14 capitolo - casa

134 5 0
                                    

"t/n!" mi giro di scatto per cercare di associare la voce a un volto, la guardo con faccia perplessa

"cosa?" chiedo aspettando una sua risposta

"t/n so che in questo momento probabilmente non sei lucida, ma ho bisogno di parlarti, non posso più tenerlo per me" dice tenendo le sue mani sul petto

"bene, allora parla elizabeth" dico marchiando il suo nome "ormai sei qui, hai fatto tutta questa strada per trovarmi. parla. sentiamo cosa hai da dire"

"so cosa voglio e non è un uomo, i-io" dice balbettando, la mia rabbia stava arrivando alle stelle e non riuscivo più a contenermi

"cosa vuoi elizabeth?!" chiedo con tono arrabbiato "ora non sei più autoritaria? sembri un dolce cucciolo indifeso."

"t/n so che non sei tu quella che sta parlando adesso. è l'alcol a parlare per te" sputa tutto d'un fiato mentre la musica continua a suonare rumorosa e mi fa arrivare il mal di testa in un battito di ciglia. "per favore, andiamo da qualche altra parte! è importante!" mi dice lei supplicandomi di cambiare posto, mi prende la mano e la seguo fuori dal locale finché non arriviamo alla sua auto. apro lo sportello ed entro istintivamente.

"dove mi vuoi portare?" chiedo ancora con tono da ubriaca e barcollando nei movimenti, molto lenti.

"ti porto a casa" mi guarda con occhi sereni e io non riesco a non mostrarle uno sguardo tenero e con occhi lucidi sentendo le parole uscirle dalla bocca. al fuoriuscire di quella semplice parola mi ritrovo persa nei miei pensieri, immaginando una vita insieme che potrebbe essere reale o forse solo nei miei sogni. pensare a noi mentre ci coccoliamo sul divano, sul suo letto gigante probabilmente con un odore di vaniglia che pervade le mie narici fuoriuscendo dalle lenzuola, preparare la cena insieme, preparare i biscotti o l'impasto per i dolci. guardarla fare le cose quotidiane, guardarla mentre fa le cose che ama. ma tutte queste fantasie probabilmente non accadranno mai.

accende l'auto e inizia a guidare silenziosamente verso casa. cerco in vari modi di spronarla a parlarmi ma niente, dopo un bel po' di tempo passato a guidare, accende la radio dell'auto facendo suonare le canzoni che passano.

mentre lei guida, appoggio la testa al vetro dell'auto guardando fuori il mondo che continua a girare e andare avanti, mentre la mia vita è ferma allo stesso punto.

mentre guardo i palazzi e le strade illuminate sento i miei occhi chiudersi in un sonno pacifico che mi aiuterà a passare la sbronza per la conversazione successiva.

---

"t/n, t/n sveglia!" sento una voce che mi chiama e un tocco delicato sulla spalla "altri 5 minuti, mamma" dico con voce assonnata "t/n sveglia! non sono tua madre, sono elizabeth!" dice una voce calma questa volta con un tono leggermente più alto mentre continua a toccarmi il braccio con più agitazione, cercando di farmi riaprire gli occhi. apro gli occhi con calma non ricordando gli eventi successi precedentemente, i miei occhi appena aperti sono puntati su quelli verde smeraldo di elizabeth, vedo il suo viso angelico e cerco di analizzare il posto in cui ci troviamo, vedo la sua macchina ferma cercando di individuare il paesaggio, rendendomi conto che ci trovavamo a casa sua. come un lampo di luce i ricordi tornano alla mente e il mio stato calmo torna ad essere nervoso e arrabbiato nei suoi confronti ma ricordando le parole che aveva usato per portami qui, il mio viso si addolcisce e cerco di mantenere la calma ed essere il più serena possibile.

"scusa per quello che ho detto, non volevo!" mi dico riferendomi alla brutta figura che ho fatto

"non preoccuparti figlia" dice ironizzando facendomi un sorriso e ridacchiando, facendomi scappare una risata "ora vuoi entrare?" chiede scendendo dalla macchina per venire ad aprirmi la portiera, prendo la sua mano che mi aiuta ad uscire dalla macchina e ci incamminiamo verso casa. il piccolo tragitto per arrivare alla porta è stato silenzioso, molto in realtà nessuno ha detto una parola. lei prende e chiavi dalla borsa e cerca di infilarle nella fessura ma le sue mani tremano per l'agitazione, perciò decido di darle un piccolo aiuto. mi posiziono dietro di lei e avvicino la mia mano alla sua stringendola nell'intento di tenere ferme le chiavi. la mia faccia era ormai nell'incavo del suo collo a poca distanza, vedo il suo volto girarsi verso il mio e guardare il mio viso concentrato nelle azioni che stavo compiendo, blocco la mia mano per voltarmi e guardarla a mia volta. i nostri occhi erano incatenati come anche le nostre menti che non riuscivano a staccarsi l'una dall'altra, osservavo il suo viso angelico con un briciolo di preoccupazione leggibile da un miglio di distanza. sembrava di essere nella nostra bolla di sapone che prima o poi sarebbe scoppiata a causa di un semplice, stupido imprevisto. rimaniamo a fissarci negli occhi per molti secondi che per me sembravano l'eternità, c'eravamo solo io e lei in quel momento, il mondo intorno a noi si era fermato. dopo un bel po' di tempo decido di distogliere lo sguardo, dovevamo entrare in casa, volevo che mi dicesse quello che doveva dirmi di tanto importante. non riuscivo più a sopportare il silenzio che si era creato tra noi e quella tensione che c'era.

lost in professor || Elizabeth OlsenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora