𝑪𝒂𝒑. 𝟏𝟖: 𝒔𝒕𝒓𝒆𝒈𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒆𝒄𝒂𝒅𝒖𝒕𝒐

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Quando varcammo la soglia di quella che avrebbe dovuto essere fino alla fine dei miei giorni la stanza da letto mia e di Sukuna, chiusi gli occhi e mi strinsi forte a lui; pensai ingenuamente che, anche se avesse voluto, in quella posizione e impiegata tutta quella resistenza non avrebbe potuto farmi del male. Fu un odore insolito ma gradevole a convincermi ad aprire le palpebre, un odore talmente tanto piacevole da farmi desiderare di volerne inspirare ancora non appena fuggiva dalle mie narici. Mi guardai attorno cercando di focalizzarmi sui minimi dettagli per poter trovare anche il più piccolo indizio che mi conducesse alla fonte di così tanta dolcezza.  Quando lo feci rimasi a bocca aperta per lo stupore. 

Quella in cui ci trovavamo sembrava essere tutto tranne la camera da letto del re delle maledizioni. Mi sarei aspettata fumo e cenere in ogni singolo angolo della stanza, muffa sulle pareti per la troppa umidità dovuta a tutto quel sangue stagnato nella sala principale, un letto matrimoniale con le sbarre in ferro attorno al quale erano disposti strumenti di tortura di ogni tipo. Per non parlare della puzza che mi sarei aspettata di trovare! Invece la camera da letto in cui ci trovavamo mi parve simile a quella di una divinità: niente muffa, niente sangue e soprattutto niente cadaveri. 

Mi chiesi per qualche istante se Sukuna non fosse altro che uno stregone caduto in disgrazia. Forse aveva passato l'intera vita ad affinare le sue tecniche di stregoneria per sottomettere le maledizioni e bandirle dalla Terra. Poi, un giorno, il potere gli aveva annebbiato la mente rendendolo cieco e assetato di gloria e per questo aveva tentato di sottomettere al suo dominio ogni specie. Quando però ci aveva provato era stato imprigionato dagli altri stregoni e lui, come ogni altro cattivo che si rispetti, aveva giurato di vendicarsi; ed eccoci qui. Guardai distrattamente la sua nuca mentre tutti quei pensieri vagavano per la mia mente. Scossi la testa: era troppo perfino per uno come lui. 

La camera da letto era molto spaziosa; sia i mobili sia l'arredamento erano disposti in modo armonico, lasciando liberi e occupando gli spazi giusti nella maniera giusta. Il pavimento era interamente ricoperto da un tappeto in pelliccia nera che ai miei occhi apparve sin da subito morbidissimo. Al centro della stanza, appoggiato alla parete, spiccava per le sue grandi dimensioni un letto matrimoniale con le spalliere in legno. Queste erano intagliate a forma di due grandi bocche umane, simili a quella dell'entrata del tempio. Le lenzuola erano in raso morbido rosso scuro ed erano ricoperte da una trapuntina in velluto nero. Ai lati non c'erano i soliti e monotoni comodini bensì un po' di spazio vuoto che donava freschezza alla stanza.

 A destra di questo, appoggiato al muro, c'era un piccolo armadio in legno antico munito di due ante scorrevoli; mi venne da pensare che o Sukuna era minimalista o si cambiava troppo poco spesso per necessitarne di uno a quattro ante come il mio. Di fronte al letto matrimoniale era appeso alla parete rocciosa un gigantesco specchio di forma ovale ornato con una cornice in legno verniciata di nero nella quale erano state scolpite delle piccole rose. Un po' più a sinistra rispetto a dove si trovava lo specchio c'era un grazioso tavolino in legno con il piano a forma quadrata e in vetro, forse cristallo.

 La stanza era illuminata da una luce tenue eppure non vidi né interruttori né tantomeno lampadine. Fu allora che le notai. All'entrata erano posizionate ai lati due librerie alte all'incirca un metro che si sviluppavano in lunghezza. Queste erano ricolme di libri che sembravano essere quasi nuovi. Su di esse erano adagiate in tutto quattro candele, due per lato. Di fronte, a sinistra dell'armadio ce n'erano altre due poggiate su una mensolina. Una tra queste mi colpii particolarmente. La cera era adagiata in un grande stampo in vetro a clessidra, sulla sua parte superiore. Quando era accesa la cera colava di goccia in goccia nella parte sottostante; per un attimo mi chiesi se tutto ciò avesse per lui un significato particolare.

Sukuna si avvicinò lentamente al centro della stanza; pensai che mi stesse per adagiare sul letto e invece con un piede spostò una delle due sedie e mi fece sedere sopra. Alzai lo sguardo contrariata e quando lui se ne accorse e intendendo il perché di quello sguardo mi rivolse un mezzo sorriso sfiorandomi il mento con il pollice: "non penserai davvero di poterti stendere sul mio letto conciata in modo?! Quello é tessuto pregiato mia cara: non posso permettere che si sporchi né tantomeno che si rovini".

𝑰𝒍 𝒎𝒐𝒏𝒅𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒇𝒂𝒓𝒇𝒂𝒍𝒍𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora