12. Noceur

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Chi sta sveglio fino a tardi

STORMY

Casa Kingston non era assolutamente come me l'aspettavo.

Ares lo associavo ad un tipo ricco con una villa a tre piani e un giardino enorme, eppure dovevo immaginarmelo che non era così. Lui lavorava e studiava per pagarsi la scuola e l'affitto.

«Grazie, Ezra» mormorai, scendendo dalla macchina.

Quest'ultimo mi disse di non preoccuparmi e partì, lasciandomi fuori dal condominio di Ares. Avanzai fino al cancello e cercai il suo citofono.

Ares Kingston.

Premetti il pulsante e ringraziai che non vi erano telecamere, quella era la parte più imbarazzante.

«Chi è?» la sua voce mi mise i brividi, era bassa e profonda.

Mi diedi un pizzicotto sulla mano e mi schiarì la voce.

«La tua simpaticissima non amica» lo presi in giro, stringendo tra le dita lo zaino che portavo in spalla.

«Divertente...» borbottò ed io mi lasciai andare in un sorrisetto. «Quarto piano, corridoio in destra.»

Il ronzio che sentii, aprì il cancello, così io mi avviai verso il portone principale. Lo superai e seguii le indicazioni di Ares, scegliendo il corridoio a destra. Aspettai che l'ascensore arrivasse e vi salii non appena lo fece e, mentre saliva, io mi guardai allo specchio.

Avevo lasciato i capelli sciolti, gli occhi truccati e ritoccati da stamattina, indossavo un paio di cargo verdi e una grande felpa nera. Una strana ansia prese ad attorcigliarmi lo stomaco.

«Ciao» borbottai non appena vidi la porta dell'appartamento aperta.

«Ciao, Stormy.»

Sentirlo dire il mio nome, mi faceva sentire i brividi dietro la schiena. Ares versione casalinga mi piaceva, indossava una maglietta bianca attillata e dei pantaloni della tuta. Togliendo il fatto che lo odiavo...potevo svenire perché Ares era proprio un dio greco.

«Grazie per essere venuta qua, ero in difficoltà.» mormorò, chiudendo la porta alle spalle.

«Nessun problema.»

Studiai l'ambiente circostante.

Appena si entrava vi era un piccolo corridoio dove lasciare i cappotti, le pareti erano tappezzate di foto che ritraevano un bambino, immaginavo suo fratello. Camminai avanti e si aprì subito un grande salotto dove c'erano due divani neri con davanti un grande televisore sul quale era presente un cartone animato.

Non se la passava male...

Mi tolsi la giacca e Ares ne approfittò per andare ad appenderla. Io continuai a guardare i mobili ben disposti e l'ampia finestra che si stagliava a destra della sala e che dava accesso al balcone.

Prima che potessi fare un passo, sentii una dolce risata provenire dal divano. Vidi solo ora un bambino che stava mangiando un pacchetto di patatine e rideva mentre guardava il cartone animato.

I suoi capelli erano corti e mossi, il loro colore era nero. Identico a quello di Ares. Gli occhi non riuscii a vederli in quanto mi stava dando le spalle.

«Non farti ingannare. Quando ci si mette è veramente una peste.»

Mi venne da ridere, ma non lo feci.

«Un po' come il fratello, vorrei aggiungere», mi voltai a guardarlo e lo vidi inarcare un sopracciglio.

«Abbiamo lo stesso fascino, però.»

STORMY - Al di là del mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora