8.il buio, la luce ( e il fuoco nel mezzo)

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Quando mi svegliai era ancora buio.

Non sapevo che ore fossero o quanto avessi dormito, sapevo solo che Anna era lì accanto a me, sentivo il suo lieve respirare, il suo corpo emanare calore ad ogni boccata d'aria.

Non avevo dormito molto bene, diversi incubi mi avevano perseguitato tutta la notte e mi sentivo più stanca di quando ero andata a dormire.

Mi misi seduta sul letto, e al mio minimo movimento Anna si svegliò.

"Buongiorno" mi disse con la voce sempre piena ma meno limpida a causa del sonno.

"Buongiorno" le dissi io già con gli occhi aperti da qualche minuto, anche se in quella stanza faceva poca differenza avere gli occhi aperti o chiusi.

"Pensavo di andare a prendere qualcosa per colazione" le proposi in preda a un leggero imbarazzo.
Fece un quasi impercettibile movimento con il capo e si mise a sedere sul letto.
Almeno credevo, mi ero abituata a non vedere niente, non era poi così disorientante, solo complicato.

Dovevi concentrarti su piccole cose che prima non notavi, ogni singolo movimento e respiro era un indizio su ciò che ti circondava. Ma nonostante tutto
nel tentativo di raggiungere la porta d'ingresso  rischiai di cadere per 4 volte prima di riuscire ad aggrapparmi alla maniglia e alla luce.

La luce mi aveva completamente annebbiato la vista dopo tante ore senza aver visto assolutamente nulla.

Alla mia stanchezza si aggiunse la confusione che tutto quel bagliore mi provocava.
Mi fece quasi venire mal di testa per lo sforzo di mettere a fuoco.

Fuori non pioveva più anzi faceva molto caldo.

Il tempo a Valor era sempre così imprevedibile, un giorno diluviava e faceva un freddo gelido , altri giorni il vento era talmente forte da scuoterti le ossa e altri ancora c'era un sole cocente.
Il suo cambiare e non essere mai uguale al giorno prima però mi era sempre piaciuto, mi faceva sentire un po' meno sola e in sintonia con la sua mutevolezza.

Iniziai a dirigermi verso il negozio di Boato, sbandando un po' per la vista annebbiata.

Tra l'altro avevo veramente 
molta fame, non ricordavo nemmeno quando avevo mangiato l'ultima volta.

Presi biscotti al cioccolato ( che mi costarono una fortuna) e un po' di latte e cominciai a tornare indietro.

Le strade erano completamente deserte e silenziose tranne per il leggero vento, l'unica cosa che restava della tempesta del giorno prima, che ti accarezzava il volto.

Camminando lentamente tra quelle strade e lasciandomi abbracciare dalla luce e dall'aria che da lì a poco mi avrebbero lasciato, intravidi un'ombra.

La vedevo sfocata a metri da me, possibile che ancora non mi fossi riabituata bene alla luce?

Continuai a muovermi e quella figura poco nitida diventava un'ombra sempre più grande.

Solo quando ci passammo accanto notai che aveva un cappuccio sulla testa ed era vestita totalmente di nero.

Nell'esatto momento in cui alzai il volto, la figura girò il suo verso il mio.

I suoi occhi erano in fiamme.

Rimasi a guardarlo sbalordita allontanarsi da me e tornare a essere una macchia sfocata.

Possibile che avessi avuto un allucinazione?

Mi sbrigai a tornare da Anna che, non so dove, aveva trovato una candela e la aveva messa su un comodino vicino alla porta d'ingresso della stanza.

Con somma tristezza notai che non era per niente come la avevo immaginata al buio.

Mi ero raffigurata  un posto accogliete pieno di cianfrusaglie in agguato per farti cadere ma così non era.

La stanza era tutta in cemento tranne per il pavimento su cui erano stati messi diversi tappeti in forma e colore a coprirlo e renderlo forse meno...duro e pericoloso.
Dopo il minuscolo antro dove si trovava la porta con il comodino e la candela c'era un piccolo spazio quadrato con solo il piccolo letto in ferro arrugginito su cui avevamo dormito e una poltrona lì vicino ai cui piedi si trovava il gatto, che non mi sorpresi a scoprire che era nero.

"Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere avere un po' di luce" disse lei seduta sulla poltrona con il gatto accoccolato ai suoi piedi.

Indossava lo stesso vestito grigio della prima volta e i suoi capelli erano sciolti in lunghe onde.

E poi c'erano quelle cavità a cui non penso mi sarei mai abituata.

"Ho preso dei biscotti e del latte, spero ti piacciano" le dissi posandoli sul letto in mancanza di un altro appoggio.

"Io non ho mai mangiato biscotti " disse con un sorriso imbarazzato.
"Mai?" le chiesi sorpresa.

"Mai, costano troppo"

"Allora forse ne avrei dovuti prendere di più " le risposi con un sorriso anche se sapevo benissimo che avevo speso 1/3 dei pochi soldi che avevo per comprare quei maledetti biscotti.

Mangiammo in silenzio, quel tipo di silenzio che di solito accompagna un buon pasto e poi ci dirigemmo verso la stazione del voltreno.

Non le parlai dalla figura dagli occhi di fuoco, avevo paura che mi ritenssse pazza e forse un po' lo ero sempre stata.

Avevo sempre avuto strani deja-vu e sogni premonitori.
Confondevo i sogni con la realtà, il che era un enorme problema quando semplicemente conversando mi venivano in mente momenti che non erano mai accaduti se non nella mia mente.
Per questo decisi di tenerlo me, alla fine era solo un altro piccolo segreto taciuto, niente di irrilevante.

Ci mettemmo ad aspettare alla banchina del voltreno, da sole in quella periferia che sembrava essersi svuotata dopo la tempesta, come se con essa avesse portato via tutta la vita.

Mentre restavano lì in piedi in attesa mi girai ad osservare uno schermo pubblicitario lì alla stazione .
Prodotti per capelli che li facevano sembrare sempre puliti, l'annuncio per la nuova linea del voltreno e la chiusura di altre linee per l'eseguiemnto dei lavori e diversi annunci sulle ultime notizie (un senz'anima si era buttato da un voltreno in corsa) e inutili avvertimenti meteo.
Finché non mi immobilizzai nel guardare nello schermo un annuncio di scomparsa  che proiettava la foto di una ragazza troppo familiare, dai capelli castani e occhi neri.

Si invitavano i cittadini a chiamante un numero nel caso di eventuali avvistamenti.

Quella ragazza ero io...

Mi stavano cercando.

Bene, non poteva andare meglio di così.

Lo dissi a Anna, che purtroppo non lo poteva vedere e mi chiese cosa volessi fare.

Il problema è che non ne avevo la più pallida idea.

Se fossi tornata a casa avrei potuto trovare i miei li ad aspettarmi, cosa che avevo già messo in conto e avevo optato per aspettare finché non fossero usciti da casa, entrare prendere il libro e scappare di nuovo ma...
Ma se quei cartelli erano arrivati fino in periferia, voleva dire che avevano dato l'allarme, il che significava che qualcuno sicuramente mi avrebbe riconosciuto al centro città e riportato a casa, dove avrei subito una ramanzina per poi essere costretta a effettuare la scelta e iniziare la mia vita di prigionia...

Non lo potevo fare, dovevo lasciare il libro lì e sbrigarmi a lasciare quella città il prima possibile.

E lì si pose un altro problema...i soldi che avevo pensato di prendere con la scusa del libro.
Soldi che i miei avevano nascosto dietro a un quadro in una cassetta di sicurezza il cui codice era banalmente il mio compleanno e che mi sarebbero bastati per scappare e ricominciare da zero.

Dovevo effettuare una rapina nella mia stessa casa, comportarmi come una ladra nei confronti dei miei stessi genitori e non avevo idea da dove iniziare.

L'unica cosa che sapevo di non avere era il tempo.
Avrei dovuto decidere in quel momento.

Fino a che punto ero disposta ad arrivare?

Mi sarei intrufolata in casa mia o sarei fuggita senza niente?

La scelta era ovvia ma ciò non vuol dire che non avessi una tremenda paura.

GLI ASSENTI  (Soulless chronicles)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora