No, it's not the end

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Camminai lungo il corridoio asciugandomi i residui di lacrime dal viso. In quel momento dovevo essere orribile per chiunque mi guardasse ma sinceramente poco importava.

Avevo permesso ad un perfetto sconosciuto di ridurmi in quello stato.

Aspettai con impazienza che l'ascensore arrivasse, sentivo il cuore martellarmi furiosamente nel petto e le orecchie fischiare.

Un suono mi fece accorgere che ciò che stavo aspettando era appena arrivato. Le porte si aprirono con una lentezza a mio parere disumana.

Potevo scorgere una figura all'interno ma ancora non era ben definita.
« Ylenia? Cos'è successo? » un Bill preoccupato scrutava la mia figura.
Strabuzzai gli occhi. Era l'ultima persona che avrei immaginato di incontrare proprio lì in quel momento. « N-Niente scusami. » bofonchiai tentando di sfuggirgli.
Mi bloccò saldamente per il polso.
« È stato lui? » il suo volto era una maschera di rabbia. I tratti del viso non erano più quelli dolci che avevo visto quando l'ho conosciuto a casa sua. Non dissi e non feci nulla, era palese che la colpa fosse di Tom e io volevo lasciaglielo far intendere.
« Cosa ti ha fatto? » continuai a stare in silenzio e capì che Bill stava perdendo la pazienza. « Ylenia. » il suo tono era indecifrabile, mi chiesi se era abituato a consolare ragazze trattate male senza alcun rispetto da parte di suo fratello ma forse era proprio così.

Sospirai, avevo come un nodo alla gola che mi impedisse di dire qualsiasi cosa. « Facciamo una cosa, scendiamo al bar a prendere qualcosa e mi racconti. Va bene? » annuii percettibilmente.

In ascensore calò il silenzio, le punte delle mie scarpe erano diventate la cosa più interessante che avessi mai visto in quel momento.

Era imbarazzante da raccontare. Era davvero umiliante, cosa avrebbe pensato? Io non sono una debole.
Avrebbe pensato "oh povera piccola ragazza, un'altra vittima di mio fratello." Non mi sono fatta valere la dentro e mi sarei presa a cazzotti in quell'istante.

Ordinò Bill per entrambi, avevo perso ogni traccia di appetito.
Guardavo fuori dalla finestra la città in movimento, cercavo di evitare il suo sguardo. Evitavo l'inevitabile.

Dopo interminabili minuti passati sotto accurata osservazione del moro arrivò il cameriere con due cappuccini fumanti e dei biscotti con gocce di cioccolato. Storsi il naso.

Seppur senza alcuna voglia presi un sorso di quella bevanda calda che mi riscaldò istantaneamente la gola.
« Allora, vuoi dirmi cos'è successo? » stavolta il suo tono era più dolce, più amichevole. Indugiai qualche secondo prima di rispondere e, infine, sospirai.
« Ha iniziato a toccarmi, a mettere le mani dove non doveva e mi sono sentita così impotente. » ricacciai al loro posto le lacrime che minacciavano di uscire. « Cazzo, lo sapevo. » imprecò con tono gelido. Si alzò dalla sedia emettendo un piccolo tonfo che catturò l'attenzione dei pochi presenti in sala e a grandi falcate si diresse verso l'ascensore.

Non provai nemmeno a fermarlo, sapevo che sarebbe stato inutile.

Rimasi lì, seduta al tavolino di quel bar mentre in uno dei pieni di quell'hotel stava per scatenarsi una tempesta. Le persone mi guardarono con indifferenza, altre con disgusto. Probabilmente i miei vestiti e il mio aspetto secondo loro non era all'altezza di quel luogo così lussuoso.

Bevvi la bevanda lentamente, i biscotti dall'altra parte erano ancora intatti che giacevano sul piatto. Notai il cameriere fare spesso avanti e indietro guardandomi preoccupato e dopo un po' la cosa iniziò a darmi fastidio.
« Senti hai qualche problema? » sbottai quando mi passò davanti per la quinta volta. Strabuzzò gli occhi e le guance gli si tinsero di un leggero rossore. « I-Io no scusa.. pensavo stessi poco bene e-e cercavo di stare qui nei paraggi in caso di necessità. » sospirai, voleva solo essere gentile.
« No grazie sto benissimo così. » annuì ma rimase lì in piedi, di fronte a me. « Se posso chiedere.. come mai sei qui? Cioè non si vedono spesso in questo posto ragazze- » risi amaramente e lo interruppi.
« Così poco snob dici? Scusa ma io a differenza di tutti questi ricconi qui dentro non ho bisogno di ostentare lussuosi orologi, completi o gioielli per dimostrare che sto messa più che bene economicamente. »  alcune persone sentirono ciò che dissi e non me ne preoccupai minimamente.
« S-Scusa non era mia intenzione o-offenderti. » affondò le mani nelle tasche dondolandosi sui talloni.
« Oh non lo hai fatto, anzi. » abbozzai un sorriso. « Io sono John. » mi tese la mano destra che afferrai con poco entusiasmo, cercavo di essere gentile quanto lui. « Ylenia. »
« Beh è meglio che torni al lavoro, spero di rivederti presto. » girò sui tacchi e con un ampio sorriso si allontanò.

Il mio sguardo scattò verso la porta. Bill camminava nella mia direzione con molta più calma rispetto a quando è uscito. « Non hai mangiato? » osservò i biscotti dispiaciuto, scossi la testa. « Quindi? » battei il piede con impazienza. « Mio fratello è un coglione, Ylenia, ma non è uno stupratore. Quando gli raccontato tutto esponendogli il mio punto di vista era.. sorpreso? Non ho saputo come definirlo. » fece una pausa, bevendo dalla sua tazza ormai fredda. « D'altro canto tu hai firmato un contratto di sei mesi, dovrai essere la sua assistente dunque. Potresti fare ricorso ma non so se lo sai, Tom ha dalla sua parte gli avvocati più abili e astuti di tutta la città. » sentii la gola farsi di nuovo secca, pensavo forse stupidamente che l'incubo fosse finito.
« Gli ho fatto giurare però che non ti toccherà più nemmeno con un dito e che si relazionerà con te solo ed esclusivamente per questioni lavorative. Dunque non avrai più problemi e questo posso garantirtelo io in persona, se dovessi mai avere qualsiasi tipo di problema non esitare a chiamarmi o a venire nel mio appartamento. » mi passò un bigliettino con sopra quello che supponevo fosse il suo numero.
Ricacciai indietro le lacrime, se solo avesse saputo la verità. Ma era troppo umiliante da raccontare.  « Grazie Bill, davvero. » tentai di fargli un sorriso ma suppongo che mi uscì più una smorfia.
« Oh ma non devi, per oggi hai la giornata libera. Vuoi un passaggio a casa? » scossi la testa e mi alzai.
« Sono venuta con la mia auto ma apprezzo la tua premura. Ci vediamo, spero. » mi guardò con un ampio sorriso mentre uscivo da quel ristorante e poi da quel fottuto hotel.

Guidai verso la palestra, ero arrabbiata, avevo bisogno di sfogare.

L'incubo non era finito, e sarebbe durato ancora a lungo.

Six Months - Tom Kaulitz Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora