18. Il Corvo (Parte Prima);

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18.

Avrebbe potuto giurare di ricordare un Palazzo meno ampio, rispetto quello che ora le si ripresentava difronte.
Probabilmente ora osservava il tutto con occhi diversi, cercando di strutturarsi in mente un preciso disegno del luogo.
Osservò e ne ammirò la semplicità e la complessità dell'edificio. Il pavimento, di un lucente marmo nero, rispecchiava la sua figura. Le mura, di più svariati e marchiati colori, erano decorate con mosaici, raffiguranti numerose immagini astratte, tante vicine -nel loro inusuale motivo- alla modernità. Modernità, termine ben lontano dalle aspettative di un tale ambiguo mondo.

"Avrai modo di osservare l'edificio in seguito, Winter. Guardandoti intorno così, rischi di inciampare. Stai attenta."

La ragazza si concesse un sospiro di disappunto, mentre assimilava il tono usatole contro. Irritato e scorbutico.
L'unica persona a poter usufruire di tale tono, considerate le circostanze, sono io.
Pensò, in quell'istante, di poter considerare l'opzione di assestargli uno schiaffo. Sarebbe stato divertente. L'onore del Principe schiaffeggiato dal proprio Tributo. Probabilmente non sarebbe mai stato in grado di perdonale un tale gesto.

"Posso almeno sapere dove stiamo andando, per favore?" lo supplicò, imitandosi il più gentile possibile, pur di evitare un ennesimo scarico di rabbia. "Mi stai spaventando", si lasciò sfuggire quella confidenza, ammessa con timore.

La sto spaventando.
Naoise voltò il capo, distaccando le labbra. Incrociò l'espressione amareggiata della rossa, intenta a mordersi un labbro.
Che la stesse spaventando, era -a dir poco- palese. Probabilmente, il ragazzo, ne era anche ben consapevole. Ma quella confessione lo spiazzò ugualmente. Lo colpevolizzò.
Lui non era il nemico, non doveva temerlo.

"Non devi aver timore di me."

"Ma questo non dipende da me" ribatté lei.

Naoise abbassò lo sguardo, liberando un sospiro pieno di rammarico. Portò una mano ai capelli, scuotendoli, prima di impugnarli. Li strattonò lievemente, incanalando rabbia repressa.
Si concesse un sospiro, ma non pronunciò parola, dedito invece a trovare una stanza sicura per la ragazza.
Svoltò a destra, ruotando leggermente gli occhi in cerca dell'effettiva presenza di Winter, ed infine -dopo essersi accertato di quest'ultimo dettaglio- entrò in un ampio salone, bloccandosi al centro d'esso.
La stanza era impolverata, poco illuminata ed in parte sgomberata. Al suo interno solo un letto, un comodino scheggiato ed una lanterna che aveva l'aria d'esser rotta.
Senza alcun dubbio una stanza ben poco frequentata.

"Siediti, così potrò spiegarti il tutto" le disse con cortesia, indicandole l'ampio letto piazzato al culmine della stanza.

"No, star seduta mi mette ansia" rispose prontamente la ragazza, scuotendo negativamente la testa, lasciando un'ambiguo sguardo alla strana stanza, prima di dedicare i propri occhi a quelli di Naoise.

Quest'ultimo alzò un sopracciglio, ma decise di non soffermarsi affatto sulla bizzarra questione.
"Dunque" iniziò a parlare, schiarendosi la voce "cercherò di andare al sodo della questione: tra poco saremo sotto attacco. I rapporti non sono ancora arrivati, me è inevitabile che attacchino."

Il ragazzo si aggirava per la stanza, imitando un comportamento ossessivo. Sembrava sudare freddo, mentre elaborava le seguenti parole.
"Con quella scarica elettrica che hai percepito durante il suo tocco, lui ha creato un legame con te. Sa dove sei, Winter. In questo momento percepisce parte dei tuoi pensieri e sensazioni." Pronunciate queste ultime parole, smise di girovagare per la stanza, piazzandosi a pochi metri da lei, sfoderando lo stesso sguardo duro, tipico dei suoi occhi.

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