XXVIII - Morte e vita

0 0 0
                                    

Kasday decise di partire al sorgere del Sole. Nonostante fosse un Dio e, quindi, immortale, provava una certa inquietudine ad entrare nel regno delle anime al buio. Indossò un abito complesso, blu e rosso cupo. Usò i suoi colori per potersi rendere immediatamente riconoscibile alla guardiana delle anime. Non voleva finire in qualche lista d'attesa per la reincarnazione!

Vereheveil lo riempì di raccomandazioni: "Ricordati che dentro di te dormono, latenti, quattro essenze. Quattro anime! Sta attento a non perdere il controllo su di loro! E, soprattutto, attento a non perderti! Se non trovi l'uscita, rimarrai per sempre lì dentro, fino a divenire come loro: un'ombra eterea in attesa di rinascita!".

"Lo so Vereheveil! Sono morto altre volte! Conosco il posto e so come uscirne! Rilassati! Sarò qui prima del tramonto".

Mentiva, in parte, perché in realtà non ricordava molto bene il percorso da seguire.

Probabilmente, passando da una vita all'altra, vengono cancellati i ricordi del luogo d'attesa.

Aprì il portale, eludendo la sorveglianza di Erezehimsay che lo voleva sempre seguire, e si ritrovò alle porte del regno delle anime, il reame dei morti. Notò subito quanto fosse immenso ma pensò che fosse del tutto normale perché esso doveva accogliere le essenze di tutti i Mondi, in attesa che la divinità della Vita li facesse ritornare materiali.

All'ingresso di quel luogo sconfinato, il Dio dell'Equilibrio si sentì lievemente a disagio. Si ritrovò a pregare, sottovoce, di non tornarci presto. C'era silenzio e pace, poiché nessuna delle anime litigava mai con un'altra, anche se di specie diversa.

Il Dio aprì i cancelli e vi entrò. La luce lo colpì sul viso e lui si fece ombra con le mani. Si accostò ad un angolo dove c'era ombra ed iniziò a guardarsi attorno. Sapeva di aver usato l'entrata riservata alle divinità, per questo non vi erano essenze in attesa di entrare. Ed era consapevole che molti Dei accedevano in quel luogo per rilassarsi o per sfuggire ai propri compiti per un po'. Ma lui non trovò quel luogo rilassante. Iniziò a camminare, diretto alla dimora della guardiana delle anime e, immediatamente, si accorse che,al suo fianco camminava qualcuno. Girò il viso e vide...se stesso!

Vide se stesso in forma di angelo che camminava tranquillamente, guardando avanti, in un lungo abito color del cielo. Voltando la testa alla sua sinistra poté scorgere la sua essenza di demone, in una veste scura allacciata alla spalla. I passi che avvertiva alle sue spalle erano quelli della sua anima come creatura senza magia, con il completo e la cravatta.

Si era diviso nelle quattro essenze che risiedevano nel suo corpo.

Ed io? Come sono io ora? Senza le parti di dna delle mie reincarnazioni?

Guardandosi in uno specchio d'acqua, ebbe modo di scorgere come sarebbe stato se non fosse vissuto nei mondi mortali. I suoi capelli neri fluttuavano nell'aria mentre gli occhi erano esageratamente grandi, sul viso privo di tratti: assomigliava in modo spaventoso a suo padre!

In cuor suo ringraziò di non essere solo così, di non essere la copia, in piccolo, del Kaos. E ringrazio anche che la sua natura duplice di maschio e femmina non volesse dividersi. Doveva stare attento a non separarsi dalle tre essenze che se ne andavano a spasso accanto a lui. Perdendone una sarebbe cambiata ogni cosa, una volta ritornato al mondo materiale.

Camminò, con le sue anime, lungo le vie del regno. Notò che solo lui zoppicava e doveva aiutarsi con il bastone dorato. La gamba faceva male più del solito, forse perché, in condizioni normali, il dolore era diviso fra quattro.

Le strade del reame erano bianche, riflettenti, e piene di gente. Udiva molte voci. Solo lui riusciva a controllarsi e non distrarsi mentre gli altri tre si voltavano di continuo, sentendosi chiamare per nome da chi li riconosceva. L'Equilibrio richiamò all'attenzione le altre sue anime. Si sentiva chiamare figlio, amico, cugino...

LA CITTA' DEGLI DEIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora