12- Lasciami entrare

226 12 0
                                    

Uʀʟᴀᴠᴏ ᴠᴀᴛᴛᴇɴᴇ, ᴍᴀ sᴜssᴜʀʀᴀᴠᴏ ɴᴏɴ ᴀɴᴅᴀʀᴛᴇɴᴇ.


Era nella mia cucina.

Avevo fatto cadere la frusta.

Era ancora nella mia cucina.

Quando Axel fece un passo in avanti lo fermai all'istante. «Non ti muovere» il suo sguardo si incupì ma fece ciò che gli chiesi. Raccolsi di fretta e furia l'utensile caduto a terra e Axel parlò, facendomi trattenere il respiro.

«Posso aiutarti?»

«No» risposi asciutta, finendo di pulire a terra. Tornai alla mia ciotola con all'interno il composto che stavo preparando per i brownies ma continuai a sentire la sua presenza dietro di me così sospirai, appoggiando le mani sul bancone.

«Quindi, mi dici o no perché sei qui» sbottai, girandomi verso di lui. Axel mi osservò con un cipiglio in fronte, come se stesse trovando le parole giuste; così aspettai, impaziente. «Volevo parlarti» rispose infine, la sua voce era roca come se si fosse appena svegliato. «Di cosa?» domandai, tornando a concentrarmi sull'impasto.

«Di quello che hai sentito» sussurrò, avvicinandosi a me. Questa volta non lo fermai perché le sue parole mi destabilizzarono. Odiavo affrontare questioni spiacevoli, poiché non sapevo mai come avrei reagito e se il mio origlio, avrebbe avuto come sempre la meglio, rovinando tutto. «Non ho sentito niente» negai, aggiungendo il burro all'impasto.

Axel si fermò dietro di me, sentii la sua stazza incombere su di me. Era proprio ad un soffio dalla mia schiena, bastava un singolo movimento a far sì che i nostri corpi si toccassero. «Hai frainteso tutto» continuò imperterrito.

«Ti sbagli, ho capito benissimo» Mi girai di scatto, andando a sbattere contro il suo petto. «Aia» borbottai, massaggiandomi il naso. Sentii il corpo di Axel vibrare dalle risate così alzai lo sguardo su di lui, incontrando il suo sorriso. Sbuffai «E levati» lo spinsi indietro, aumentando lo spazio tra noi.

«Avvertimi quando hai finito» esclamai piccata, incrociando le braccia al petto. Axel smise subito di ridere e tornò serio, capendo che non ero dell'umore giusto per scherzare. Vidi i suoi occhi illuminarsi e la mia aria seria vacillò quando parlò.

«Mi sembrava di aver capito che non avessi sentito niente»

Mi guardò con gli occhi di chi sapeva di aver appena vinto la battaglia. Mi aveva preso con le mani nel sacco e ora, non sapevo come uscirne. Rimasi in silenzio, stringendo la mascella. «Miele» mi richiamò, tornando all'attacco. Io in risposta mi voltai di nuovo, tornando a guardare il piano da cucina, facendo finta di pensare.
«Sappiamo entrambi che quei brownies faranno una brutta fine nelle tue mani arrabbiate» cercò di alleggerire la tensione, appoggiandosi di schiena al tavolo. Io arricciai il naso, «non sono arrabbiata»

«Il tuo corpo dice altro» ribatté prontamente. «Tu non sai cosa dice il mio corpo» lo zittii, buttando fuori l'aria. Mi coprii il viso con le mani, cercando di calmarmi. «Miele» riprovò, ma io non c'è la feci più a sentire quel nomignolo così mi girai di scatto, facendo cadere le braccia lungo i fianchi, urlando: «smettila di chiamarmi così!»

Axel strinse i pugni, tendendosi come una corda di vìolino. «Mi dispiace Aileen, non so cosa ti aspetti che dica» mormorò esausto. «Non mi aspetto nulla da te, puoi tornare alla tua vita e dormire tranquillo se è questo che ti preoccupa» lo rassicurai con tono aspro. I miei occhi si posarono su di lui e solo ora mi accorsi che era in maniche corte, faceva freddo ormai.

«Hai freddo?» chiesi, prima che potessi mordermi la lingua.

Fantastico.

Fredda e stronza, vero Aileen?

LA NOTTE MI CHIEDE DI TEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora