23. Alleanze

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La camera di Icaro era su quello stesso corridoio, Ronald le aveva spiegato che Icaro aveva sempre avuto due stanze, quella l'aveva scelta ancora prima dell'incendio, per stare più vicino all'infermeria anche se non gli sarebbe più servita a molto essendo che Geremia ormai era morto e Dan per fortuna era in via di guarigione.
Oltrepassò la camera dove avevano appena giocato a carte e andò infondo al corridoio, nell'unica porta centrale.
Non sapeva se era ritornato dalla stalla o fosse rimontato a cavallo per alleggerire un altro po' la tensione che si era creata fra i due, ma voleva comunque provarci. D'altro canto lei desiderava  poter far presto una cavalcata, ma aveva liquidato l'idea subito dopo il battibecco con Icaro.
Nell'esatto momento in cui indugiò sulla porta, l'altra che era nel bel mezzo del corridoio, si aprì alle sue spalle, vide sgusciare fuori varie guardie del Palazzo rese identificabili dalla loro divisa, poi uscì anche una Koraline sicuramente ubriaca scortata dai tre della stalla, e infine una Giun con il rossetto rosso sbiadito che stringeva ancora fra le mani una bottiglia di liquore mezza vuota. Tutti avevano fumato e bevuto troppo quella sera e lei ne era stata testimone, ma se anche non fosse stata presente in quella stanza, dalla loro andatura pericolante e dal modo in cui provavano inutilmente a non far rumore creando invece una gran gazzarra, l'avrebbe potuto sospettare tranquillamente.
Non nascose il disappunto nel suo sguardo mentre osservò Giun, lei d'altro canto, sfoggiava un sorrisetto compiaciuto mentre alzava gli occhi verso la porta alle sue spalle, prima di andarsene disse «Salutami Yuri» poi si avviò al piano terra quasi barcollando.
Si rigirò d'impeto verso la maniglia, ignorando la sensazione di fastidio che le provocava quella donna ma, mentre bussava lievemente sul legno in quercia, si chiese come facesse Giun a conoscere qual era la camera di Icaro e se gli avesse mai fatto compagnia qualche notte.
Dubitava che a Giun dispiacesse la cosa. E forse, neanche ad Icaro dispiaceva passare del tempo con una donna cosi bella, era la reincarnazione di un quadro, perfetta da ogni angolo in cui la si guardava. Sentì una strana sensazione alle viscere nel ripensarci. Era forse invidia quello che provava?

La porta si aprì di colpo e si ritrovò a fissare un petto muscoloso e nudo.
Non seppe perché si aspettava ci fosse una guardia all'interno della camera a controllare gli interessi, per questo non nascose la sorpresa nel sapere che in quella tenuta tutti lo rispettavano cosi tanto da non tentare di avvelenarlo o ucciderlo nel sonno, come invece lei aveva spesso agognato.
Distolse dalle sue spalle ampie lo sguardo e si ritrovò ad osservare un tatuaggio inciso poco sotto alla clavicola, era l'aquila raffigurata nel suo stemma reale.
Nonostante i suoi genitori, amava realmente, nel suo modo contorto, quel regno.
«C'è qualcosa che non va?» alzò finalmente lo sguardo nei suoi occhi verdi che già la stavano studiando in modo quasi truce, come se non le avesse ancora perdonato ciò che era successo prima. Nessuna traccia di sonno alloggiava dietro di essi, era come se non avesse per niente disturbato i suoi sogni o incubi che siano.
«È tutto okay» mormorò indecisa su cosa dire.
Ma lui si spostò di lato, lasciandola passare all'interno. Si lanciò un'ultima occhiata verso il corridoio ormai vuoto, prima che la porta venisse chiusa dietro di lei.
«Puzzi di fumo» fu l'unica cosa che disse prima che si andasse ad accomodare di nuovo sul suo letto, lo seguì indugiando al centro della stanza. Probabilmente aveva ancora l'odore acre di quando aveva osservato Ronald e gli altri giocare a carte, per via del fumo quel tavolo era diventato peggio di una ciminiera, si augurò che non puzzasse anche come il bagno di quella camera.
Lui si mise seduto contro la spalliera in ferro e prese fra le lunghe dita un libro superstite dall'incendio, oppure portato dal Palazzo, non lo sapeva perché della sua amata libreria rimaneva ben poco, involontariamente gliel'aveva distrutta.
Si guardò intorno, girando stupidamente su se stessa. Non aveva mai immaginato la stanza di un Re, ma se l'avesse fatto, dubitava di rappresentarla in quel modo. Le pareti color verde salvia erano spoglie e divise a metà da una carta da parati floreale, le mura erano prive di quadri, diversamente dalla sua camera, dove aveva avuto dei dipinti che raffiguravano verdi praterie e fiori che sbocciavano nella rugiada e che le ricordavano la sua Dover.
La scrivania in mogano invece era completamente vuota eccetto qualche foglio sparso, ad illuminare l'ambiente c'era solo una abat-jour sul comodino.
Sulla sedia vicino al suo letto, c'era il restante del completo scuro che era solito indossare e scommetteva che nell'armadio che anticipava il bagno ci fossero racchiusi tanti altri abiti neri da un impeccabile qualità.
«Stai studiando dove scappare dopo avermi ucciso?» la beffò guardandola con un sopracciglio inarcato. Deviò di nuovo lo sguardo catturato ancora dal suo petto nudo e il tatuaggio che avrebbe voluto studiare bene, concentrandosi invece sui pantaloni che portava e infine sulla copertina del libro che riusciva ad intravedere, ma su di essa il titolo era ormai sbiadito fino a renderlo illeggibile, soltanto un colore consumato con qualche venatura dorata erano avanzati probabilmente dal tempo o dalle fiamme.
«Già, hai una finestra in bagno in caso?» chiese ignorando il fatto che in quella camera non ci fossero. Probabilmente non viveva lo stesso senso di oppressione che invece attanagliava lei, da quando era uscita dal Villaggio, aveva bisogno di luce e sicurezza. Avere una finestra in camera solitamente aiutava quel suo senso di disagio. Solo l'arsenale della base era riuscito a colmare quella sensazione, soltanto perché era circondata da un centinaio di armi. Lui annuì lentamente, concentrandosi sul libro.
«Cosa vuoi, Skye?» chiese perentorio, fingendo di essere distratto dalle righe di quella pagina. Sembrava spazientito nei suoi confronti e forse lo comprendeva. Non si era comportata mai bene nei suoi confronti, ma per lei era immensamente difficile resistere contro il desiderio di volerlo in qualche modo ferire, forse lo faceva perché lei stessa si sentiva così.
Sospirò, di fronte a sé lui aveva eretto un muro, evidentemente non le avrebbe perdonato facilmente il fatto di averlo spinto più volte via per poi averlo lasciato da solo nella stalla.
Ma anche lei era furiosa con lui, per tutte le cose che aveva insinuato, strinse i pugni e ricacciò indietro tutte le parole che avrebbe voluto urlargli contro. Poi aprì il palmo e sospirò, cercando un approccio più docile e meno rude per rivolgersi a quel Re.
«So della lettera giunta dal Palazzo» non si scompose minimamente né la guardò, forse era davvero immerso in quella lettura da ignorarla completamente.
«E quindi?» sollecitò come se non avesse tempo da perdere.
«Verrò con te» mormorò facendo un passo verso di lui. Le sue dita strinsero saldamente la copertina rigida del volume prima di chiuderlo con un enorme tonfo.
«Niente da fare. Non verrai con me senza aver accettato prima il patto» il tono della sua voce era inflessibile.
Skye era lì per quello dopotutto, solo che lui ancora non ne era a conoscenza.
«Perché?» chiese comunque, attendendo una risposta che non tardò ad arrivare «Sarebbe come portare una lepre nella tana di un orso. Ti sbranerebbero viva in men che non si dica» sapeva che era più forte di quanto lui credesse, per questo non indugiò «So anche che vuoi che io diventi tua moglie per impedire che mi si torci un capello» gli occhi di Icaro si adombrarono di oscurità mentre si posarono su di lei come saette ed ebbero lo stesso potere di fulminarla sul posto. Questo, non se lo aspettava «Me l'ha detto Maicol. Sono pronta a farlo» si affrettò a precisare. Lui schiuse la bocca stupito, ma poi i suoi occhi tornarono luminosi e una risata si fece largo sul suo viso. Si alzò sotto allo sguardo confuso di Skye, avvicinandoglisi.
«Davvero pensi che io voglia costringerti a diventare mia moglie?» provò a trattenersi, ma rise ancora, guardandola divertito con due mezze lune al posto degli occhi, due fossette fecero largo ai lati delle sue guance. Lei non si mosse, ed evidentemente capì non stesse scherzando perché la risata poco dopo si affievolì lentamente fino a terminare del tutto. Espirò a fondo prima di proferir parola «Oh Skye, devi avere davvero una brutta reputazione di me se credi che ti avrei costretta a farlo» non capiva dove volesse arrivare a parare ma lui continuò «Se accetterai il patto, il nostro non sarà un vero matrimonio, servirà solo per tenere a bada il Palazzo. Non ci sarà bisogno realmente di andare in una chiesa o da qualsiasi parte sarebbe necessario. A noi basterà soltanto fingere» il suo cuore si alleggerì e solo allora capì quanto era stato gremito negli ultimi giorni.
«Vero?» mormorò incredula, lui annuì sorridendole dolcemente come non credeva avesse mai potuto fare.
«Davvero» confermò ancora leggermente divertito dalla faccenda, ma la sua risata era svanita, lasciando soltanto le fossette. Frenò l'istinto di affondarci un dito dentro.
«È un modo per tenerli alla larga da te, dopotutto saresti una Regina, uccidendoti scatenerebbero una guerra non indifferente. E nel caso tu accettassi di essere una mia alleata dovrò comunque tutelarti, e questo è l'unico modo che io abbia trovato» quella parola le sembrava ancora cosi sbagliata e irreale che faticò a non storcere il naso.
Alleati, sarebbero stati questo, a Saleem sarebbe venuto un colpo se l'avesse scoperto senza prima che lei avesse chiarito tutto.
«Ora dimmi perché lo fai. Sembra che tu ami davvero il tuo popolo ma la guerra sta devastando anche loro e tu lo sai» quegli occhi verde smeraldo luccicarono mentre rispose «Non sono io che porto avanti le guerre di potere, pensavo l'avessi capito da un pezzo che non mi interessava. Questo non mi avrebbe reso diverso dai miei genitori» non seppe la ragione ma il suo cuore sembrò accelerare, Skye brancolò nel buio facendo dei passi disconnessi, come se avesse voluto correre di nuovo via da quelle risposte e ci volle tutto il suo autocontrollo per costringersi a rimanere con i piedi saldi a terra e ad ascoltarlo. La sua confusione forse era evidente e quasi dovette sedersi sulla scrivania per evitare di cadere in piedi come un sacco di patate.
«E chi, se non il Re, le porterebbe avanti?» domandò con fatica.
«L'altro Re» finì ugualmente su quella scrivania, non riuscendo neanche a nascondere la bocca spalancata.
«L'altro Re?» ripeté sconcertata, lui annuì con disinvoltura, come se non le avesse appena rivelato qualcosa di sconcertante.
«Conosci Edwin?» quel nome le ricordò vagamente qualcuno, ma fu Icaro a delucidarla subito dopo «Arnold il primo Re morì giovane e dovette subentrare suo fratello al suo posto, ovvero mio padre, ma prima che mio zio morisse, diede alla luce Edwin, l'unico che sarebbe stato il futuro sovrano indiscusso delle terre del Nord appena avrebbe avuto la maggiore età, chiaramente. Io, se Edwin avrebbe accettato, sarei stato l'erede ufficiale di quelle del Sud» questo perché Maicol era ritenuto per tutti un bastardo quindi non gli spettava di diritto un bel niente. «Con l'uccisione dei miei genitori, molti si ribellarono e avrei anche potuto contenere quelle guerriglie, se non fosse stato per l'alleanza stretta fra la moglie di Arnold e Maicol. Si erano coalizzati contro di me, non lasciandomi molta scelta. Mio zio all'epoca era stato peggio di Gor, quindi appena ne ebbi la possibilità troncai sua moglie sul nascere» aveva ammesso poche ore prima che sulle sue mani scorreva molto più sangue di quanto immaginava, eppure si raggelò lo stesso immaginando a come doveva essere porre fine alla vita di qualcuno «La sua morte però non ha impedito niente. Se non che Edwin scappasse temendo che uccidessi anche lui. Ma era soltanto un ragazzino di sedici anni, probabilmente tormentato quanto me, non gli avrei fatto niente se non accettarmi che un domani avrebbe governato degnamente» capiva del perché lo pensava, dopotutto avevano avuto entrambi genitori spietati «Scoprì quindi che Edwin era scappato via con lo scoppio della guerra e per salvarsi, aveva stretto patti con Maicol e Constance, quest'ultima Regina di un altro continente. Marceranno presto contro me e le mie terre appena Edwin sarà maggiorenne ed io non potrò fare nulla perché lui è il vero erede» deglutì con fatica mentre realizzava ciò che gli stava dicendo «Quindi non sei stato tu?» la sua voce era sempre più flebile ma quella di Icaro invece era chiara e pacata. «No e ripeto, pensavo l'avessi capito» si passò una mano fra i capelli scuri. Se era deluso, non lo mostrò apertamente.
Credeva davvero che in quelle settimane di permanenza lì, grazie alla sua corte, Skye avesse potuto rivalutarlo e vedere realmente chi era. Si rialzò fronteggiandolo «Allora perché mi hai sparato la prima volta che ci siamo visti?» gli indicò la spalla ma lui alzò un sopracciglio «Sai benissimo che non stavo mirando a te, ma a mio cugino Saleem» precisò, lei sorvolò la sensazione del suo nome fra le labbra e proseguì  «Perché allora avresti dovuto sparare a Saleem?»
«Se non l'avessi fatto, l'avrebbe fatto lui! sparandomi come è già successo altre volte!» si difese, indicando una ferita sul bicipite, poi un'altra vicino alla costola poco sopra l'addome scolpito e si toccò il ginocchio dove immaginò ci fosse ancora un'altra. Durante dei loro brevi incontri Saleem non aveva perso tempo a cercare di ucciderlo credendolo il vero nemico. «Non ho tempo per rimettere insieme i pezzi della mia famiglia. Quindi volevo semplicemente potermene andare in santa pace, e per farlo avevo mirato alla sua spalla, non al cuore come invece avrei potuto, non era indirizzato neanche a te.
Sei tu che... ti sei buttata semplicemente in avanti» ringhiò. Non gli diede il tempo di respirare che rincarò la dose «E allora mi spieghi i soldati che hai portato e l'uomo che hai sparato quando sei venuto ad intimorirmi per costringermi ad accettare quel dannato patto?» lui abbassò le spalle, passandosi una mano fra i capelli e a quel gesto, tutti i suoi muscoli si fletterono sinuosamente.
«Erano i soldati del Palazzo. Bisognava portarli con me per confermare la mia versione a Maicol, ovvero che ti desideravo a tal punto da venirti a prendere e stringere un patto con te per separarti dal Villaggio solo fare un dispetto a mio cugino. Dovevo far credere che ti avevo scelto per portarti con me perché volevo sottrarre qualcosa a Saleem. Solo cosi avrei reso intoccabili momentaneamente te e il Villaggio...così facendo tutto questo sarebbe rientrato in un mio gioco di vendetta e Maicol non si sarebbe intromesso. Dovevo poi affermare la mia posizione e potenza anche al Palazzo, quindi ho usato quell'uomo per farlo, e sì, solo perché mi stava sul cazzo gli ho sparato in testa Skye, e non me ne sono mai pentito» grugnì e lei spalancò gli occhi. Aveva anche affermato che aveva fatto molto per il suo trono e che questo aveva comportato scelte che gli erano costate care, come uccidere quell'uomo o i suoi genitori. Non credeva ci fosse cosi tanto dietro ad ogni suo gesto. Che aveva combattuto da solo per cosi tanti anni.
Quella verità la spiazzava e intimoriva al tempo stesso. In quella guerra c'era una falda enorme fra famiglie, vinceva chi studiava le mosse migliori, proprio come le aveva confessato Ronald nel corridoio poco prima.
«Perché hai scelto me?» ma solo a quella domanda Icaro sembrò improvvisamente mancare tutte le risposte. I suoi occhi vacillarono mentre li distoglieva e li puntava verso il muro dietro di lei.
«Mi serviva qualcuno che non mi odiasse. E tu non avevi le ragioni per farlo, quando mi hai visto per la prima volta, nei tuoi occhi non ho visto nessuna traccia di paura. Inoltre avevo bisogno di un ponte che potesse ricongiungermi a Saleem o al Villaggio a tempo debito» non sapeva quanto si sbagliava al riguardo, ma lo lasciò continuare omettendo il fatto che al loro primo incontro lei non sapesse minimamente chi fosse lui in realtà.
«Quella persona avrebbe dovuto avere anche molto coraggio, tu l'hai dimostrato quando ti sei presa la pallottola di Saleem. Me l'hai dimostrato ancora quando hai resistito agli uomini del Palazzo combattendo come una furia, e poi ancora quando hai accettato il patto per salvare il tuo Villaggio. Ed infine quando hai dato fuoco alla tenuta per proteggere Ginevra e gli altri da Maicol, anche se a quel punto già ti avevo scelta» combattendo così inconsapevolmente la sua stessa minaccia.
«Sono io che rappresento questo regno, soltanto perché ad Edwin manca ancora poco più di un mese per la maggiore età e poter governare totalmente sui suoi territori assieme a Maicol e Constance. Mi odia per aver ucciso sua madre, ma finché non sarà Re non potrà semplicemente uccidermi, perché sono io che mantengo la sovranità fino a quel momento. Capirai che appena ne avrà la possibilità mi declasserà e rinchiuderà chissà dove, se non peggio» se Edwin e Maicol riusciranno ad assumere quel potere l'avrebbero fatto senza ombra di dubbio. Ma Icaro non faceva tutto quello per salvarsi la pelle, iniziava a sospettare che anche lui fosse un martire pronto a combattere per il suo regno.
«Non m'importa di che fine io faccia. Ma se non ci sarò più io ad oppormi, non avranno più limiti e continueranno questa guerra portandola agli estremi» ringhiò a denti stretti, stringendo i pugni.
«Neanche da Re sono riuscito a fermarli, essendo che il popolo è diviso a metà e chi tiene fede a loro, ascolta soltanto i loro ordini. Capirai che non posso sterminare metà della mia popolazione solo perché non mi ascoltano, sono più di quattrocento mila persone, cazzo! Quindi devo trovare un altro modo per far fuori quei due. La mia gente è del tutto ignara di ciò che avveniva nel Palazzo, e di che monarchia gli aspetterà se riusciranno a governare» inspirò a fondo per calmare i suoi nervi.
«Tenere Maicol al Palazzo con me è un modo per tenerlo sott'occhio e viceversa. Edwin credo sia nel regno Constance e temo si farà vivo solo quando sarà maggiorenne. Quindi sì Skye, che tu ci creda o no ti sto chiedendo un aiuto per confermare il mio trono e fermare la stessa guerra che tu vuoi finisca» la guardò feroce ma in un lampo il suo sguardo si tramutò in disperazione, e nonostante provasse a nasconderla, era ben chiara a lei.
Erano davvero tante informazioni da metabolizzare, in poche ore la sua vita stava cambiando e con essa tutto ciò in cui aveva sempre creduto.
Aveva ascoltato Adil, come tutti gli altri del Villaggio, pensando fosse Icaro il carnefice di quella guerra. Soltanto per scoprire che era guidata da un altro piccolo Re e un altro mezzo Re bastardo. Chi aveva di fronte non era suo nemico a quanto pareva...ammesso che chi aveva di fronte dicesse la pura verità.
Ma l'espressione che le rivolgeva in quel momento mentre attendeva la sua risposta, era cosi sincera che riusciva perfino lei a faticare a non credergli.
Poi aveva visto gli sguardi di ammirazione di Pierre, Dan, Ronald e Ginevra verso di lui, e in loro non dubitava.
«Perché non me l'hai detto prima?» fu la sua ultima domanda. Nonostante la stanchezza, un sorriso attonito apparve sulle sue labbra distendendo l'arco di cupido.
«Dovevo sapere quanto potevo fidarmi di te e se eri la persona giusta...e poi» una leggera smorfia gli contrasse il viso «Non mi avresti mai creduto se te l'avessi detto prima» finì. Passò del tempo che sembrava inesorabile mentre lei si riappoggiava al ripiano della scrivania e lo stringeva saldamente.
«Io... non so che dire» mormorò provando a assemblare ancora una volta tutte quelle informazioni.
Arnold, Gor, Edwin, Constance, Maicol, lui. C'era davvero molto da comprendere quando non si aspettava minimamente quella versione della storia.
«Dì qualcosa» la implorò e sentì il suo cuore vacillare in risposta.
«Ero venuta qui questa sera per accettare il patto» proruppe ricomponendosi, cercando dentro di sé le parole giuste. Lui ebbe tutta la sua attenzione mentre la fissava con occhi limpidi e vividi di colori che non avrebbe mai potuto descrivere.
«E tu invece mi hai raccontato la tua versione della storia, quella che io non conoscevo» lo guardò diritto nelle pupille, sentendo il mondo fermarsi e l'aria bloccarsi come se tutto collassasse su se stesso.
«Non mi aspettavo questo» confidò, Icaro non si mosse di un millimetro mentre pendeva dalle sue labbra e da ogni sua singola parola. I loro respiri erano l'unica cosa che si sentiva in quella stanza.
Aveva conosciuto Maicol tanto da credere che Constance ed Edwin potessero essere addirittura persone peggiori, dubitava che non volesse farli fuori.
«Hai detto che mi hai scelto per il mio coraggio quando ancora nemmeno io credevo di averne» soffiò incredula, lo guardava e mentalmente lo pregava di negare tutto ciò, cosicché lei potesse riprendere ad odiarlo intensamente come nei giorni scorsi. Perché era la strada più facile rifiutarsi di pensare che mentre lei l'odiava, lui l'aveva messa al sicuro insieme all'intero Villaggio. Tutto grazie al suo gioco di manipolazione con Maicol.
«Mi hai offerto un altro accordo, promettendomi la vera libertà per me e il mio Villaggio» ripeté, lui annuì lentamente, confermando ogni singola cosa.
In quella guerra non aveva mai chiesto aiuto a nessuno, tranne che a Skye.
«E se tu salissi definitivamente al trono, fermeresti ogni scontro vero?» le sudavano le mani e la fronte mentre respirava con respiri corti.
«Sì» confermò. Si staccò dal ripiano della scrivania, sospirando sommessamente.
«Allora Skye? Accetti il mio patto?» chiese e in lui, in quel momento, non vi era alcuna traccia dell'uomo calcolatore e manipolatorio che conosceva. Si era denudato di ogni cosa raccontandole tutto.

Ci fu un attimo di silenzio, come se quelle parole fossero più pesanti di quanto credesse. E una volta dette, sentiva che non ci fossero modi per tornare indietro.
Cosa avrebbe detto la sua squadra di fronte a tutto ciò? Gli avrebbero creduto?
Saleem avrebbe staccato la testa ad Icaro molto volentieri se avesse saputo cosa le stava proponendo, e del pericolo in cui stava per metterla, ne era certa.
Mentre lui cercava di tenerla al sicuro nel Villaggio e in quella maledetta stanza dove l'aveva rinchiusa quel giorno, suo cugino le proponeva ben altro. Come buttarsi in mezzo alla mischia e nei meandri più infimi del Palazzo, distruggendolo dall'interno mattone dopo mattone.

Icaro sembrava non cercare qualcuno da proteggere come Saleem. Stava cercando una complice, un'alleata.
Sospirò prendendosi del tempo per ripensare velocemente a tutto quello che le aveva appena detto prima di riemettere fiato «Accetto»

Un'emozione veloce balenò sul suo viso distendendo ogni muscolo e ruga d'espressione. Sembrò sollevato, ed immaginò bene il motivo.
Aveva qualcuno su cui contare, e chissà se fossero riusciti a collaborare.

«Bene, anche perché mancano tre giorni al nostro arrivo al Palazzo»

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