48. Ombra e luce

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Sapeva che poteva non essere una buona idea cercare Icaro quando lui voleva prendersi del tempo, da lei tra l'altro. Soprattutto farlo in piena notte quando non sapeva dove fosse e Maicol poteva essere ovunque. Il rischio di rincontrarlo e finire di nuovo spiattellata su una parete con lui che la sovrastava le faceva contorcere lo stomaco. Ripensò all'elsa che aveva lasciato nella sua camera e se ne pentì subito.
Maicol quella sera l'aveva visto andarsene di nuovo in compagnia dell'infermiera, e si chiese cosa frullasse nella testa di Giun. Se come in passato vi era ancora una tresca fra i tre. Ma non poteva curarsi anche delle pessime scelte della rossa. Non erano suoi problemi.
Quella notte, voleva soltanto trovare Icaro e affrontarlo. Sentiva il bisogno di farlo perché la lontananza da lui sembrava star diventando opprimente. Saperlo nel suo castello, ma lontano dal suo letto, l'angosciava. Cosa avrebbe provato invece se avesse accettato di andarsene con Wave e Joseph? saperlo a chilometri di distanza, a malapena nello stesso continente, poteva rischiare di distruggerla, forse.
Non voleva pensare all'intensità di alcune sue emozioni, voleva soltanto accettarsi che stava bene, e che non era troppo deluso da lei.

Scese al piano terra, aprendo varie stanze. Completamente vuote. Percorse i corridoio più volte in cerca di qualche rumore o qualcosa che potesse indirizzarla a lui, ma non aveva idea di dove avessero fatto la riunione il giorno prima, immaginava nella stanza di Ronald o Pierre.
Dubitava che Icaro fosse ancora lì. Guardò nella sala del trono, osservando i posti vuoti sopra i gradini.
Le due guardie accanto al cancello lanciarono sguardi interrogativi su di lei, vederla in vestaglia nel cuore della notte poteva effettivamente creare qualche domanda lecita.
«Aprite» ordinò cercando di non essere troppo indulgente. Evidentemente sembrò autoritaria perché non fiatarono mentre gli si inchinarono al cospetto, subito dopo eseguirono il suo ordine. Quella corte si era cosi tanto abituata alle trame tediose fra Maicol, Constance ed Icaro, che per non rimanerne vittima si erano estraniati, diventando quasi parte del mobilio.

Le altre due guardie all'esterno fecero un veloce inchino, sua fortuna evitarono anche loro di porgerle domande in merito alla sua condizione.

Uscì sulla loggia, il buio e il freddo della notte si insinuarono sotto alla sua vestaglia facendola rabbrividire. Osservò la leggera foschia proveniente dal bosco immergere i giardini reali. Le stava sembrando un'idea stupida quella di trovarsi fuori al buio. Se un Re non voleva essere trovato, probabilmente non ci sarebbe riuscita. Conosceva sicuramente il castello molto meglio di lei. Osservò il perimetro, valutando se Yuri forse era andato da sua nonna. Sebbene le era difficile credere che avrebbe lasciato il Palazzo. Poi vide una luce fioca infondo a sinistra. Proveniva da un edificio che conosceva bene.

«Chiudete il cancello e non fate uscire più nessun altro fino al mattino» dettò, scendendo verso il giardino e perdendosi poco dopo nella nebbia. Seguì quel bagliore debole e solo a pochi metri di distanza dal cancello in ferro riuscì a intravedere la maniglia in ferro.
Sperò vivamente ci fosse lui all'interno e non qualche scudiere, o peggio, Maicol.
Lo aprì iniziando a camminare sulla paglia. I suoi filamenti si insinuarono nelle sue scarpine in tessuto e l'umidità della notte le bagnò. Le tolse lanciandole alle sue spalle, il rumore fu attutito dal pavimento. Fece qualche altro passo avanti. Non erano state accese le classiche luci al neon, ma una piccola luce d'emergenza in fondo. Sapeva che come Skye, Yuri preferiva smozzare e alleggerire la sua tensione con delle cavalcate. Quando lo vide girato di schiena, lo riconobbe subito.
La sua anima sembrò alleggerirsi e tremare. Capì fosse vero che erano identici, com'era vero che non le aveva mai mentito. E forse che anche le loro anime erano altrettanto uguali.

Stava chino di schiena intento a spazzolare lo stallone che avevano utilizzato qualche giorno fa quando avevano fatto visita a sua nonna. Il muso del cavallo si distaccò dal cumulo di fieno a terra e rizzò le orecchie prima di voltarsi nella sua direzione. Sventolò la coda diritta quando la vide. Yuri osservò l'animale e posò la spazzola, voltandosi anche lui verso di lei.
«Skye» disse sorpreso. Lei aveva una mano premuta sul cuore, come se potesse aiutarlo a non uscirle dal petto. Anche nel misto di nebbia e luce calda, Icaro portava quella sua innata e sfrontata bellezza.
Indossava un completo scuro diverso dall'ultima volta che l'aveva visto, quasi rise immaginando che uno vanitoso come lui, probabilmente aveva degli armadi di emergenza sparsi quasi in tutto il castello. Amava risultare ordinato e impeccabile, ma non sapeva che era altrettanto bello nudo e in qualsiasi maniera l'avesse visto. I suoi occhi verdi scivolarono sul suo corpo, doveva sembrargli una squilibrata se era uscita nel cuore della notte in quel modo. Colpa sua.
«Ciao» disse a fil di voce. Si alzò diritto di schiena e fece qualche passo verso di lei, si tolse la giacca nera e l'adagiò sulle sue spalle. Le stava troppo grande, ma si crogiolò subito nel calore e nel profumo di menta e cuoio che emanava.
Indugiò con gli occhi sulla sua camicia bianca, quella in cui si intravedeva leggermente l'aquila tatuata sul petto. «Non sei venuto ieri notte» borbottò la prima cosa razionale che le frullò in mente. «Lo so» rispose, senza darle troppe spiegazioni. «Neanche questa notte» precisò lei, come un'accusa. Di nuovo ribadì «Lo so». Skye abbassò lo sguardo incapace di reggere il suo.
«È questo ti fa pensare che sia opportuno uscire a notte fonda indossando soltanto una vestaglia succinta?» la rimproverò, e lei si aggrappò alla sua voce melodiosa per non cadere nel baratro della vergogna.
«Dovevo cercarti» ammise, più a se stessa che a lui. «Per dirmi?» il suo tono era duro, freddo e spietato come quando si rivolgeva a Constance. La ferì. Sembrò accorgersene perché disse velocemente «È successo qualcosa? qualcuno ti ha fatto del male?» una punta di preoccupazione ammorbidì quel freddo pungente. «No, sto bene» mentì, vedendo i tratti del suo viso angelico rilassarsi un po'. «Allora perché sei venuta fin qui?» un piccolo cipiglio si formò fra le sue sopracciglia, Skye avrebbe voluto distenderlo con le sue dita. «Perché non sei venuto a cena? o in camera?» sapeva che non si rispondeva ad una domanda con un'altra, ma l'aveva fatto comunque. Sospirò rumoroso, voltandosi di schiena e afferrando il collo dell'animale. «Lo sai perché» aiutò il cavallo a rientrare nel box.
«Sei deluso da me» ne dedusse allora, mordendosi il labbro inferiore. Si voltò di nuovo nella sua direzione, ancora più accigliato. «No» disse subito azzittendo i suoi demoni interiori. Continuò «No, Skye. Non potrò mai essere deluso da te» affermò, raggiungendola e afferrandole il mento affinché potesse ritornare a guardarlo nelle pupille dilatate. «Tu mi hai aiutato tantissimo. Sei venuta al Palazzo, hai finto di essere una Regina, di amare il mio popolo, la mia gente. E sei stata bravissima nel farlo, sei riuscita a convincere tutti» la rassicurò. «Non stavo mentendo» replicò, amava davvero Ginevra e gli altri. «Allora perché sembra che tu non voglia più vedermi?» domandò ma quando vide il suo sguardo, capì.
''Credo sia troppo difficile non innamorarmi di te''
''Avrei sempre scelto te.''
''Perché dopo questo io non potrò più stare lontano da te senza che il mondo non mi sembri una prigione''

RESILIENCEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora