19. Saudade

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Un desiderio nostalgico di essere di nuovo vicino a qualcosa o qualcuno che è distante, o che è stato amato e poi perso.

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STORMY

Dieci giorni.

Mancavano dieci giorni al venti novembre, la data in cui ogni quel giorno della mia vita volevo porre fine alla mia esistenza. Ora, però, faticavo a farlo.

Ci avevo provato ogni venti novembre di ogni anno, ma i miei piedi non riuscivano a toccare la sabbia e il panico mi assaliva ogni volta. Di conseguenza, tornavo a casa sconfitta di non essere riuscita ad entrare in quella spiaggia e aver cercato di terminare quello che avevo provato a fare da ragazzina.

Quel giorno preciso mi riportava a pensare sempre a lui, al bambino che mi aveva salvata dalla tempesta.

In quel periodo avevo dannatamente bisogno che qualcuno mi stesse vicino per evitare che quel pensiero prendesse il sopravvento e mi portasse a fare cavolate, ma allo stesso tempo non volevo mi facessero domande o che mi stessero troppo attaccata.


















Sentii la sveglia suonare e sobbalzai, alzandomi di colpo e cercando di cancellare quell'incubo che mi stava divorando. Mi toccai la fronte sudata e poi spensi la sveglia, cercando di riprendere fiato. Fuori era buio, ma riuscivo a scorgere le nuvole grigie e qualche gocciolina che cadeva sulla finestra e rotolava giù.

Sbuffai e dopo cinque minuti buoni, decisi di scendere a fare colazione.

«Buongiorno, tesoro» mi sorrise dolcemente Margaret, riempendomi la tazza di caffè.

Ne avrei avuto bisogno. Questa notte i miei incubi erano più agitati del solito e non ero riuscita a dormire granché, le mie borse sotto agli occhi parlavano.

«'Giorno Margaret» sussurrai stanca.

Alzai lo sguardo e la vidi fare un sorriso forzato, il mio stomaco si contorse e lasciai un piccolo sospiro.

Non ero mai riuscita a chiamare lei "mamma" ed Ezra "papà" e questo li feriva ogni volta che li chiamavo per nome, ma loro cercavano di nasconderlo sempre per coprire quanto ci fossero rimasti male. Non sapevo spiegarmi il perché non riuscissi a chiamarli in quel modo, considerando che mi avevano in affidamento da quando avevo pochi mesi...ma forse sin da bambina, nonostante il mio pensiero non si fosse sviluppato, avevo sempre saputo che loro non erano i miei veri genitori. Soprattutto dalla nostra diversità fisica.

Mi sentivo tremendamente in colpa per questo, l'unica cosa che non volevo fare, era ferire delle persone così buone, che mi avevano salvato la vita...ma non riuscivo a non farlo.

C'era qualcosa di sbagliato in me, questo lo avevo sempre saputo.

E sapevo anche che, non appena io avrei indagato sulla mia vera famiglia, i loro cuori si sarebbero spezzati. Non ero fatta per i legami, non riuscivo a legarmi con nessuno, nemmeno con loro.

Solo con Liv.

Come mi aveva detto una volta, io andavo solo capita, e nessuno riusciva o si sforzava di farlo.

Tranne lei.

«Buona giornata» mi sorrise Margaret, porgendomi lo zaino.

Mi abbassai per accarezzare Felix e gli diedi un bacio sulla testolina.

«Grazie, anche a te» mormorai a lei, scrutando i suoi occhi verdi chiarissimi.

Probabilmente lei notò i miei occhi spenti e le borse, ma appena cercò di parlarmi, io mi chiusi la porta alle spalle.

STORMY - Al di là del mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora