𝑪𝒂𝒑. 𝟑𝟎: 𝒇𝒂𝒄𝒄𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒔𝒕𝒆𝒔𝒔𝒂 𝒎𝒆𝒅𝒂𝒈𝒍𝒊𝒂

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Dall'autrice✍🏻
Ciao a tutti! Come state? Nonostante la pessima settimana che ho avuto, sono riuscita a pubblicare in tempo! Anche se devo dire che scrivere quando ho dei giorni no o quando sto male mi aiuta a rendere i capitoli più realistici ed escono anche delle scene particolarmente interessanti. Non so, forse è una mia impressione. Voi che dite? Ad ogni modo, dopo il breve ma intenso momento di egocentrismo spero che il capitolo di oggi possa piacervi. Ho scritto pochino in questa parte (e ad essere sincera il finale non mi convince per niente) quindi penso proprio che lo arricchirò di qualche altro dettaglio e scena (ne ho già in mente qualcuna) in settimana. Ho poi in mente un progetto che penso di iniziare nelle vacanze di Natale, sperando possa rendervele ancora più magiche. Detto questo, vi lascio alla lettura. Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate. Baci❤️

Quando aprii gli occhi, dovetti sbattere le palpebre un paio di volte per fare in modo che questi si abituassero al buio. Apparentemente sembrava non ci fosse niente attorno a me oltre che l'oscurità e un freddo particolarmente pungente che sembrava volesse affettare ogni singolo muscolo del mio corpo. Mi strofinai gli occhi come per riflesso e quando li riaprii notai che il buio aveva lasciato spazio ad una tenue luce rossastra. Ma nonostante la sua presenza, non riuscivo a capire dove mi trovassi. La vista era offuscata come quando hai la brillante idea di aprire gli occhi sott'acqua e tenti disperatamente di mettere a fuoco, provando a capire se quello che hai di fronte è la tua ombra o uno squalo. L'unica idea che reputai sensata fu che molto probabilmente non mi ero ancora svegliata e che dovevo attendere pazientemente che tutto ritornasse come prima. 

Sbadigliai, alzando un braccio per portarmi una mano alla bocca ma, al contrario di quello che avrei mai pensato, feci una fatica immensa solo per sollevarlo di qualche millimetro da terra. Solo allora mi ritornò la vista, accorgendomi così dove mi trovavo: la sala principale del Reliquiario demoniaco. L'enorme piramide di teschi, i dieci centimetri di sangue putrefatto e il tanfo di marcio e di morte che aleggiava lì dentro l'avrebbero resa inconfondibile perfino ad un malcapitato costretto ad entrarvi dopo millenni. Chissà come avevo fatto a non accorgermene prima! Sentii improvvisamente una bruttissima sensazione di viscido, sporco e bagnato avvolgermi dalla vita fino ai piedi. Abbassai lo sguardo con il volto distorto in una smorfia di disgusto e quando mi accorsi in che stato pietoso mi trovassi, non riuscii a reprimere un gridolino di terrore. Improvvisamente i denti iniziarono a battere l'uno contro l'altro, non tanto per l'aria gelida che sembrava avermi ghiacciato i polmoni bensì per il terrore del solo pensiero di cosa mi sarebbe potuto accadere di lì a poco.

Le gambe, completamente immerse nel sangue, avevano assunto lo stesso colorito di quell'orrore rosso scuro che sembrava spingere contro di loro quasi a volermi scavare la pelle, bramando il sapore del sangue buono, quello dei vivi. Ammesso che potessi ancora reputarmi tale! Ma questo non era di certo la parte più raccapricciante. Senza contare che ero praticamente seminuda. Gli unici indumenti che indossavo erano degli slip un po' malandati, un paio di calzini e una canottiera nera di un tessuto troppo leggero per potermi tenere al caldo. I piedi e le mani erano stati accuratamente stretti rispettivamente l'uno contro l'altro e legati con delle pesanti catene di ferro che andavano a conficcarsi nel sottosuolo, impedendomi ogni tipo di movimento. Tentai di liberarmi ma non appena provai a spostarmi di un solo millimetro sentii qualcosa graffiarmi la pelle e conficcarsi nella carne, causandomi una serie di fitte insopportabili. Repressi l'istinto di urlare per il dolore, mordendomi l'interno di entrambe le guance. Chinai il capo di riflesso strizzando gli occhi.

Sentii in lontananza dei passi farsi sempre più intensi man mano che la fonte del rumore si avvicinava. Quello, misto al profumo di cannella e a quei monotoni ma eleganti geta che indossava, resero allora l'uomo che avevo di fronte fin troppo riconoscibile. Ovvio, chi altri poteva ridurmi in quello stato se non lui!? Passai a torturarmi il labbro inferiore visto che la mucosa orale aveva iniziato a sanguinare per quanto l'avessi stretta con i denti. Tirai su col naso e per qualche minuto mi sentii stupida. Ma cosa mi era passato per la testa, per il cuore? Possibile che fossi così cieca da non accorgermi di chi avessi davanti?! Avevo sul serio creduto che il dio del caos, il re delle maledizione, il signore del male, avrebbe mai potuto provare dei sentimenti per una mortale come me? Per una appartenente al genere delle donne che tanto si ostinava ad etichettare come 'vermi'? Perché io sarei dovuta essere l'eccezione? Perché sarei potuta diventare qualcosa in più per lui, qualcuno per cui vantarsi con le altre maledizioni, con gli esseri umani, di potere avere accanto?

𝑰𝒍 𝒎𝒐𝒏𝒅𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒇𝒂𝒓𝒇𝒂𝒍𝒍𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora