19- Perdona te stessa

159 12 0
                                    

E sᴏɢɴᴇʀᴏ̀ ᴏɢɴɪ ɴᴏᴛᴛᴇ ᴜɴᴀ qᴜᴀʟᴄʜᴇ ᴠᴇʀsɪᴏɴᴇ ᴅɪ ᴛᴇ, fᴏʀsᴇ ᴍɪɢʟɪᴏʀᴇ, fᴏʀsᴇ ᴘᴇɢɢɪᴏʀᴇ, ᴍᴀ ᴄᴏᴍᴜɴqᴜᴇ ᴛᴇ.


Molti dicono che si sceglie di essere chi si vuole. Ma spesso, non si rendevano conto che a volte, gli eventi, le scelte sbagliate, i traumi e soprattutto la vita, ti faceva diventare ciò di cui una volta ti saresti vergognato.

Ed era così per me, mi vergognavo di me stessa. Mi vergognavo di non riuscire a parlare dei miei problemi, di scappare da essi. La costanza di quell'angoscia perenne che tutto potesse andare male, che tutto, potesse solo peggiorare. Perché sarebbe successo, prima o poi la vita, di nuovo mi avrebbe prosciugata senza lasciare più nulla d'aggiustare e senza più nulla per cui lottare.

Vivevo d'incertezze, io lo ero in prima persona. Con me non si poteva stare tranquilli. «Lee alzati, hai lezione!» la voce di mia nonna mi fece trasalire.

«Non ci vado» sbottai, rigirandomi nel letto.

«Ci vai eccome Aileen!» Erano anni che mia nonna non mi sgridava, odiavo quando si arrabbiava per causa mia. «Non c'è la faccio, lasciami qui» borbottai, coprendomi la testa con il cuscino.

«Aileen, mi vuoi dire che succede?» Nonna Abs si sedette sul bordo del letto, accarezzandomi dolcemente la schiena. «Nulla di cui preoccuparsi» dissi con voce attutita dal cuscino. «Lee» ripeté lei, ammonendomi. «Sono giorni che non ti muovi da qui, sento la puzza da miglia di distanza. Direi che preoccuparmi è lecito»

Rimasi in silenzio.

Non sapevo cosa dire, non sapevo perché mi sentivo così male.

«Lee Lee. Puoi dirmi tutto lo sai, vero?» Io scossi la testa in segno d'assenso e strinsi il cuscino tra le dita. Feci un respiro profondo e mi alzai, sentii qualche ciocca dei capelli attaccata alla guancia così la scostai, sbuffando.

La donna al mio fianco mi guardò confusa, per lei avrei fatto qualsiasi cosa, ma questa volta, non sarei riuscita a parlarne. Nonna credeva che finalmente avessi superato tutto, ma così non era. Avevo chiuso tutto in una parte nascosta della mia mente e spesso riemergeva tramite l'inconscio e faceva ancora più male.

«Bene» sibilai.

«Ora esco». E mi alzai impacciata dal letto, lasciando mia nonna seduta sul letto più confusa che mai, cercai di rassicurarla con lo sguardo ma non potei che evitare il contatto fisico perché sapevo, che se mi fossi lasciata andare sarei crollata, sarei crollata perché non ero così forte come la vita pensava. Dopotutto, la vita metteva alla prova sempre chi poteva superare anche l'ennesima sofferenza, l'ennesima coltellata sarebbe stata, solo, l'aggiunta alle altre.

Un dolore che diveniva col tempo, quasi opaco, era lì, costante e feroce. Ma ormai nessuno poteva più vederlo o sentirlo. Ma lui era lì, e non se n'è sarebbe mai andato.

Presi di corsa il mio cappotto color cammello così che coprisse la mia tuta ormai diventata una sorta di pigiama. Mi guardai allo specchio solo per un secondo,
fantastico, facevo schifo.

Feci una smorfia irritata ma passai oltre, legandomi i lunghi capelli in una coda alta, presi la borsa e infilai in borsa gli occhiali, ero fin troppo nervosa per poter mettere le lenti a contatto.

Salutai velocemente nonna Abs e poi uscii di fretta da casa e presi le chiavi della macchina e mi fece male solo a guardarle. C'erano pochi ricordi di lui ma così sfiancanti. Perché mai doveva farmi questo effetto? Era come se il mio cuore sapesse il suo nome, riconoscesse il suo profumo, e ogni volta, scalpitava.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 22 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

LA NOTTE MI CHIEDE DI TEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora