Capitolo 16.

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Mi prese bene in braccio e iniziò a correre lontano sia dalla donna sia dal campo di battaglia.

Si fermò solo quando fummo abbastanza lontani.

Mi poggiò a terra con la schiena rivolta a un tronco ma rimase ugualmente con la mano dietro la schiena a sorreggermi.

<Lorelai come ti senti?> chiese con voce preoccupata.

<B-e-ne> cercai di rispondere ma mi doleva tutto talmente tanto che parlare mi era quasi impossibile.

Ritentai a dire altro.

<Tu m-i h-ai sal-> mi interruppe

<Ti prego non sforzarti a parlare> disse mentre mi accarezzava con il pollice la guancia.

I miei poteri non erano più forti come quando avevo gli orecchini che lui mi aveva strappato di dosso...eppure in quel momento, con lui accanto mi sembrò come se tutto fosse stato solo un sogno, anzi, un terribile incubo.

Ma non possiamo sfuggire alla realtà e rifugiarci nei sogni.

È impossibile.

Eppure io dovevo ancora capacitarmene.

Mi riprese in braccio, ma più il tempo passava e più la vista e l' udito mi venivano meno. Era come se tutto stesse scomparendo al rilentatore e io non potevo fare niente.

Riuscii a riconoscere i volti dei miei genitori e dei miei comandanti. C'èra tanta gente...anche le famiglie importanti dei Blake? Alyson?

Non riuscii a risolvere i miei dubbi perché tutto diventò nero ma l' udito non mi abbandonò ancora.

Non riuscivo a distinguere le voci ma almeno potevo sentirle.

<Cosa è successo?>

<Come sta?>

<Portatela in infermeria sbrigatevi!>

Ma una frase in particolare ebbe la mia totale attenzione.

<Ma che diamine hai fatto, la hai salvata? Hai rovinando tutto>

Riuscii a riconoscere la voce di Matthew.

<No, siete voi che state rovinando la mia vita>

<Andres, basta!> si aggiunse un' altra voce.

<Basta? Ci eravamo messi tutti d'accordo, noi e i White. E lui che fa? La salva!>

< Esatto, voi eravate d'accordo, ma non io>

<Stai commettendo un errore>

<Se amare è un errore, allora sono felice di starlo commettendo>

Poi anche l'udito che finora mi era stato fedele mi abbandonò.










Dicono che la fiducia sia un dono con cui ci nasci.

È una particolarità preziosa perché non molti la possiedono.

E io ero fra quelle che la custodivano.

Cosa dovevo fare, difendere questo dono oppure dimenticarlo nella perti più profonde e buie del cuore?

Tutto era ancora buio, ma sentivo delle voci, dei sussurri ovattati...

Iniziai a intravvedere una luce fioca e delle figure sfocate.

Sentivo nominare il mio nome, ma non riuscivo a capire di chi appartenesse la voce.

Un minuto, due minuti...

Riuscii a distinguere la figura di mia madre seduta sul letto accanto a me e quella di mio padre accanto alla finestra.

Ma lui non c'èra.

Non aspettai. Le prime parole che pronunciai furono

<Cosa mi nascondete?>

E il silenzio calò proprio come cala la notte, lentamente.







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