Quella mattina non poteva iniziare nel peggiore dei modi, avevo macchiato la camicetta che avevo indossato di caffè ma per fortuna ero ancora a casa così mi ero potuta cambiare; inoltre la sveglia non mi era suonata ma mi alzai prima del previsto. Immagino per il nervosismo.
La mia coinquilina era tornata nelle mattinate ed ora era collassata sul letto di camera sua. Preparai del caffè anche per lei, ne avrebbe avuto sicuramente bisogno appena sveglia.
Mi guardai un ultima volta allo specchio prima di uscire. I miei capelli biondi erano legati in una coda da cavallo ordinata, i miei occhi azzurri erano leggermente segnati da un po' di mascara e le labbra erano rivestite da uno strato di gloss fruttato lucido, per il resto ero sempre uguale.
Afferrai le chiavi della mia Audi A1 e sistemai la borsa con i libri sulla spalla, non sapevo se una volta uscita dall'hotel sarei dovuta andare direttamente in università.
Parcheggiai e lasciai la tracolla in auto.
Sorrisi falsamente al receptionist che il giorno precedente non voleva dirmi il numero della stanza di Tom ed entrai in ascensore.
Arrivata davanti alla porta bussai, erano le nove meno cinque, ero in perfetto orario.
«Buongiorno.» disse ghignando.Solo in quel momento mi resi conto che indossava solo un asciugamano in vita, distolsi lo sguardo.
« Allora, come prima cosa il tuo compito è quello di andarmi a prendere giù al bar una grande tazza di caffè con latte macchiato ed un cornetto al cioccolato. » inarcai un sopracciglio. Temei di non aver capito.
« Scusami? Non sono mica la tua schiava. Questo che avrebbe a che fare con la musica? » mi guardò ed un sorriso crudele che non mi piaceva affatto si formò sulle sue labbra.
« Avresti dovuto leggere il contratto prima di firmare, dolcezza. » sgranai gli occhi incredula, non ci potevo credere. Sentì la terra mancarmi sotto i piedi ma dovevo mantenere il controllo. « Io non ti andrò a prendere un bel niente, tu sei un fottuto truffatore! Ti denuncerò. » il mio tono era carico di rabbia, scoppiò a ridermi in faccia.
« Oh fai pure, ho solo i migliori e più astuti avvocati di Chicago dalla mia parte. » deglutì faticosamente.
Se si trattava di un fottuto incubo volevo svegliarmi all'instante.
« Vuoi ancora portarmi in tribunale? Se non rispetterai ciò che c'è scritto sul contratto sarò io a trascinartici e finiresti sicuramente in prigione. » avrei voluto prendere a schiaffi quel ghigno sul suo viso. Strinsi le mani in due pugni.
« Bene, la prendo come una risposta. Adesso vai. » rimasi lì impalata, non potevo credere di essermi fatta fregare così da un idiota. Sembrava così sincero. « Quali sono le tue intenzioni? » la mia voce tremava
per la rabbia, infondo avrei dovuto aspettarmelo, nessuno al mondo era così gentile.
« Semplice, per sei mesi sarai a mia completa disposizione e farai tutto ciò che ti ordino. » scossi ripetutamente la testa.
« Te lo scordi, sei un pazzo. Non farò un bel niente. » urlai, lasciò cadere l'asciugamano per terra e mi girai di spalle sentendo le guance surriscaldarsi. In che guaio mi ero cacciata?
« Oh beh, in tribunale perderesti solo tempo, denaro e rimanderesti l'inevitabile. Come proveresti che io ti abbia promesso altro invece di ciò che è scritto sul contratto che TU hai firmato? » ero disgustata, disgustata dalle gesta meschine di quell'uomo di fronte a mie occhi. Non dovevo fare altro che arrendermi, sapevo che avesse ragione.Avrei perso sicuramente la causa.
Con la coda dell'occhio notai che si era messo un pantaloncino da basket e una maglia larga.
« Assicurati che sia zuccherato e freddo. » sbattei con violenza la porta alle mie spalle.Sei mesi, sei fottuti mesi a sua disposizione.
Come una furia entrai nel bar di quello stupidissimo hotel dal quale avrei voluto scapparmene a gambe levate.
« È qui per il caffè del signor Kaulitz vero? Mi aveva avvisato che sarebbe venuta una ragazza a ritirarlo, ma non immaginavo fosse così carina. » un uomo sulla quarantina mi sorrise dolcemente, il figlio di puttana aveva pianificato tutto nei minimi dettagli e io come una stupida mi ero lasciata abbindolare da quella finta gentilezza e il suo bell'aspetto del cazzo.Senza degnarlo di uno sguardo afferrai la busta di carta contenente il dolce e la tazza di caffè con latte freddo.
Sbuffai quando per la fretta di tornare sopra una goccia mi cadde sulla mano.
« Ecco qua. » sbottai aprendo la porta e posando sul tavolino da caffè le sue cose.
« Oh porca puttana. » sgranai gli occhi portandomi una mano sul viso.Una ragazza bruna dalla carnagione olivastra era in ginocchio e stava facendo un lavoro di bocca al ragazzo che mi aveva tratta in inganno.
« Esci, va via. » le disse scorbutico alzandosi il pantaloncino, a testa china la ragazza lasciò la stanza e lui mi rivolse uno sguardo assassino.
« Prima regola: devi bussare, sempre. » deglutì, incapace di dire qualcosa. « Devi andarmi a ritirare un completo a questo indirizzo. » mi porse un bigliettino.
« Le gambe le hai, non puoi andarci tu? » domandai acidamente, prese il contratto sventolandolo in aria.Avrei voluto correre lì strapparlo ma avevo i riflessi di un ippopotamo.
Gli strappai il pezzo di carta dalle mani ed uscì da quel fottuto posto che mi stava soffocando per quanto grande potesse essere.
Guidai fino ad arrivare all'indirizzo che quell'idiota mi diede e mi ritrovai davanti ad una boutique.
« Sono qui per conto di Tom Kaulitz. » « Arrivo subito. » disse una donna minuta con un chignon ordinato sparendo dietro una porta.
Tamburellai le dita sul bancone sbuffando più volte, volevo solo tornarmene a casa e buttarmi sotto le coperte del mio letto al caldo.
« Ecco qui. » afferrai l'abito e senza salutare uscì dal negozio.Già mi veniva la nausea a vedere quell'Hotel, sei mesi. Sei fottuti mesi.
In mente mi ritornarono le parole di Tom, non ci tenevo a vedere un'altra di quelle scene che mi avevano fatto salire su la colazione.
Bussai alla porta.
« Avanti. » disse, dopo un paio di secondi. Spinsi la maniglia verso il basso.
« Ecco il tuo stupido completo. » dissi acida, poggiandolo sopra il letto a baldacchino.
« Ma grazie, come sei gentile. Non c'era bisogno che ti disturbassi per andarlo a prendere al posto mio. » sghignazzò, lo guardai infuriata.Osava pure prendermi in giro.
Si passò una mano sulla pancia.
« Sai ho un po' di fame.. » disse.
Respirai profondamente.
« A due passi da qui c'è la mia yogurteria preferita. » ghignò.
Sarei potuta scoppiare da un momento all'altro.
« Eh no, adesso mi sono rotta il cazzo. Vaffanculo! Chiama chi cazzo ti pare. » con un sonoro tonfo chiusi la porta alle mie spalle e sentì urlare il mio nome ma lo ignorai.Non accettavo di fare la schiava di nessuno, che andasse a farsi fottere.
Arrivata a casa sbattei la porta ed Evelyn si precipitò da me, indossava un ridicolo grembiule color cammello con dei gatti che mangiavano hamburger stampati sopra.
« Mattinata turbolenta? » la ignorai ed aprì il frigo prendendo una bottiglietta d'acqua.
« Cosa cucini? » domandai sentendo un buon profumino. « Patate fritte e salsicce. » sentì lo stomaco brontolare.Un sorriso apparve sul mio volto quando mi porse un piatto strapieno.
Mangiai come se non toccassi cibo da troppo tempo ed una volta finito gettai un rutto degno di un camionista di porto sotto lo sguardo scioccato e disgustato della ragazza.Era meglio che riposassi un po' prima di andare in università. Mi buttai a peso morto sul letto.
Il telefono squillò incessantemente, erano tutte chiamate da parte di Tom.
Le ignorai una per una. Ero pure tentata di bloccare il numero ma era meglio evitare per il momento.Quando si fece l'orario mi alzai svogliatamente dalla mia zona comfort.
« Io scendo. » dissi rivolta ad Evelyn che era seduta sul divano intenta a sgranocchiare un pacco di Lay's.Annuì continuando a fare zapping col telecomando. Sospirando mi misi in auto guidando verso l'università. Il pomeriggio filò liscio e le lezioni non mi pesarono più di tanto. Alle otto mi ritrovai a guidare per questa città che non dorme mai.
Prima di tornare a casa mi fermai in un fast food, presi due tacos ed una porzione di anelli di cipolla d'asporto.
Il sacchetto grondava d'olio, cercai di reprimere una smorfia mentre aprivo la porta dell'appartamento, ovviamente vuoto. Mi buttai sul divano mettendo un film e iniziando a mangiare, il telefono non suonava dall'ora di pranzo. Non sapevo se essere sollevata o preoccupata.Mi accoccolai sul cuscino sentendo gli occhi farsi sempre più pesanti.
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Six Months - Tom Kaulitz
FanficDove in una serata di pioggia la diciottenne universitaria Ylenia Hernandez incontra Tom Kaulitz che all'inizio si dimostra gentile e affabile nei suoi confronti. Ma la terribile verità è che le propone un finto stage di lavoro legato al mondo della...