XXIV - Prigionia e risveglio

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"Apri gli occhi, Equilibrio!".

Una voce dolce, angelica, tentava di risvegliare il Dio addormentato. Gli occhi azzurri del Dio dell'Ordine si aprirono, lentamente. Era riuscito a riacquistare le sembianze che aveva scelto alla fonte magica. Come si sentiva stanco...ma si sforzò di non riaddormentarsi.

Che splendido angelo che aveva di fronte! Sembrava giovane. I ciuffi di capelli biondo scuro gli incorniciavano il viso ed i suoi grandi occhi grigi lo scrutavano, con apprensione.

Era uno degli angeli più belli...

"Luciherus!" bisbigliò l'Equilibrio.

"Non paragonarmi a lui!" sbottò l'angelo, passandogli un pezzo di stoffa umida sulla fronte, per farlo svegliare del tutto "Io non sono come lui. Fratello Lucy è molto più coraggioso e determinato di me. Prende le sue scelte e poi và per la sua strada. Io non sarei mai in grado di farlo...".

Pareva triste.

Fratello Lucy? Sei dunque uno degli Arcangeli...

La creatura alata lo stava curando. Appoggiandogli due dita sulla fronte gli stava trasmettendo, oltre che a cure fisiche, calore e conforto.

"Mi dispiace per la gamba. Non posso fare nulla di più. Sono arrivato tardi. Ma la febbre è scesa e il veleno è sparito!".

"Grazie a te?" domandò il Dio, con un sorriso.

"Yai!" esclamò l'Arcangelo, con gioia.

"E tu...sei...".

"Mi offendo, se non ti ricordi di me!".

I due si guardarono con attenzione.

"Rahahel! Tu sei l'Arcangelo Rahahel!".

Il giovane biondo sorrise con più convinzione: "Bravo! Bravo! E tu, una volta, eri Kasday. Che carino! E che belle ali che ti stanno crescendo sulla schiena! Peccato per le corna...".

"Corna?".

L'Equilibrio si passò una mano sulla fronte e le sentì, piccole e appuntite.

L'Arcangelo gli bloccò la mano: "Sono ancora tenere e delicate. Non le toccare".

"Anche il precedente Dio dell'Ordine aveva le ali e le corna...".

"Ovvio. L'Equilibrio deve avere qualcosa in comune con ogni cosa e...".

"Dev'essere tutto...e niente!" lo interruppe il Dio, chinando il capo.

Rahahel lo guardava, inclinando il capo: "Io trovo bello il tuo nuovo stato. Mi piaci così. Ed è così che devi essere!".

La divinità non gli rispose. L'Arcangelo si alzò, allontanandosi da lui: "Vorrei restare qui ancora per un po'. Ma non mi è concesso".

"Dove sono?" chiese l'Ordine, riprendendo lentamente lucidità.

"In un bruttissimo posto. Con pessima compagnia. Mi dispiace...".

Il Dio si guardò attorno. Si trovava in un luogo angusto, buio, con pareti in pietra, forse un'antica torre o una prigione. Non aveva arredamento o finestre, era vuota, spoglia e fredda.

La porta, di legno massicciò, si aprì cigolando e, dall'odore di nebbia, l'Equilibrio capì che stava entrando il Kaos. Rimase seduto a terra, con la schiena e le ali contro il muro. Il Dio del Disordine afferrò il viso di Rahahel, che stava per uscire dalla stanza: "Sta bene ora, piccione?" domandò con la sua voce tenebrosa.

"Io sono un angelo, messere, e, comunque, sì. Sta bene. Ad eccezione della gamba che...".

Il Kaos lo interruppe: "Non mi importa. Basta che riesca a stare cosciente. A quanto vedo non sei più solamente una donna...".

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