficile per alcuni credere che potesse essere già un generale a quell'età. Era sconosciuto a tutti il suo percorso per poter essere arrivato fin lì, il suo passato, la sua famiglia, nessuno sapeva se avesse avuto fratelli o sorelle o se i suoi parenti fossero morti. Nessuno si chiese mai perché non aveva ancora preso moglie e nessuno obiettava quando egli rispondeva a tali domande col dire che l'impegno della guerra era troppo grande per permettergli di sposarsi.

Prese Yoko ed incrociando i propri piedi coi suoi, le proprie gambe con quelle della ragazza, camminarono fino ad arrivare ad una parete vicina ad un letto spartano e pulito come se fosse stato tenuto a posta così lindo fino a quel momento. Il generale afferrò i polsi di Yoko e li tenne fermi con una sola mano sul muro, sopra la testa della ragazza, senza essere violento. Era da tempo che non era così sanguinario, non che non lo fosse ancora nell'animo, ma c'era qualcosa che gli imponeva di calmarsi e di non essere così impetuoso. Cosa fosse, egli non lo sapeva, figuriamoci gli altri soldati o Yoko. La mano liscia e delicata per un essere tanto violento, teneva quelle pure e innocenti della ragazza ferme con inaspettata dolcezza. L'altra mano scivolava sul collo della giovane da una parte e dall'altra il generale piazzava dei baci pieni di rimorso, di rabbia verso sé stesso, di rimpianto e di inquietudine. Yoko lo percepiva, percepiva la poca sicurezza con cui la stava trattando, la sua inaspettata dolcezza. Non capiva come fosse lei l'unica mezza nuda lì, quando l'altro era costretto a sudare nella propria uniforme. Chiuse gli occhi strizzandoli, cercando di non guardare cosa stava accadendo su di lei: il generale scese con la mano, fino ad accarezzarle il morbido petto. Era abbastanza veloce nei movimenti, ora. Strano anche quello: come mai avesse quegli scatti di insicurezza e sicurezza non lo capiva. Aveva gli occhi serrati, respirava pesantemente e l'odore di fiori di loto arrivava piacevole alle narici di Yoko, che venne in parte rilassata da quella fragranza dolce. Ma gli occhi chiusi...

Sotto mille ciliegiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora