3. Lethologica

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Quando non si riesce a pensare alla parola giusta per qualcosa

STORMY

Erano passati tre giorni dalla mia conversazione e dal mio viaggio fatto con Ares.

Era stata un'impresa quasi impossibile. Avevo letteralmente trascinato fuori dal locale la mia migliore amica strafatta appena in tempo, allo scoccare delle due e mezza.

Ares ci aveva raggiunte subito dopo e ancora mi ero chiesta perché mi avesse aiutata, non gli stavo antipatica? Forse si sarebbe sentito responsabile se ci fosse successo qualcosa? Non lo sapevo e forse mai lo avrei saputo.

L'unica cosa che sapevo era che avevamo passato tutto il viaggio in silenzio, cosa assolutamente strana considerando che non riuscivamo a stare nemmeno un minuto insieme senza bisticciare.

Liv si era sdraiata sui sedili posteriori, mentre io avevo la mano appoggiata sulla testa per via del dolore lancinante che mi faceva fare smorfie. Ares non si era pronunciato. Mi aveva chiesto la via di casa di Liv e poi di casa mia.

Era rimasto in silenzio pure quando eravamo rimasti solo noi due. Eravamo arrivati davanti a casa mia ed io non sono riuscita a trovare la parola giusta per smorzare quella tensione che si era creata. Così avevo gettato la spugna: l'avevo ringraziato ed ero scesa dalla macchina.

Ares era rimasto a fissare la porta per un minuto.





















Oggi Liv era assente, comprensibile siccome lei era la ragazza più pigra che avessi mai conosciuto. E poi il tempo era orribile, oggi.
Diluviava.

Eppure, a differenza della mia amica, io dovevo presentarmi a scuola per evitare di fare assenze e dover recuperare tutto quanto. E poi non volevo deludere i miei genitori adottivi.

Camminai verso la palestra con le cuffie alle orecchie e con le occhiaie che mi cerchiavano gli occhi.

Avevo passato la notte in bianco poiché gli incubi non mi davano un attimo di tregua e nemmeno il correttore poteva darmi la soddisfazione di coprire quei maledetti cerchi.

Mi sedetti sulla panca dello spogliatoio e ignorai totalmente le mie compagne di classe che parlavano di quanto fosse bello Ares Kingston e che, come un cliché, oggi la loro classe si sarebbe allenata con noi. I nostri orari combaciavano.

Che culo.

«E tu che ne pensi?»

Alzai la testa svogliata e osservai Morgan, una ragazza dai capelli castani e gli occhi verdi da cerbiatto, bassina e timida. Le ragazze dietro di lei si erano fermate per sentire curiose la mia opinione.

«È oggettivamente bello, non ci vuole un genio, ma è...un mistero. Nessuno sa nulla di lui, giusto?»

«Esatto, ma sono veramente curiosa di sapere le sue qualità» mi fece l'occhiolino Angel, prima di raccogliere i suoi capelli ricci e scuri in una coda.

«Non mi da l'idea di essere un tipo che se la vuole spassare» alzai le spalle, passandomi poi una fra i capelli per finire la seconda treccia.

Celia sbuffò e sputò la cicca nel cestino.
«Senti chi parla, e tu cosa nei sai verginella

«Verginella? Nemmeno mi conosci Celia, non osare» le ringhiai contro, alzandomi.

«Non serve un genio per capire che non ne capisci un cazzo di queste cose.»

Questa la uccido.

«Hai perso la lingua per caso? Senza Olive metti la coda tra le gambe come un cagnolino?»

STORMY - Al di là del mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora