6. I'm Fine

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Non morta, ancora viva.

STORMY

Il giorno tanto aspettato dalla mia migliore amica arrivò subito, in un battito di ciglia. Lei era euforica, lo si vedeva da come muoveva i fianchi a ritmo di musica, fasciata in un tubino argento corto e con dei tacchi vertiginosi. Io, invece, me ne stavo in disparte, a osservare quel barista individuato da Liv.

Dal vivo era molto più bello, i capelli ramati che gli ricadevano sulla fronte, la camicia nera e i tatuaggi sul collo che sbucavano da fuori il colletto. E ammettevo che l'avevo visto lanciare qualche occhiata alla mia amica, ma questo lo avrei tenuto per me...per il momento.

Avvisai Liv che sarei andata in bagno con un sorriso forzato e mi dileguai subito, dicendole di andare da lui per evitare di stare da sola in mezzo a tanti uomini sconosciuti.

Mi richiusi la porta alle spalle e presi un respiro profondo.

C'era qualcosa che non andava in me, non stavo bene e non sapevo nemmeno il motivo. Volevo solo piangere e battere i pugni sulla porta, avevo un casino nella testa, nel cuore e una bella chiazza nera nell'anima.

La verità era che oggi non avevo per niente voglia di uscire, volevo starmene a casa a fare niente.

Mi sciacquai il collo e poi i polsi, osservandomi allo specchio. I capelli raccolti in una mezza coda, il volto truccato, il top viola stretto e la gonna nera aderente. Mi piacevo, eppure nei miei occhi vi era sempre quella luce spenta, un mare mosso e cupo.

Quando finalmente mi decisi a uscire dal bagno, mi avviai al bancone e notai con piacere che Liv stava flirtando con il rosso, giocando con la cannuccia del suo drink e mordendosi le labbra mentre lui le parlava.

«La tua amica mi sta distraendo Josh.»

Una voce profonda mi fece sussultare e un brivido mi percorse la spina dorsale. Puntai i miei occhi sul ragazzo tenebroso, illuminato dalla luce rosa neon.

«Lasciali divertire» alzai le spalle, distogliendo lo sguardo da loro due.

Ares si posò lo straccio sulla spalla e mi guardò con gli occhi assottigliai.

«Dovrei pensare che mi stai seguendo?»

Un sorrisetto mi incurvò le labbra e tornai a guardarlo, fondendo i miei occhi verdi con i suoi scuri.

Perché non poteva essere brutto? Ne ero ammaliata, cazzo.

«Ti piacerebbe Kingston, magari nei tuoi sogni.»

«Nei miei incubi vorrai dire.»

Mi venne da ridere, ma mi trattenni. Appoggiai le braccia sul bancone e posai una mano sulla guancia.

«Avevo dimenticato quanti fossi gentile» mormorai sarcastica, battendo le unghie sul marmo nero.

«Cosa ti porto?»

Domanda letale.

Quante volte aveva posto questa domanda alle sue clienti e loro avevano risposto con "il tuo numero" oppure "tu"? Mi venne da vomitare solo per queste tattiche di rimorchio pessimo.

«Una birra.»

Tentar non nuoce.

Difatti, inarcò un sopracciglio e si tolse lo straccio dalla spalla per appoggiarlo di fianco a lui.

«Lo so, lo so, niente alcolici per le bambine, ma non ti sto chiedendo un quattro bianchi o un whiskey savoy, ma solo una birra. Oggi non è proprio serata.»

STORMY - Al di là del mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora