8. Manners

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L'arte del sorridere e annuire quando tutto quello che vuoi è schiaffeggiare la stronza in faccia.

STORMY

Capitava raramente che la mia testa non proiettasse qualcosa di oscuro e macabro.

Avevo imparato a conviverci da quando ne avevo memoria. Ed ero sicura di essere nata tra le fasce dell'ombra e non della luce. I miei veri genitori non erano mai stati felici di avermi, mi avevano ripudiata non appena ero nata e avevano cercato di sbarazzarsi di me, avevano cercato di ammazzarmi.

Per colpa loro ero andata in terapia intensiva quando ero solo una neonata. Avevo solo qualche mese di vita.

Se in futuro mi avessero mai chiesto se avessi voluto figli, io avrei risposto che non lo sapevo. Da un lato non volevo macchiare quel piccolo neonato con la mia oscurità, dall'altro volevo cercare di fargli vivere un vita felicissima e di fargli avere tutto ciò che non avevo avuto io.


















Prima di uscire di uscire di casa, ingoiai il medicinale, dopodiché aspettai che passasse l'autobus.

Oggi non avevo per niente voglia di camminare, Margaret era andata al lavoro mentre Ezra era andato dal meccanico per farsi riparare l'auto.

Ero appena entrata a scuola quando vidi Liv venirmi incontro con un sorriso stampato in faccia. Oggi era più bella del solito. I suoi capelli lasciati liberi e acconciati con morbide onde, il trucco leggero e i suoi occhi azzurri vivaci. Portava un cappotto lungo aperto che faceva intravedere il maglione bianco a collo alto seguito da un paio di jeans neri e, ovviamente, le sue amate Dr. Martens ai piedi.

«Come mai così bella, oggi?» le diedi una gomitata.

«Mi vedo con il rosso del locale dopo la scuola.»

Schiusi le labbra.

Okay questa non me l'aspettavo, dove era finita la mia amica da "niente appuntamenti e relazioni serie"? Dal mio sguardo, lei si affrettò a chiarire.

«Ci vediamo non perché abbiamo un appuntamento vero. Quella roba non fa per me. Ci vediamo per sco-»

«Okay, è chiaro. Temevo volessi lasciarmi sola» scherzai e lei mi diede una manata sulla spalla.

«Questo mai.»

Lasciai un sospiro di sollievo. Anche se non lo ammettevo, avevo paura che Olive si affezionasse così tanto ad una persona da dimenticarsi di me. Alla fine, io ero problematica e non mi sarei sorpresa se avesse trovato qualcuno di normale.

«Stai bene, Stormy?»

Mi risvegliai da quei pensieri oscuri e forzai un sorriso.

«Sì, sto bene.»

«Lo sai che non ci credo nemmeno un pochino?»

Il mio sorriso, da finto, diventò vero. Liv aveva il potere di capire tutto. Quando mentivo, quando ero triste, quando volevo essere lasciata da sola, quando ero arrabbiata e così via.

«Sono solo un po' stanca, oggi non ho dormito granché e non ho voglia di vedere quella faccia da schiaffi.»

Mentre ci avviavamo verso i nostri armadietti, la vidi fare un sorrisetto che non prometteva nulla di buono.

«Intendi quel figo di Ares...oppure-»

Rabbrividii e dovetti interromperla subito.

«Celia, Liv, intendo Celia.»

«Okay, scusa» sghignazzò e si mise con le spalle agli armadietti per aspettarmi. «Cosa abbiamo alla prima ora?»

Ci pensai su mentre inserivo la combinazione del mio armadietto.

STORMY - Al di là del mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora