PROLOGO

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Lᴏᴛᴛᴀ, ᴠɪɴᴄɪ ᴇ ᴘᴇʀᴅɪ.
È qᴜᴇsᴛᴏ ɪʟ ᴛᴜᴏ ᴅᴇsᴛɪɴᴏ.

«Ciao nonna! sto uscendo, ti ho lasciato il pranzo in frigorifero» urlai, uscendo di casa in tutta fretta.

Camminai con passo spedito per riuscire a prendere un caffè prima di andare in università.
Oggi era una bella giornata nonostante fosse ottobre, il tempo non era freddissimo e questo faceva sì che avessi l'opportunità di mettere la mia amata giacca di jeans nella quale avrei potuto starci dentro ben due volte.

Attraversai la strada, adocchiando un cafe sul lato del marciapiede. Di solito lo prendevo sempre al bar dell'università ma oggi era lunedì mattina quindi sarebbe stato pieno di gente, non sopportavo i luoghi colmi di persone, regnati dal caos.

Basta già la mia testa.

Furba e senza pazienza, avrebbe replicato adesso la mia adorata nonna.

Ma diciamocelo, chi mai avrebbe voluto fare la coda per un misero caffè? E soprattutto alle nove del mattino non sarei riuscita a sopportare quel trambusto.
Quindi come direbbe la mia amica Scar "per la nostra sanità mentale rinunciamo al nostro amato bar di fiducia". Pensai.

Immersa nei miei pensieri entrai all'interno della caffetteria, sentendo la campanella trillare sopra di me. Subito i miei occhi si posarono attentamente su tutta la stanza circostante, rimanendo a bocca aperta.

Era stupendo.

Un luogo accogliente, a destra si trovava il bancone in marmo bianco e a sinistra, tutta la stanza era riempita da dei tavolini anche essi in marmo, del medesimo colore, caratterizzati da delle rifiniture oro con tanto di poltroncine color come avrebbe detto nonna Abs "carta da zucchero".

«Ciao, desideri qualcosa?» La voce di un ragazzo mi riscosse dal mio momento di trans e mi girai subito verso la voce, scontrandomi con degli occhi azzurri, ma il mio sguardo venne all'istante attirato dai suoi capelli ramati, di certo, non passavano inosservati.

Odiai ammetterlo ma non era niente male.

Mi accorsi però di non avergli risposto così feci un piccolo sbuffo, maledicendomi e mi avvicinai al bancone.

«Ciao, posso avere un caffè macchiato da portare via, per favore?» chiesi cortese, prendendo posto su uno degli sgabelli sotto al bancone.

«Arriva subito»

Quando si voltò non potei non notare le sue spalle larghe, strette da una camicia a quadri, aperta sul davanti. Dove, poca fa avevo potuto intravedere una maglia bianca leggermente attillata, che metteva in risalto il suo addome ben definito.

Mi riscossi dal fissarlo e presi il telefono, volendo guardare la foto che avevo scattato ieri pomeriggio prima di andare a lavoro.

Mi fermai in particolare a osservare i due bambini mano nella mano che camminavano sul marciapiede, con il cappotto identico l'uno all'altro.
Sospirai, sentendo il petto farsi più pesante.

Bree.

«Ecco a te» Una voce dolce mi risvegliò e subito alzai la testa, incontrando di nuovo il ragazzo di prima.
«Grazie, quant'è?» chiesi, tirando fuori il portafoglio dalla borsa piena di libri.
«Offre la casa» rispose subito, sorridendomi.

In risposta lo guardai male.
«No grazie, lo pago io» sbottai, sentendomi già stanca alle nove del mattino.
«Bionda, è un caffè mica un anello» ribatté sbuffando, per poi darmi le spalle l'istante dopo, iniziando a pulire il bancone opposto.

Non sopportavo la gente che mi dava le spalle.

«Senti, rosso. Posso pagarmelo da sola, ti ringrazio ma non c'è bisogno.» riprovai, cercando di non risultare maleducata. Il diretto interessato scosse la testa, ridacchiando e si voltò verso di me con in mano un panno.

LA NOTTE MI CHIEDE DI TEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora