Is This The End?

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Gli poggiai le mani sul petto, spingendolo lontano da me.
« Cosa diavolo fai? » dissi cercando di non urlare troppo e di ignorare il formicolio che mi era venuto nelle mani al contatto col suo corpo.
« Non provare più a fare una cosa del genere o la prossima volta ci saranno conseguenze poco piacevoli. » il suo volto era una maschera di rabbia. Ricambiai con un occhiata carica d'odio e d'irritazione.

La sua figura vitrea uscì dalla porta dell'ascensore non appena fummo al pian terreno. Sospirai e lo seguì fuori.

Maledetta io e quel giorno in cui accettai il suo invito di andare a bere qualcosa, tutto per quello stupido appuntamento a quattro da cui stavo scappando.

Camminai svogliatamente con le mani lungo i fianchi.
« Dove stiamo andando? » chiesi.
« Oh io sto andando a casa, tu fai quello che ti pare. Per ora. » un ghigno malevolo spuntò sul suo viso.

Fottuto stronzo.

Spalancai la bocca, scioccata. Sapevo sarebbe finita così.
« Stai facendo sul serio? Dammi un fottuto passaggio. »
« Ti sei comportata male in ascensore, mocciosetta. Arrangiati. » salì in auto mettendo in moto per poi sparire dalla mia vista.

Osservai la sua Audi farsi sempre più lontana e gettai un urlo di frustrazione.

Dovevo chiamare uno stupido taxi quando avevo una fottuta macchina.
Sembrò uno scherzo del cazzo.
« È un furto! » urlai porgendo settanta dollari al taxista per poi scendere dalla macchina.

Idiota, fottuto idiota.

Spalancai le porte del mio appartamento. Per fortuna era vuoto.
Non avrei retto domande indiscrete da parte di Evelyn. Preparai una tazza di latte col cioccolato e mi buttai sul divano. Procedetti col mio momento di relax fin quando non suonò il telefono.

Seccata me lo portai all'orecchio senza guardare il mittente.
« Pronto? »
« Ho fame vieni a cucinarmi il pranzo. » la sua voce era roca.
« Ordinati qualcosa, non sono la tua fottuta schiava. » ringhiai. « Oh invece lo sei eccome, hai mezz'ora per venire qui. » chiuse la chiamata senza darmi tempo di controbattere.

Battei con un tonfo la tazza sul tavolino da caffè. Lo odiavo, dio, se lo odiavo.

Uscì di casa ed entrai in macchina, mentre guidavo misi un po' di musica per calmarmi ma non funzionò.

Una volta davanti alla sua porta bussai con uno sbuffo. Un Tom a petto nudo, con sono un pantalone di tuta grigio che gli ricadeva basso sui fianchi venne ad aprirmi. « Lì c'è un po' di tutto, cucina qualcosa di buono. Chiaro? » non risposi, mi limitai a guardarlo torva.

Cucinai della pasta al pesto e non sapendo cosa mangiasse quell'idiota mi sbrigai a cucinare una fettina di pollo ai ferri. « Ecco a te. » dissi scorbutica mettendo il piatto davanti ai suoi occhi. Guardò con disgusto la pasta. « Ma che roba è? Vomito? »
« È pesto, idiota! È italiano. » addentò un coccio di pasta e si leccò le labbra.
« È ottima. »
« Si okay. Ora posso andarmene? » scosse la testa, alzandosi. Si pulì la bocca con un tovagliolo venendo verso di me. « Non vedo il dessert. » un ghigno malevolo si formò sulle sue labbra. « Non c'è. » dissi seccata.

Cominciò a girarmi intorno scrutandomi con un lampo malizioso sul viso. Si fermò dietro di me e riuscì a sentire il suo respiro caldo sul collo mentre le sue mani mi afferravano per i fianchi facendomi aderire al suo corpo.

Il respiro mi si mozzò in gola, avrei voluto allontanarlo, spingerlo via con tutte le mie forze ma mi sentivo come se fossi paralizzata.
« Tom.. smettila. »
« Smettila? » emise una risata crudele. Soffiò sulla mia pelle delicata che venne istantaneamente percorsa da brividi. « Devi accettare tutto quello che voglio farti senza fiatare se non vuoi essere punita. » mormorò sfiorandomi la schiena, infilò una mano sotto la mia maglia toccando la pelle nuda.

Mi irrigidì all'istante.

Io. Non. Volevo.

« Hai una pelle così morbida. » sussurrò mentre cercava l'allacciatura del mio reggiseno. Mi sentivo umiliata, imbarazzata. « Tom ti prego, smettila. » dissi con voce spezzata, dovevo trattenermi dal non piangere.
« Io posso fare quello che voglio e quando voglio. » una lacrima solitaria scese lungo la mia guancia, per fortuna nemmeno la notò. « Delicata, innocente.. » continuò con voce cantilenante. «.. vergine. » finì con un ghigno divertito, cercai di evitare il suo sguardo ardente e desideroso. « Lasciami andare. » ringhiai riuscendo a riprendere un minimo di controllo su me stessa.

Scosse la testa violentemente, mi attirò a sé e mi baciò con foga. Sgranai gli occhi cercando, inutilmente, di divincolarmi. « Baciami! » mi urlò contro, provai a scappare. Non volevo avere niente a che fare con tutto quello schifo. « Cazzo Ylenia, baciami o ti scopo qui direttamente su questo fottuto parquet e fidati che me ne sbatto il cazzo che tu sia vergine. Urlerai dal dolore. » le sue parole mi arrivarono addosso come un secchio di acqua gelata. Con uno strattone lo feci piegare a terra dal dolore, mi avvicinai al suo volto furibondo.
« Fottuto bastardo, tu provaci solamente e di denuncerò per fottute molestie sessuali. » urlai, fuori di me.
Un sorriso da psicopatico comparve sulle sue labbra. « Fallo pure, bambina. Sono intoccabile io, forse non è chiaro. » lo guardai con disgusto dirigendomi furiosa verso la porta.

Avevo chiuso, avevo chiuso con lui. Avevo chiuso con quella fottuta storia.

Non mi sarei fatta trovare più, avrei gettato il telefono e avrei cambiato anche appartamento se fosse stato necessario.

Tom Kaulitz non doveva avere più niente a che fare con me.

Six Months - Tom Kaulitz Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora