5. Gli altri lati del Diavolo

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Girò a destra, ma continuò a sentire lo scalpiccio seguirla.
Poi svoltò a sinistra, a destra e ancora a destra.
Si voltò e ancora e le due guardie erano sempre alle sue calcagna, si arrese.
Si lasciò cadere sfinita sul divano, e solo allora si rese conto che Raya stava spolverando la cristalliera.
Appoggiò i piedi sul tavolino, beandosi finalmente del paio di pantaloni che Icaro aveva fatto comparire magicamente nel suo armadio assieme ai suoi vecchi scarponi che il Villaggio le procurato mesi prima.
Non l'aveva ringraziato per quello, né gli aveva rivolto qualche bella parola mentre avevano fatto colazione quella stessa mattina. Si chiese se con il tempo, avessero continuato a contare l'argenteria di ogni pasto per trovare qualche posata mancante della cucina. Se un domani ce l'avrebbe fatta a svignarsela rubandone una.
Non come a colazione, quando Icaro le aveva aperto il palmo della mano davanti senza staccare gli occhi dal suo maledetto manoscritto.
«Il coltello» spiegò quando si degnò di osservare il suo sguardo interrogativo, squadrandola, aveva storto il naso quando era arrivato a guardare gli scarponi che indossava, come se indossandoli, gli avesse recato un affronto.
Skye aveva poi sbruffato e gli aveva passato controvoglia il coltello nascosto accuratamente fra la cintura che indossava in vita.
Da allora non si erano più rivolti la parola.
Almeno non fino a quel pomeriggio, quando si guardò intorno, pensando a quale soprammobile le sarebbe servito e avrebbe potuto diventare una valida arma, e soprattutto come avrebbe fatto a sottrarlo senza che nessuno si accorgesse della sua assenza. 
«Buongiorno, signorina» disse l'anziana mentre si voltò nella sua direzione, afferrò il grande vaso con una mano e passò uno straccio intorno alla superfice per lucidarlo.
«Come impiega Icaro le sue giornate?» chiese annoiata affossandosi sul divano e osservando ogni suo movimento, sapeva che nella maggior parte dei casi risultava scontrosa, non solo con il loro sovrano ma anche con tutto il suo personale, ma per lei era difficile scindere i complici in quella guerra, era a conoscenza soltanto del fatto che nessuno aveva mai osato ucciderlo o porre fine ai suoi massacri.
Molto probabilmente se avrebbe ispezionato ogni stanza, avrebbe sicuramente trovato ci delle sale per torturare i prigionieri, magari si trovavano nelle segrete di quel palazzo.
Non aveva idea di quali potevano essere gli ipotetici impegni di un torturatore.
«Quando è qui solitamente legge, al Signore piace davvero molto leggere, c'è una grandissima libreria proprio lì» indicò una stanza infondo che Skye aveva sempre visto duranti i suoi passaggi.
«Poi?» chiese continuando a studiare l'ambiente in cerca di un'arma affilata, se solo avesse potuto, avrebbe utilizzato perfino quello spolverino.
«Beh poi, gli piace suonare il piano» tipico di un nobile, pensò. Si chiese se anche Saleem aveva dovuto dilettarsi in quegli obblighi sanciti dalla corte, anche se non lo riusciva proprio ad immaginarlo nelle vesti di un pianista. «tira con l'arco e va ogni giorno a cavallo» l'arco sicuramente aveva aiutato nella sua mira perfetta, aveva visto con i suoi occhi centrare in un nano secondo il cranio di un suo soldato. L'ultima frase invece, le fece venire un tuffo a cuore. Quindi c'era una scuderia o addirittura un maneggio nella tenuta, quando l'avevano portata lì aveva potuto scorgere solo il vialetto d'ingresso, non aveva ancora avuto idea di che cosa potesse esserci nei giardini.
Non cavalcava da anni, precisamente da sette, ancor prima che lasciasse Dover.
Da quando suo nonno era morto, non aveva avuto coraggio di ritornare in sella, era stato doloroso per lei provarci.
Si sforzò di chiedere «C'è un tiro con l'arco qui?» abbassò i piedi dal tavolino e si protese curiosa, avrebbe potuto rubare una freccia, magari anche l'arco, con un cavallo invece dubitava potesse far grandi cose a fine del suo obiettivo.
Certo, si era allenata con Wave e una pistola per migliorare la mira scarsa, ma immaginò non fosse molto diverso tirare con l'arco, e d'altronde non aveva altre possibilità da poter considerare.
«Sì, signorina. Chieda pure ai soldati di portarla lì, se desidera» chissà se avesse potuto chiederlo proprio a lei, sicuramente sarebbe stata meno scaltra di un soldato. Ma dubitava che Icaro fosse cosi stupido da lasciarla con una domestica piuttosto che con uno dei suoi uomini in cui, probabilmente, riponeva fiducia.
Annuì lentamente e si rialzò, guardando da lontano la porta della libreria.
Desiderava bruciare qualsiasi cosa lui amasse o avesse amato, proprio come aveva privato lei di stare vicino al Villaggio.
Ma non poteva essere avventata, la vendetta andava servita su un piatto d'argento, e quella che reclamava sarebbe stata epica.
Mentre ripercorreva le scale al contrario, pensò che non doveva darsi per vinta, c'era ancora la possibilità che lei avrebbe potuto vendicarsi e ritornare di corsa alla base, non aveva idea di dove fossero, ma avrebbe ritrovato sicuramente la strada, doveva farlo. L'aveva promesso a Saleem; ''Io ci sono, sempre. E se non mi vedessi più, sappi che ritornerò, troverò la strada per ritornare qui'', gli aveva urlato in faccia quel giorno, e intendeva mantenere fede alla sua promessa.
Aprì la porta in mogano di quella che era diventata la sua camera ed entrò dentro di essa, ritrovando Ginevra intenta a sistemare le lenzuola pulite.
«Oggi si esce!» esclamò, mentre afferrava dall'armadio una maglia scura, legò poi in una treccia i capelli corti.
«Dove si va, signorina?» chiese come se avessero avuto molte scelte su cui poter recarsi, ignorava il fatto che lei era una prigioniera.
«A tirare con l'arco, sono in cerca di faretra» ammiccò, con una nuova determinazione negli occhi.

RESILIENCEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora