XIII - Senza magia

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Con le cuffie dell'mp3, che pompavano musica ad un volume altissimo, ben fissate tramite un piccolo auricolare, il giovane dai capelli corvini salì le scale del suo nuovo appartamento.

Portava tra le braccia un piccolo scatolone con tutte le sue cose dentro. Girò la sottile chiave, leggermente ruggine, ed aprì la porta. Entrò nella sua nuova dimora, al terzo piano di un condominio del centro. Aveva iniziato l'Università e quello era il suo primo giorno in un'altra casa.

Emozionato, poteva ora vivere da solo, iniziò a mettere in ordine i suoi oggetti. Svuotò la valigia con cura, fischiettando e canticchiando, con la sua voce dolce, ma per niente mascolina. Ballava, anche, e rideva. Si sentiva davvero felice.

Suonò il cellulare: "Si? ...Ah, ciao mamma! Ti avevo detto di non chiamarmi subito! Sono fuori casa da solo due ore! Sì, sì...l'appartamento è carino. E non pago molto al mese. Torno da voi per il week-end. Adesso vado. La valigia non si disfa da sola e tra un paio d'ore ho la prima lezione. Ciao!".

Finì di riordinare le sue cose ed uscì. Attraversò la stradina pedonale di sassi che circondava la sua nuova dimora. Sentiva l'aria dell'autunno, con le prime piogge e le foglie che mutavano il loro colore. Alcune già iniziavano a cadere. Al ragazzo piaceva l'autunno, anche se gli metteva un po' di malinconia nelle ossa. Guardando le sfumature del cielo e del verde del parco, che stava sulla sua destra, il giovane si ritrovò a pensare a quanto dovesse essere grandioso e magico il potere degli Dèi, o di Dio, non lo sapeva bene, per poter creare una cosa così meravigliosa. Anche in quel caso, però, poté notare quanto poco importasse agli altri abitanti del luogo questa magnificenza. Ovunque poteva scorgere cartacce, alberi rovinati, scritte oscene.. e l'odore dello smog e dell'inquinamento.

Attraversò il parco, zigzagando tra bimbi sorridenti e chiassosi nei loro giochi, cagnolini scodinzolanti e coppiette in atteggiamenti compromettenti. Si chiese quanto tempo sarebbe durato l'amore promesso eternamente da quegli uomini e quelle donne. Sarebbe arrivato a scorgere i primi fiori della primavera o sarebbe morto con il gelo dell'inverno? E quello era davvero "l'Amore"?

Scacciò quei pensieri, consapevole che non sarebbe mai giunto ad una soluzione, ed affrettò il passo. Aveva chiesto alla portinaia se, gentilmente, poteva indicargli la via più breve per giungere alla sua Università. Seguì diligentemente le sue indicazioni e, con la borsa sulla spalla sinistra, trovò l'entrata. Era un edificio molto antico, il ragazzo lo avvertì: aveva un odore particolare, sapeva di "vissuto". L'arco d'ingresso, decorato in pietra, portava una scritta in una lingua arcaica che dava il benvenuto agli studenti. Appena entrato, il giovane avvertì il profumo dei libri e della biblioteca.

Lo sentì familiare e rassicurante perché era un odore che lo accompagnava, il suo preferito.

Camminava lungo il corridoio, cercando l'aula in cui avrebbe avuto la sua prima lezione. La trovò dopo pochi minuti, guidato da vari cartelli, ed entrò, appoggiando il suo quaderno.

I suoi occhi azzurri esplorarono l'ambiente e notarono che molti lo fissavano.. o forse era solo una sua impressione. Un ragazzo con i capelli biondi gli si sedette accanto, seguito da una ragazza dai capelli rossi.

"Ciao!" salutò la giovane, che aveva splendidi occhi verdi "Lui, questo spilungone dai capelli biondi, si chiama Samuael. Io sono Larian. E tu hai un nome, matricola, o hai solo due divini occhi azzurri?".

La ragazza rideva ed il ragazzo, un po' imbarazzato, rispose sottovoce: "Io sono Abramian. E mi fa piacere che ti piacciano i miei occhi azzurri, Larian. Avete entrambi nomi strani...".

"Per me Abramian non è normale. Samuael è relativamente comune nella variante: Samuel" affermò il ragazzo dai capelli biondi.

"Abramian è un nome antico..." iniziò lo studente dai capelli corvini.

LA CITTA' DEGLI DEIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora