The Contract

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Osservai attontita il luogo che mi si presentava di fronte, un Hotel?
Riguardai il messaggio di Tom con l'indirizzo per assicurarmi di non aver sbagliato ma era proprio lì.

Abitava in un fottuto hotel, e non in uno qualsiasi. Il Merlaut Hotel.

Presi un profondo sospiro ed entrai nella haul. Le persone mi lanciavano occhiate disgustate, forse per il mio aspetto così poco casual per un posto del genere.

Avevo messo una semplice tuta grigia, una maglietta oversize bianca e le scarpe da ginnastica. I capelli li avevo legati in una coda da cavallo.

Mi avvicinai al receptionist.
« A che piano è la stanza di Tom Kaulitz? » chiesi educatamente.
« Per l'amor di dio un'altra ragazzina no! Non sono informazioni che posso dare. » disse in tono esasperato.

Fui un attimo confusa dalle sue parole. Che voleva dire?

Sbuffai e presi il cellulare con la chat del diretto interessato e gliela mostrai.
« Potrebbe essere pure falsa. » disse senza batter ciglio. « E allora forza, gli chiami e gli chieda se stia mentendo o no. » incrociai le braccia al petto. Portò la cornetta all'orecchio e compose una serie di numeri.
« Signor Kaulitz? Scusi il disturbo, c'è una ragazza che mi ha riferito che lei vuole vederla. » annuì più volte per poi ripoggiare la cornetta al suo posto.
« Mi scusi, prego stanza 808, ultimo piano. » lo guardai con una smorfia mentre mi dirigevo verso gli ascensori.

Addirittura una suite. Nei piani alti degli hotel di lusso la maggior parte delle volte c'erano le suite.

Camminai per qualche metro finché non la individuai, stanza 808.

Diedi due leggeri colpi sopra la superficie liscia della porta che dopo pochi secondi si spalancò.
« Non pensavo venissi veramente, entra. » si spostò di lato per farmi passare. Questa stanza urlava lusso da tutti gli angoli e spazi.
« Già nemmeno io. »
« Vuoi qualcosa da bere? Un succo, un bicchiere di scotch? » storsi il naso.
« No grazie, non bevo ricordi? » annuì.

Prese un bicchierino versandosi all'interno del liquido denso e marrone, mi chiesi come facesse a bere di prima mattina.
« Siediti così inizio a spiegarti la mia proposta. » presi posto su una poltrona, lui si sedette di fronte.
« Hai detto che ti piace la musica no? » scossi la testa in avanti, incuriosita.
« Ti piacerebbe fare uno stage nell'ambito della musica? Ovviamente avrai a che fare con gli strumenti e ovviamente sarebbe pagato. » sbattei le palpebre più volte, convinta di essere ancora nel letto della stanza del mio loft e di stare ancora sognando.
« Quindi? » la sua voce mi riportò alla realtà, annuì non riuscendo a trattenere un sorriso.
« Perfetto, c'è solo un contratto da firmare. Ha la durata di sei mesi e da domani puoi iniziare. » mi presentò il foglio di carta davanti ed una penna.

Li afferrai senza troppe cerimonie.

« Non vuoi leggerlo? » scossi la testa.
« Mi fido. » si portò il bicchiere alla labbra con un ghigno.
« Saggia scelta. »
« Beh, io vado. » dissi dirigendomi verso la porta.
« Ti aspetto qui domani per le nove del mattino. » annuii chiudendomi la porta alle spalle.

Per fortuna quel giorno era domenica quindi niente università, quella mattina la ramanzina da parte della mia coinquilina non era stata così terribile ma non le avevo raccontato di Tom.

Inoltre le feci promettere che non avrebbe più organizzato quegli odiosi appuntamenti a quattro.

Decisi che potevo cogliere l'occasione per andare a trovare Andrew, per un motivo o per un altro non trovavo spesso il tempo per andarlo a trovare e sapevo che non era una bella cosa. Anzi, direi che fosse orribile da parte mia ma era difficile. Troppo difficile.

Sospirai entrando in macchina. Guidai verso il Comer Children's Hospital.

La puzza di disinfettante pizzicò le mie narici, storsi il naso avvicinandomi al banco informazioni.
« Ylenia! » esclamò Julie, un'infermiera grassottella e un po' troppo impicciona per i miei gusti.
« Julie. » abbozzai un sorriso.
« Stai andando da Andrew? » annuii
senza dire una parola entrando in ascensore.

Odiavo quell'ospedale, odiavo quelle mura che tenevano il mio fratellino imprigionato.

Bussai un paio di volte sulla porta finché non sentii un flebile "avanti".
« Sorellona! » si tirò su a sedere per poi venire verso di me trascinandosi la flebo appresso. Mi spezzavo sempre un po' di più quando lo vedevo in quello stato.
« Ehi piccolino. » mi cinse con le sue braccia esili e ricambiai l'abbraccio.
« Mi sei mancata un sacco. » mi abbassai alla sua altezza e gli scompigliai i capelli.
« Mi sei mancato anche tu, ti fai sempre più grande eh. » ridacchiò.
« Mamma e papà sono venuti? » scosse la sua testolina e digrignai i denti.

Ovvio.

Non avevano mai tempo per il loro figlio malato, l'importante era che loro pensassero al lavoro, a viaggiare senza seccature e a godersi la vita. L'avevano mollato in quella struttura e ogni mese mi caricavano un sacco di soldi affinché io pensassi anche a pagare la retta di quel maledetto ospedale e le cure.

Mi guardò aggrottando le sopracciglia notando la mia espressione di disapprovazione e gli feci una linguaccia. Adesso ero lì, devo pensare a farlo svagare non c'era tempo per i miei pensieri negativi.

Passammo il pomeriggio a leggere fumetti e a giocare ai videogiochi finché non crollò sfinito sul letto.

Gli rimboccai le coperte e controllai l'orario. Era tardi, molto tardi.

Gli diedi un bacio sulla fronte ed uscì silenziosamente dalla sua stanza.
« Oh signorina Hernandez. » il dottor Henderson mi venne incontro.
« Era da un po' che non la vedevo.» disse con il suo solito tono gentile.
« Ho avuto un sacco da fare con l'università, mi spiace. » annuì.
« Come.. come stanno andando le cure? » sospirò percettibilmente.
« La situazione è stabile ma non accenna a miglioramenti. » a sentire quelle parole mi venne un tuffo al cuore. « Oh ma non si disperi, dev'essere fiduciosa. » disse con tono confortante.

Sforzai un sorriso e una volta averlo salutato uscì dalla struttura trattenendo le lacrime. Odiavo venire in quel posto, ogni volta mi sentivo in procinto di crollare.

Arrivata nell'appartamento gettai le chiavi sul portaoggetti nell'ingresso e mi liberai velocemente delle scarpe.

In cucina presi un bicchiere e lo riempì di acqua fredda, gelata.
Lo buttai giù tutto d'un sorso e tolsi dalla bocca i residui d'acqua.
Mi sciolsi la coda da cavallo che tenevo su da quella mattina e la mia testa riprese finalmente un po' di sollievo, iniziava a farmi male.

L'appartamento era silenzioso. Evelyn era sicuramente fuori in qualche discoteca come quasi ogni sera. Invidiavo l'energia di quella ragazza. Accesi la televisione del salotto per tenermi compagnia e mi diressi in bagno. Una volta tolta la tuta e la maglia tre taglie più grandi della mia mi buttai sotto il getto d'acqua tiepido.

Già che c'ero decisi di depilarmi.

Uscì dal box doccia indossando l'accappatoio, asciugai rapidamente i capelli che stranamente erano venuti più lisci del solito. Sembrava quasi che mi fossi passata la piastra. Una volta messo il mio pigiama, ovvero solo una maglia lunga fino a metà coscia, mi buttai sul divano con una copertina ed una tazza fumante di the. Questa era la mia idea di seratona.

Misi Fast and Furious sulla televisione e mi godetti la mia serata.

Domani mi aspettava una lunga giornata: di mattina dovevo cominciare il mio stage e nel pomeriggio avevo le lezioni dell'università.

Uno stage, avrei iniziato uno stage.
Pensai che ogni tanto la fortuna girasse dalla mia parte, certo, mi ero quasi rovinata il mio paio di jeans preferiti ma credevo che in fin dei conti ne era valsa la pena. Non sapevo cosa aspettarmi.

Mi appisolai sul divano e sbadigliai rumorosamente. Il mio telefono emise il suono di una notifica appena arrivata.

" Ricordati, domani alle nove qui " era da parte di Tom, digitai velocemente un ci sarò e puntai la sveglia per l'indomani.

Six Months - Tom Kaulitz Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora