3. Distanze incolmabili

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Qualcuno bussò.
Non rispose ma lo stesso poco dopo la porta si schiuse leggermente, e una Ginevra timida entrò, impietrendosi davanti alle condizioni di quella camera.
Evitò accuratamente i cocci di vetro sparsi lungo tutto il pavimento, quando le fu vicino, le allungò una mano per aiutarla a rialzarsi.
Non la guardava per più di tre secondi negli occhi, probabilmente per timore, la donna aveva paura di lei e nascondeva i leggeri tremolii mentre la portava sul letto. Sbucò poco dopo dal bagno con un panno umido, che passò scrupolosamente sulle sue mani graffiate.
«È quasi pronta la cena» la informò con voce piatta, mentre i due uomini alla soglia, davano curiosi uno sguardo all'interno della stanza.
Uno di loro la fissò con un sopracciglio inarcato, prima di rivoltarsi verso il corridoio.
Sentirono dei passi frettolosi e pesanti risuonare lungo le pareti, poco dopo i capelli bianchi del maggiordomo sbucarono oltre alla porta «Misericordia!» imprecò con una mano sul cuore quando vide tutto quel disordine, appena i suoi occhi finirono su di lei, si ricompose subito ritornando austero e impeccabile.
«La cena è pronta, Icaro l'aspetta al piano inferiore» annunciò schiarendosi la voce.
Che se ne vada all'inferno. Avrebbe voluto controbattere, se solo fosse servito a qualcosa.
Ginevra le lanciò uno sguardo veloce, come se si aspettasse che prendesse di nuovo a distruggere ogni cosa. Muta come un pesce si alzò, e la ragazza l'accompagnò fuori dalla porta e poi giù per le scale.
Mentre scendevano i gradini, la cinse con un braccio lungo le spalle, sostenendola a camminare, si chiese quanto doveva sembrare stanca per essere sorretta da una come lei.
Si ritrovarono al piano terra nell'atrio dell'ingresso, alla sua destra vi era la sala da pranzo dove ad attenderla c'era colui che detestava. Si scrollò via Ginevra ed entrò, i due uomini e la ragazza rimasero all'ingresso della stanza attendendola per il ritorno successivo.
Storse il naso quando lo vide.
Icaro era vestito ancora come quando l'aveva incontrato per l'ultima volta, se ne stava seduto a capotavola con la schiena diritta e lo sguardo puntato sul muro di fronte, sulle mani appoggiate ai lati del tavolo la luce rifletteva un grosso anello che portava all'anulare, il maggiordomo che era entrato nella sua camera, era ora alla sua sinistra e gli parlava sotto voce, quando la vide sembrò illuminarsi mentre Victor arretrò fino a sparire dietro ad una porta a due battenti.

«Skye» disse, sorridendole sornione.
Lei si limitò ad accomodarsi il più lontano possibile da lui, ovvero al capotavola estremo.
Abbassò lo sguardo verso la tovaglia da tavola in seta e alzò un sopracciglio.
«Mi hanno detto che ti sei... come dire... sbizzarrita in camera tua» proprio in quel momento, le ante della cucina si aprirono di nuovo e un carrello porta vivande spinto dal maggiordomo fece il suo ingresso in sala.
Gli occhi vitrei e le goti colorite di porpora dell'uomo fecero chiedere a Skye se non si sentisse a disagio, colpito in fragrante mentre aveva spifferato ad Icaro ciò che era accaduto poco prima.
«Ma come biasimarti, sei appena arrivata» proruppe il suo sproloquio sommesso, mentre due cloche in acciaio si piazzavano davanti a loro.
Skye stava per aprire bocca, quando Icaro riportò uno sguardo severo che la trucidò sul posto.
«È meglio decidere che il tuo sia stato solo un gesto avventato di un solo episodio. Perché non accetto un comportamento simile nella mia corte, in futuro. Non a spese del mio personale» il modo in cui lo disse, fece drizzare i peli della nuca della ragazza. Si ammutolì d'un colpo, e fu grata che lui si focalizzasse finalmente sulla sua cena, restò a studiare attentamente le pietanze servite senza assaggiarne un morso.
Un profumo invitante le accarezzava le narici, pollo, stufato, piselli, patate, pane e vini si esponevano deliziosi e invitanti sulla tavola creando un banchetto pieno di leccornie che non vedeva da molto tempo.
Vi era un'enorme quantità di cibo su quel tavolo, sufficiente per molte più persone.
Pensò alla sua squadra e a lui... strinse i pugni e restò ferma, decidendo che non avrebbe assaggiato nulla per quella sera, desiderando soltanto di aver il via libera per potersene ritornare in camera.
«Non fare i capricci, sai che non puoi digiunare per sempre» ammonì perentorio dall'altra parte del tavolo una voce.

RESILIENCEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora