13 capitolo - confronto acceso

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"entra!" dice spingendomi dentro il suo ufficio

"con calma, di grazia" dico riferendomi a lei e alla sua presa

"ora mi ridarai il mio taccuino? o devo ancora aspettare i tuoi comodi?" dico con tono nervoso guardandola con disprezzo per i suoi comportamenti dell'ultima settimana.

la vedo che va verso la sua scrivania, è molto ordinata, tutto perfettamente sistemato, anche il suo ufficio è molto pulito e sembra per lo più una biblioteca con il grande scaffale e la grande quantità di libri su di esso che si ritrova. con vari quadri sparsi di qua e di là e un divanetto con davanti a questo un tavolino in vetro con un portapenne appoggiato. sulla sua scrivania ci sono dei fogli che stava correggendo con una penna poggiata su di essi e accanto una fila interminabile di fogli e un piccolo astuccio dove aveva le sue penne riposte, dei porta foto con una sua foto da adolescente con alcune persone e un'altra foto di lei con due donne bionde gemelle. arriva finalmente a un cassetto che apre, per poi infilarci la mano e prendere il mio taccuino tanto amato dove c'erano disegni, scarabocchi, appunti presi alla rinfusa e dei miei pensieri appuntati.

prende il taccuino e si sposta davanti la scrivania dove si appoggia con il fondoschiena e mi porge ciò di cui sono proprietaria.

"non pensavo ti saresti presentata in questi giorni" dice spostando il taccuino dietro di lei non facendomelo prendere

"perché non avrei dovuto?"

"per quello che è successo" dice quasi in un sussurro e mi avvicino a lei a pochi passi dal suo corpo

"potrei dire lo stesso di te" le sputo di rimando la sua stessa domanda

"è il mio lavoro, non posso mancare" spiega

"è anche il mio lavoro" dico imitando le sue risposte "sono pur sempre una studentessa"

"certo, ci credo" dice ridacchiando di me e delle mie parole

"cosa stai cercando di dire?" alzo un sopracciglio chiedendo confusa, avevo capito dove voleva arrivare

"è appena iniziata la terza settimana di scuola è già sei andata a bere durante una giornata scolastica. in ogni classe sei assente, per non parlare delle mie classi, pensi sempre a qualcos'altro o scarabocchi su quel taccuino o guardi assente fuori o un punto indefinito della classe, per lo più non prendendo appunti"

si alza, lasciando il tavolo dietro di lei, il suo profumo invade ancora di più le mie narici

"è così specifico, signorina" affermo "ma potrei dire lo stesso di te" sapevo che mi stavo bruciando ma non potevo farne a meno, la mia bocca era più veloce dei miei pensieri. come lo sento uscire dalla mia bocca, mi mordo le labbra "hai fatto lo stesso, ricordi? e invece sei qui a rimproverare me" sottolineo duramente l'ultima parola

a questo punto inclina la testa di lato, mi guarda dritto negli occhi, mi sto odiando in questo momento per essere andata troppo a fondo, continuo a mordermi il labbro inferiore finché dopo un po' non distolgo lo sguardo e faccio un sospiro.

la vedo mentre cerca di mantenere la sua compostezza "in ogni caso, non è qualcosa di cui devi preoccuparti, non sono affari tuoi"

"così mi offende signorina" dico gesticolando e facendo una faccia offesa "ha sempre sottolineato che noi due fossimo amici" dico indicando tra di noi "e ora da una settimana circa, non siamo più niente?" chiedo

"anche se siamo amici" dice facendo le virgolette sull'ultima parola "non sono affari che ti riguardano, sono pur sempre il tuo professore" mi dice ma non ero molto convinta delle sue affermazioni

"bene, allora perché ti comporti così?!" dico mettendomi le mani sulla testa non riuscendo più a sopportare quello che stava succedendo

"così come, t/n?" mi chiede avvicinandosi e prendendo le mie mani nelle sue e accarezzandole "tu mi farai impazzire" dico togliendo le mie mani dalle sue e allontanandomi, facendo qualche passo indietro "prima mi baci e ti comporti come se mi vuoi, poi ti ritrovo in discoteca e marchi il territorio" dici facendo le virgolette "e ora sei indifferente. da una fottuta settimana. e dici che siamo amici mettendo virgolette" spiego liberandomi dai miei pensieri "e a causa di questo non riesco a farti uscire dalla mia testa" dico con un piccolo grido liberatorio "perciò elizabeth o dovrei dire signorina olsen" dico dura "capisci ciò che vuoi, perché io non starò ai tuoi giochetti, prima mi fai credere che mi vuoi e poi già hai trovato il rimpiazzo perfetto" mi libero da tutti i miei pensieri che avevo tenuto dentro finora

lost in professor || Elizabeth OlsenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora