Good News

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Seduta in quella sala d'attesa il tempo sembrava scorrere a rilento quasi come se l'orologio fosse indeciso se andare avanti o rimanere fermo. Avvertivo un nodo nello stomaco, un nodo che non si poteva sciogliere;
ogni volta che una maledetta porta si apriva il cuore mi balzava in gola con la paura di ricevere notizie cattive o con la speranza di riceverne delle buone.

Il rumore lieve delle macchine e il forte odore pungente del disinfettante creavano un'atmosfera sterile quasi irreale, che mi fece sentire piccola e imponente. Le persone in quella struttura combattevano per la vita.

Le sedie rigide e scomode sembravano amplificare il mio disagio. Cercai di immaginarmi solo possibili scenari positivi ma la mia mente ritornava sempre a possibili esiti negativi alimentando la mia ansia. Com'era potuto succedere? Era uscito per venire a cercarmi? Mi sentii uno schifo, uno schifo più totale. Era tutta colpa mia se Tom si trovava in quel lettino. E se lui non ce l'avesse fatta non me lo sarei mai perdonata.

Potevo percepire la preoccupazione nei volti degli altri due ragazzi che erano arrivati insieme a Bill. Uno di loro era piuttosto alto, aveva dei capelli lunghi e lisci, un paio di occhi color verde e la sua corporatura era atletica. L'altro era di statura media, aveva dei capelli biondi e corti, un paio di occhi marrone chiaro e la sua corporatura era robusta e muscolosa.

Presto scoprii che i loro nomi erano Georg e Gustav e che facevano parte insieme a Tom e Bill della band che mi avevano tenuta nascosta per tutto quel tempo.

Massaggiai le tempie doloranti.
« Tieni, bevilo è caldo. » sussurrò Bill avvicinandosi con una tazza fumante tra le mani.
« Non mi va ma grazie del pensiero. » dissi accennando un debole sorriso.
Si gettò sulla sedia accanto alla mia fissando il vuoto, aveva due fossi sotto agli occhi e un'espressione stanca albergava il suo viso affilato. Vederlo in quello stato mi fece accartocciare notevolmente lo stomaco

Una lacrima sfuggì dal mio occhio destro e l'asciugai in fretta, ma non così in fretta da non farla notare.
« Ehi, lui è una forza della natura. Ce la farà e tornerà più forte e testa calda di prima. » disse con voce rotta afferrandomi la mano stringendola. Aveva ragione, Tom non poteva lasciarci così.
« Capito? » annuii deglutendo. Era assurdo come in un momento del genere provasse a dare forza a me.

Osservai Georg e Gustav, loro non erano combinati tanto meglio di me e Bill; se ne stavano in piedi con le braccia incrociate e un espressione vuota sul viso. Nel viso di Georg c'erano evidenti tracce di lacrime e quello se possibile mi spezzò il cuore più di quanto già non lo fosse. Tom non sarebbe dovuto essere lì, se io non mi fossi comportata come una stupida bambina e li avessi lasciati parlare non ci saremmo trovati in quella situazione.

Cominciai a torturarmi le mani.
« So quello che stai pensando, non è colpa tua. » disse Bill poggiando il viso sull'incavo del mio collo.
« S-Se io vi avessi lasciato spiegare adesso lui non sarebbe in quel lettino. » tirai su col naso e mi circondò con le sue forti braccia.
« Nessuno avrebbe voluto sentire spiegazioni in una situazione del genere, ad ogni modo avremmo modo di parlarne perché lui uscirà presto da qui. Giusto? » mi spostò una ciocca di capelli dal viso dietro l'orecchio e affondai il viso sul suo petto annuendo.
« Ehi Bill fai un salto alle macchinette? » domandò Gustav con un tono di voce appena percettibile. Bill mi spostò delicatamente.
« Certo, fratello. Tu vuoi qualcosa Georg? » il ragazzo scosse la testa e Bill si allontanò.

Cercai di distrarmi sfogliando una rivista ma quelle pagine non riuscirono a trattenere la mia attenzione. Ogni tanto, mi alzavo per sgranchire le gambe, ma il percorso era sempre lo stesso: un breve giro che finiva troppo presto e che mi riportava al punto di partenza.

C'era un silenzio strano, interrotto solo dal ticchettio dell'orologio e dal suono intermittente dei passi degli infermieri e dei dottori. La mia mente vagava nei ricordi di tutti i momenti passati insieme a lui, il primo incontro, le giornate in hotel, l'incontro fuori dalla palestra, quello fuori dalla discoteca. Nonostante tutti questi ricordi che passavano interrottamente nella mia testa il presente era troppo opprimente per lasciarmi andare del tutto. In quella sala d'attesa, tutto sembrava sospeso, come se la mia vita fosse in pausa, in attesa di una parola, una risposta che avrebbe potuto cambiare tutto o niente.

Dopo quella che sembrò essere un eternità la porta della stanza in cui si trovava Tom si aprì e un medico con un camice bianco e piuttosto giovane uscì. Io e Bill scattammo subito in piedi e gli altri due ragazzi ci affiancarono.
« Dottore ci sono novità? » dissi prima che potesse dire qualsiasi cosa.
Bill mi afferrò la mano stringendola.
« Il paziente per fortuna è stabile e non ha recato nessun danno incurabile, ha battuto forte la testa e perso un po' di sangue. Abbiamo effettuato varie analisi e vari controlli e abbiamo costatato che non ha nulla di grave... » fece una pausa e sospirò. « ... tuttavia ha bisogno di molto riposo e di prendere delle pillole anestetiche che gli abbiamo prescritto. » sorrisi a trentadue denti abbracciando Bill d'impulso.
Mi sollevò da terra facendomi girare una volta tornata con i piedi per terra abbracciò gli altri due ragazzi.
« Quando lo dimetterete? » il dottore controllò il foglio che aveva tra le mani e aspettò qualche secondo prima di parlare.
« Lunedì potrà tornare a casa. È sveglio, se volete entrare potete fare pure. » guardai Bill.
« Andate voi per primi, voglio andare per ultima. » annuirono con un lieve sorriso e mi abbandonai nuovamente alla sedia della sala d'aspetto.

Entrare in un ospedale per me ogni volta era come varcare la soglia di un mondo parallelo dove il tempo scorreva diversamente. La vista delle persone intorno a me, tutte con facce preoccupate o stanche, mi faceva sentire parte di una comunità involontaria unita dal comune desiderio di vedere uscire un volto familiare sano e salvo da una stanza.

Da quando i ragazzi varcarono quella porta il tempo sembrò rallentare più di quanto già non mi sembrasse. L'attesa fu lunga e snervante, il tempo sembrava dilatarsi e ogni minuto, ogni secondo diventò un eternità e migliaia di pensieri percorrevano a raffica la mia mente. Cosa avrei dovuto dirgli? Come mi sarei dovuta comportare? Erano tutte domande a cui non riuscivo a dare una risposta ma la cosa che in quel momento volevo di più era entrare in quella maledetta stanza.

Non seppi quanto tempo passò prima che una mano mi scuotesse dolcemente. Aprii gli occhi lentamente, mi ero appisolata sulla sedia. Quanto tempo era passato?
« Vai, ti sta aspettando. » disse Bill con tono rassicurante.

Annuii alzandomi in piedi, sentivo le gambe molli mentre mi avvicinavo a quella porta. Mi aggrappai con tutte le mie forse alla maniglia abbassandola lentamente.

Tom era lì dentro, e stava aspettando solo me. 

*Prossimo capitolo 80 stelline ❤️

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 11 ⏰

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Six Months - Tom Kaulitz Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora