16. La speranza in un alba

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Erano stremati, spaventati e scossi.
Questo era ciò che Skye leggeva sul viso di ognuno di loro, mentre aveva aiutato Ginevra a scavare tutta la notte fra le macerie per aiutarli ad uscire nonostante i suoi dolori. Non aveva dimenticato però, le due facce senza vita che aveva estratto via da una lunga trave in legno. Quando si era resa conto che i due uomini non avrebbero più riaperto gli occhi, era rimasta imbambolata ad osservarli con occhi sgranati dal terrore. Era stata Raya ad afferrarla delicatamente per le spalle e scostarla, portandola via. La donna sembrava rammaricata e infuriata, eppure non le disse nulla.

Non aveva pianto, né aveva sofferto per loro, in qualche modo era riuscita a disconnettersi totalmente da tutto ciò che provava, eppure era convinta di aver realizzato che la colpa era sua.
Nonostante la meccanicità dei suoi gesti e la quiete fredda che sentiva dentro di lei, non aveva potuto fare a meno di chiedersi per tutta la notte se non avesse perso parte della sua anima, come Adil le aveva confidato mesi addietro. La guerra, le aveva detto, portava a questo risultato. A perdere parti di sé irreversibilmente. E quello che lei aveva fatto a tutta quella gente...era imperdonabile. Perfino se l'aveva fatto per uccidere un uomo come Maicol.

Stava sorreggendo Max, il ragazzo che aveva già visto in quella volta che aveva cenato con tutti i domestici nella loro cucina, continuava a porsi ancora quella domanda e temeva di non poter più rivedere la sua squadra, essendo che il piano di fuga era fallito miseramente.
Entrambi barcollarono fino al luogo in cui si erano radunati tutti i superstiti, poco lontano da quella che una volta era la stalla e che, come immaginava, le fiamme avevano completamente divorato non lasciando più niente da ardere se non cenere. I cavalli però, erano stati presi tutti in raccolta, legati saldamente a dei tronchi ed il loro nitrire disperato si era placato assieme agli incendi solo alle prime luci dell'alba, quando il resto delle guardie era riuscito finalmente a spegnere ogni sbuffo di fumo che fuoriusciva dai cumuli.

Posato Max che era rimasto molte ore privo di sensi, ritornò nell'ala della tenuta che era ceduta. Passando fra i detriti, non riuscì ad evitare di lanciare un'occhiata fugace ad Icaro in lontananza.
Non si erano rivolti più la parola da quando l'aveva salvata, avevano colmato quelle ore completamente immersi e concentrati nel raccogliere i feriti e nonostante fosse stata lei a creare tutto quello, l'aveva aiutato soltanto perché il suo obiettivo non erano quelle persone, bensì Maicol.
Quest'ultimo probabilmente era ancora svenuto dove l'avevano lasciato, perché non l'aveva visto per tutta la durata della notte. Nonostante avesse cercato di ammazzarla, probabilmente ne era uscito più illeso di lei, soprattutto per via del loro ultimo scontro, dove si era impegnato per rivendicarsi.

Si prese un ultimo momento per osservare Icaro, era di schiena e stava contemplando minuziosamente ogni centimetro di quei resti, il suo completo nero era ormai sbiadito dalla fuliggine, sprazzi grigi e bianchi erano dispersi su tutto il tessuto che ormai era completamente bruciacchiato, perfino lacerato in alcuni punti. Sembrava più stanco di lei, mentre camminava con le braccia inerme lungo i fianchi, le sue mani erano sporche fino alla radice delle unghie, zeppe di graffi e sangue secco.
Immaginò che come lei avesse scavato fra le macerie, e anche per molto. Guardò le sue mani, ed ironia della sorte erano prive di sangue eppure...sapeva che ne era rimasta macchiata. Il suo sguardo sorvolò su di lui, oltre la stalla, dove il resto dei soldati avevano riportato i corpi senza vita, ne avevano contati una decina, ma forse ne sarebbero stati di più per via delle ferite riportate da alcuni.

La sua ronda terminò, e per la terza volta non trovò più lamenti o qualcuno da salvare. Quando ritornò dai superstiti raggruppati, li prese in rassegna tutti cercando il volto delle persone che conosceva.
Max e i tre della stalla stavano riposando in un angolo ed erano ancora molto scossi dall'accaduto, era raro vedere quei tre in silenzio. Raya e Lina facevano quel che potevano per fare compagnia a gli ustionati dalle fiamme che non smettevano di gemere dal dolore. Erano due ragazzi giovani nonostante l'espressione contratta dalla sofferenza è un uomo adulto che le scoccò un'occhiata curiosa quando la vide. Immaginò essere dei soldati che si erano ritrovati nel posto sbagliato, troppo vicini al gas delle cucine esploso a sua volta dopo le mine. Non erano riusciti a scappare in tempo, e ne erano usciti quasi morti.

RESILIENCEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora