"Dio Equilibrio, io sono il vostro servo, Vereheveil. Sono tanto confuso. Vorrei ringraziarVi per la momentanea tregua. Ma vorrei anche chiederVi un immenso favore. Ascoltate la mia preghiera. È l'unico sogno e desiderio che ho ora. Vi prego: fatemi andare dalla persona che amo! Fatemi morire. Pregate la divinità della Morte affinché mi porti via con sé. Fatemi andare via da qui, fate come volete, ma io non voglio restare senza di lui. Non di nuovo. Vi supplico...".
Così pregava Vereheveil, subito dopo la tregua della guerra.
Stava accoccolato, stringendosi le braccia attorno al busto, e si stringeva forte, con il capo rivolto a terra. Ondeggiava, spaventato, mentre la sua bambina rientrava al tempio, in cerca di riparo dal freddo. Nel silenzio e tra le lacrime, l'angelo avvertì una presenza alle spalle.
"Non piangere, Arcangelo" si sentì dire "Ogni cosa a suo tempo. Ogni cosa nel modo giusto. Vieni con me".
Una voce vellutata, a metà fra quella di un uomo e di una donna, lo rassicurava.
L'angelo dalle ali nere girò lo sguardo ed una piccola lacrima scese dai suoi occhi dorati. Vide il Dio dell'Equilibrio, in piedi, accanto a lui. Vereheveil chinò il capo, con riverenza, ed il Dio gli porse la mano e lo fece alzare. Chiamò per nome la bambina, che corse appresso alla divinità, rassicurata dai suoi occhi dolci. Il bastone dell'Equilibrio batté due volte in terra e i tre si ritrovarono nel palazzo del Dio.
Che posso fare per un Dio come lui? A che cosa posso servirgli io? si chiedeva Vereheveil.
Il padrone di casa invitò gli ospiti a sedersi ad un tavolo. Alla bimba fu portata una cioccolata e una specie di girandola con cui giocare, mentre i due adulti iniziarono a conversare tra loro.
"Quante lingue conosci, Vereheveil?" domandò l'Equilibrio in una idioma ibrido fra quello degli angeli e quello dei demoni, che l'angelo nero comprese.
"Beh..ecco..vediamo..angeli, demoni, creature senza magia, relativi dialetti ed un paio di linguaggi di altri Mondi. Credo che, a conti fatti, siano una trentina. Più o meno".
"E sai anche leggerle?".
"Sì. E scriverle".
"Bravo. E in quanto tempo impari una lingua nuova?".
"Un paio di settimane. Massimo un mese".
"Straordinario! Senti...sarò schietto con te. Sto per farti una richiesta su cui voglio che tu rifletta: vorresti essere un Dio?".
"Io, un Dio?" Vereheveil lo guardò con aria molto stupita "Vi sentite bene?" chiese.
Il Dio sospirò: "No. Effettivamente non sto molto bene. Ma la proposta che ti ho fatto è seria". Deve essere un sogno. Uno scherzo. Io non posso essere un Dio!
"Che devo fare? E che Dio sarei? Se decido di rispondere in modo affermativo...".
Il Dio si appoggiò alla sedia, pareva davvero molto stanco. Il suo angelo Messaggero si avvicinò e appoggiò una mano sulla spalla del suo padrone, con aria preoccupata. Sussurrò alcune parole, che Vereheveil non comprese, nelle orecchie del Dio che, con un gesto della mano, lo allontanò.
Il Messaggero non volle andarsene. L'Equilibrio allora lo rassicurò con alcune parole bisbigliate che lo fecero desistere dall'idea di far riposare il suo capo.
"Erezehimsay, mio Messaggero, sto bene. Sta tranquillo. Ora, però, devo parlare con questo giovane, se non ti dispiace. Resta, se vuoi, ma non costringermi a fermarmi finché non ho finito di spiegare ogni cosa".
Il Messaggero chinò il capo, con un inchino si allontanò, rassegnato, anche se si vedeva che era ancora molto preoccupato.
"Tu, Vereheveil, saresti il Dio delle Letterature e delle Lingue. Attualmente è la Dea delle Parole che svolge questo compito, ma ha una quantità eccessiva di lavoro e mi piacerebbe che tu potessi sgravarla da parte dei suoi impegni. Se te la senti".
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LA CITTA' DEGLI DEI
FantasíaKasday, figlio del dio del Kaos, nasce come divinità dell'equilibrio in mezzo ad una guerra fra la sua famiglia e gli alleati della Dea del Destino. Riuscirà, fra rinascite, angeli, demoni e mutamenti, a svolgere il suo ruolo e trovare il suo posto...