Capitolo 7

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• Note dell'autrice •


Ave, lettori! Sono tornata tempestivamente col nuovo capitolo... VI ringrazio sempre di seguire la storia, per averla messa tra le preferite e ringrazio The Overlooker per le sue recensioni: mi sembra il minimo. P.S. Il capitolo potrebbe virare al rosso, non lo so. Non ho mai scritto una lime.

Sloggio: vi lascio alla lettura.

-Bloody Schutzengel


• Capitolo 7 •

Qualcosa di utile...



"Mite mimashou...1"

"Non riesco a muovermi, Tohma... non posso andare da nessuna parte." Fece Yoko sconfortata, tenendosi una mano sul ventre. "Sono solo degli applausi, cosa c'è di male?" Lo guardò.

"Può essere, ma non ho un bel presentimento su quello che succede lì sotto." Il ragazzo guardò a terra, con le mani sui fianchi, in disappunto. Dopo pochi secondi non ci fece più caso e guardò sorridente l'amica. "Vuoi che ti aiuti ad alzarti?" Le porse una mano. Yoko allungò la sua, ma una fitta lancinante la colse d'improvviso e ritirò la mano. Tohma capì di dover lasciar perdere. "Sei pallidissima..." le disse inginocchiandosi e guardandola negli occhi con lo sguardo di chi fissa un povero mendicante per strada con una gamba amputata che chiede umilmente pochi spiccioli di denaro per mangiare, senza parlare.

"Non ho mangiato molto a cena..." Ruotò gli occhi, ma non sbuffò ne sembrò arrabbiata. Era solo triste che avesse dubitato dell'amico.

"Ah... Dev'essere stata colpa mia... Mi dispiace." Si fermò per pochi secondi, per poi diventare più energico. "Posso farmi perdonare. Ora vado giù in dispensa e ti prendo qualcosa da mangiare. Dimmi quello che vuoi e te lo porterò." Yoko non stava ascoltando... Ricordava placidamente quando Tori era a casa e la trattava da principessa. Quando rimaneva a Kintou Shuto per più di un paio di notti, si offriva di fare tutti i lavori di casa: sia quelli della madre che quelli del padre. Sapeva che le dodici ore di lavoro erano estenuanti e non adatte ad un essere umano, quindi quando poteva, preparava delle ottime pietanze con dei cibi esotici che portava dai suoi viaggi. Erano tutti sicuramente più buoni del solito povero riso e delle verdure bollite. A Yoko andavano i piatti presentati meglio: Tori era sempre stato un tuttofare, amante di ogni lavoro manuale, dalla cucina all'ingegneria. Le scodelle e i piatti di legno o i pochi in creta, discreti, senza decorazioni e poveri, si trasformavano in opere d'arte.

"Yoko, sveglia!" La chiamò Tohma.

"Uh... No, Tohma, non fare sciocchezze, non ce n'è bisogno." Barcollò lei, nonostante fosse seduta e la sua voce quasi non voleva più uscire.

"Se non mangi qualcosa potresti svenire di nuovo. Non fare l'incosciente." La richiamò lui con voce seria.

"Voglio venire con te." Tossì, subendo il dolore delle fitte allo stomaco. Tohma non disse nulla. "Se ti succedesse qualcosa per colpa mia mi sentirei ancora più inutile di quanto non mi senta già..." Si riprese, sollevata.

"Io-"

"Anche tu sei stato male vedendomi ridotta in questo modo per una colpa che era apparentemente tua." Lo guardò profondamente negli occhi, per convincerlo, ma sembrava irremovibile. Tohma non disse niente, prese il suo cappello, si infilò la giacca ed uscì e Yoko non potette nulla per fermarlo. Rimase con una mano tesa, come per volerlo acchiappare, ma intanto il braccio che sorreggeva il suo peso scostato in avanti si faceva sempre più debole. Vide di nuovo nero.

Sotto mille ciliegiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora