CAPITOLO 3

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JUNGKOOK

"Odio la metropolitana." Junghyeon si lamentò mettendosi a braccia conserte.

Non riuscì a trattenere una risatina. "Lo so Junghyeon, ma saremo a casa molto velocemente."

"Non dire le bugie! Mamma dice che non si devono dire!"

"Ascoltami, davvero, tra 20 minuti siamo arrivati." Sospirai, sistemando bene il suo zainetto tra le mie gambe.

"Se tu fossi stato più gentile con Jimin , ci avrebbe sicuramente riportati a casa." Mi lanciò uno sguardo arrabbiato, ma era lo stesso tenero.

"Non puoi capire." Sospirai di nuovo, scompigliandomi i capelli.

"Si che posso!"

"No, non puoi. Sei piccolo e non puoi capire. Jimin non può venire in un quartiere come il nostro, è troppo pericoloso per lui.. e per la sua macchina."

"Ma ieri non è successo niente!" Mormorò scuotendo le braccia in aria.

"E meno male che non è successo niente." Non che mi importi del ragazzo, però non è che vado in giro ad augurare il male alle altre persone. E chissà cosa sarebbe potuto accadere in una zona come la mia. Scommetto che vive in qualche nell'Upper-East Side o li da quelle parti.

"Ma perché non ti piace? E' bello." Mi disse sorridendo. Wow, penso che lui mi somigli più di quanto pensassi.

"E' apposto." Gli risposi senza mostrare interesse. Diciamo che mi piace qualsiasi cosa che abbia un bel sedere.

"Coraggio Junghyeon." Lo chiamai con il suo soprannome. "Siamo arrivati."

Saltò giù dal sedile e presa la mia mano. Casa nostra è qualche isolato più in la della fermata della metro, così camminammo semplicemente, godendoci il clima fresco di metà settembre mentre lui mi raccontava entusiasto tutto quello che era successo all'allenamento di calcio.

"Ehi, Jeon!" Sentí una voce chiamarmi da dietro nel parco vicino al nostro condominio. Solitamente in quel giardino passo il tempo con i miei amici.

"Ehi ragazzi, aspettate che porto Junghyeon a casa e scendo subito." I miei amici annuirono e mi incamminai verso casa.

Cercai le chiavi nella mia tasca e aprì il portone, sistemandomi bene lo zainetto di mio fratello sulla spalla. Salimmo le scale -come sempre visto che non abbiamo un ascensore- e lo lasciai  con mia sorella Somi.

"Somi, sto uscendo! Junghyeon è qui, controlla che faccia i compiti!" Urlai dal corridoio, dove avevo lasciato lo zaino del piccolo, sperando che mi sentisse.

Ma non ebbi fortuna. Annoiato andai verso camera sua e apri la porta senza bussare. Era sdraiata sul suo letto con le cuffie. Il volume della musica era talmente alto che riuscivo a sentirlo pure io stando in piedi allo stipite della porta.

"Ma che cazzo?" Mi urlò contro arrabbiata. "Non imparerai mai a bussare la porta?"

"Perché dovrei bussare? Tanto non mi sentiresti comunque." Le risposi calmo cercando di non arrabbiarmi.

"Lascia stare, Jeon." Si, lei ha questa strana abitudine di chiamarmi per cognome, che è anche il suo alla fin fine. "Cosa vuoi?"

"Junghyeon è a casa. Assicurati che faccia i compiti e controllalo, ok?"

"Non è quello che faccio sempre?" Rise sarcasticamente.

"Ehi non fare la saputella e modera il modo di parlare. Sono pur sempre tuo fratello maggiore." La sgridai riferendomi al suo comportamento.

"Esatto. Mio fratello maggiore, non mio padre." Si alzò dal letto spingendomi fuori dalla camera, ma non prima che le dessi un ultimo sguardo. Cazzo, l'ho fatta piangere. Frustrato, mi passai una mano tra i capelli e uscì di casa velocemente. Avevo bisogno di qualcosa per calmarmi e sapevo esattamente dove prenderla.

B.R.O.N.X (Jikook)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora