Il giorno dopo alle undici del mattino mi ritrovavo già nell'hotel in cui alloggiava Tom. Un'altra giornata di merda poteva avere inizio.
Bussai dei colpi leggeri alla porta che si aprì dopo un paio di minuti, una bionda più nuda che vestita uscì con la testa bassa dalla stanza. Sorrisi amaramente, era sempre di Tom che si parlava.
Che cosa mi sarei aspettata?
« Ti avevo detto di venire per le undici e mezzo. » disse, schierandosi la gola.
« Così non avrei incontrato la tua scopata mattutina? Gentile da parte tua, Kaulitz. » sorrisi falsamente e sbuffò.
« Dimmi cosa devo fare, prima inizio e prima posso finire e tornarmene a casa. » incrociai le braccia al petto, aspettando che parlasse.
« Niente, siediti e bevi un caffè con me. » aggrottai la fronte.
« Non sono in vena di scherzare Tom. Perciò dimmi cosa cazzo devo fare perché già non tollero più di stare in questo fottuto posto qui con te. » sembrò ferito dalle mie parole ma lui le emozioni sapeva mascherarle bene.
« Bene, come vuoi. Cambia le lenzuola del letto, sono macchiate di sperma. » sgranai gli occhi, ero convinta che stesse scherzando.
« Te lo scordi! Io non tocco dove ci sono i tuoi figli. » a quelle parole si girò di scatto nella mia direzione, con sguardo furente.
« Vattene via. » il suo tono era gelido, non capì questo improvviso cambio di umore. Rimasi lì impalata, incapace di fare qualsiasi cosa.
« Sei sorda per caso? Vattene via da qui, cazzo! Sparisci dalla mia vista. » urlò riaprendo di scatto gli occhi.Il suo volto era una maschera di pura rabbia. Sussultai, non lo avevo mai visto in queste condizioni. Sembrava fuori di sé.
Mi lanciò la borsetta che per fortuna afferrai senza fare nulla cadere e uscii da quella camera sbattendomi la porta alle spalle.
Camminai a passo svelto lungo il corridoio dell'hotel, volevo uscire il prima possibile da quella struttura.
Mi maledii quel giorno per non aver preso l'auto. Fermai un taxi e gli dissi all'autista di guidare in direzione della spiaggia, era l'unica cosa che in quel momento avrebbe potuto calmarmi.
C'erano un gruppo di ragazzi con le tavole da surf sotto braccio, alcune ragazze in bikini a leggere riviste sdraiate sulla sedia a sdraio, una coppia con un cane e qualche persona sdraiata sulla tovaglia a rilassarsi.
Mi levai di dosso i jeans, la felpa le scarpe rimanendo solo con l'intimo ma in quel momento poco mi importava, avevo solo bisogno di farmi una nuotata.
« Dolcezza, spostati! » urlò un ragazzo nuotando con la tavola da surf verso la mia direzione. Alzai lo sguardo verso il cielo godendomi il calore del sole.
« Non ci senti? Dovresti vedere la tua faccia in questo momento. » disse, lo guardai con indifferenza tornando verso la spiaggia.Sbuffando mi infilai i vestiti nonostante fossi ancora bagnata, alcune ragazze mi indicarono e ridacchiarono tra di loro.
Le incenerii con un occhiata e distolsero lo sguardo. « Se vuoi ti accompagno a casa. » disse mister tavola da surf avvicinandosi.Fregandomene della sensazione fastidiosa dei vestiti appiccicati al corpo camminai frettolosamente verso il marciapiede, ne avevo le palle piene di stare lì.
Mi fermai davanti ad un negozio di abbigliamento, afferrai al volo un pantaloncino corto e una felpa over size e andai diretta vero la cassa. Il cassiere mi guardò come se fossi un extraterrestre, dovevo avere un aspetto orribile e cambiarmi nel camerino non mi sembrava poi una buona idea.
Uscita dal negozio camminai per qualche metro finché non mi imbattei in una tavola calda ed entrai, la puzza di frittura invase le mie narici e storsi il naso. Domandai del bagno e una signora grassottella dietro al bancone mi guardò torva prima di indicarmi dove si trovasse.
Tolsi i vestiti bagnati e passai della carta cercando di asciugarmi le parti ancora bagnate. Infilai la felpa e il pantanlocino corto di ricambio e infilai i vestiti umidicci nel sacchetto.
Con un cenno del capo salutai la cameriera e uscii da quel posto.
Non avevo la minima voglia di ritornarmene nel mio appartamento e quel giorno Bill era fuori città, mi resi conto che non avevo amici e la cosa era veramente triste.
Cominciai a camminare per le strade di Chicago senza meta, mi sentivo come un pesce fuor d'acqua.
Realizzai che della mia città non avevo visto praticamente nulla quando in realtà era piena di posti da scoprire. Era una città rumorosa, questo senza dubbio e di certo non poteva essere paragonabile a New York ma per me era anche più bella.Era ora di pranzo e il mio stomaco cominciò a brontolare. Andare a mangiare fuori da sola per me non era mai stato un problema, così come andare al cinema o in qualsiasi altro posto. Ero sempre stata dal parere che non ci fosse compagnia migliore che della propria.
Al centro commerciarle aveva da poco aperto un ristorante italiano così non fu difficile decidere la mia meta.
Il taxi mi lasciò nei parcheggi e camminai fino ad arrivare all'area ristoro. Per fortuna non era un orario nel quale in giro c'erano molte persone.
Mi sedetti ad un tavolo e il menù non tardò ad arrivare, quando alzai lo sguardo sul cameriere avrei voluto ridere. Sembrava uno scherzo tipico di quei reality tv.
« Ancora tu? Dillo, che mi perseguiti. » dissi in tono divertito.
« Fino prova contraria sei stata tu a buttarmi addosso il tuo caffè, pasticciona. » il mondo a volte sembrava davvero un posto piccolo.
« Quindi lavori qui. » scosse la testa.
« Mio padre è il proprietario di questo ristorante, gli sto soltanto dando una mano. » si sedette sulla sedia di fronte alla mia.
« Ti consiglio di prendere la pizza, abbiamo un cuoco napoletano. » ci pensai su, amavo la pizza e non la mangiavo da un bel po' di tempo.
Il brontolare del mio stomaco fu la conferma che era la scelta giusta.
« Aggiudicata la pizza allora. » chiusi il menù e mi versai un bicchiere d'acqua fredda.
« Penso che il destino voglia a tutti i costi farci conoscere. » disse con un sorrisetto impertinente sulle labbra.
« Non credo molto al destino. » feci spallucce. « Beh io si, e voglio conoscerti. Hai qualcosa che attira. »
« La mia quarta di seno? » domandai scoppiando a ridere ma mi bloccai di colpo quando notai che mi fissava a dir poco scioccato.
« Scherzavo.. ovviamente. Anche a te piace bere l'acqua quando hai sete? » risi nervosamente, dalle sua labbra uscì una risata forte e cristallina.
« Sei uno spasso, pasticciona. Ti va di uscire, qualche volta? » decisi di mettere un freno alla mia lingua e annuii.Si alzò diretto in cucina non prima di avermi rivolto un occhiolino. Dopo quelli che furono venti minuti addentai il primo pezzo del mio cibo, Harvey aveva ragione. Era davvero ottima. Me la divorai letteralmente.
Pagai il conto dirigendomi verso l'uscita.
« Ehi pasticciona, lo vuoi un passaggio? » mi domandò sorridendo con la giacca tra le mani. Ci pensai su, non era una cattiva idea.
« Sarebbe gentile da parte tua, ti ringrazio. » la sua macchina nella sua semplicità era davvero bella ed elegante. Gli diedi l'indirizzo di casa mia e passammo il tragitto a chiacchierare del più e del meno.
« Eccoci qua. » disse fermando l'auto davanti al portone del mio palazzo, mi osservò grattandosi il collo come se fosse in imbarazzo.
« Che ne pensi se più tardi passo a prenderti e andiamo a bere qualcosa insieme? » non mi sembrava una cattiva idea.
« Certo, mi piacerebbe e grazie per il passaggio, Harvey. » dissi aprendo la portiera.
« Di niente pasticciona, passo per le otto. Ti ho scritto il mio numero di telefono sul fazzolettino di carta che ti sei portata! » disse ripartendo con un sorriso beffardo.Ero senza parole. Trovai il famoso bigliettino e decisi di memorizzarmi il numero quando mi bloccai. Controllai nelle tasche, guardai bene dentro la borsa ma niente.
Il mio fottuto telefono era sparito.
*Per il prossimo capitolo 40 stelline :)
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Six Months - Tom Kaulitz
FanficDove in una serata di pioggia la diciottenne universitaria Ylenia Hernandez incontra Tom Kaulitz che all'inizio si dimostra gentile e affabile nei suoi confronti. Ma la terribile verità è che le propone un finto stage di lavoro legato al mondo della...