CAPITOLO 17

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Capitolo 17
Mille sfaccettature

Zero

Mi ricordo ancora il giorno in cui ho cominciato a fumare. E' un ricordo che tiro fuori di rado, perché non voglio averci niente a che fare, o voglio far finta che non sia mai veramente esistito e che la mia voglia di fumare sia arrivata così, per un motivo che non esiste, che è dimenticabile. Ma i ricordi, quelli che custodiscono momenti che ti cambiano, non se ne vanno, un po' per fartela pagare e prendersi gioco di te, un po' per vedere se della tua vita te ne frega ancora e la vuoi cambiare.Beh, c'era un tizio, alle superiori, che si chiamava Yagari. Io ero al secondo anno, mentre lui se la spassava coi grandoni al quinto, e se la tirava perché sapeva di essere bello, ambito e pure bravo a scuola. Io non mi azzardavo mai ad avvicinarmi alla sua banda. Tutti mi dicevano che per parlare con loro – erano in tre, me lo ricordo come se fosse ieri – dovevi avere un motivo ben preciso. E la cosa buffa – che adesso però mi appare sensata – è che a loro non interessava niente dei tuoi soldi. Potevi avere tante case quante ne aveva uno sceicco, che a loro non poteva importare di meno. E allora io, coi miei amichetti, in particolare Kaito, dicevo: che sfigati, e tutti intorno mi intimavano di tacere perché altrimenti, se mi avessero sentito, mi avrebbero picchiato. Io non ci credevo.Un giorno, quel giorno, zia Karilin mi aveva mandato a prendere una cosa in centro da una sua vecchia amica. Non avevo compiti e mi ricordo che pioveva, per cui non avevo un granchè da fare. Uscii prendendo l'ombrello nero grande, quello che adesso si è rotto, perché una volta gli ho dato un calcio, mi pare. Per la strada, al ritorno, un ragazzo enorme mi aveva fermato e mi aveva chiesto dei soldi. Io non ne avevo, perché il denaro con cui ero uscito lo aveva usato tutto per quello che serviva a zia Riri. Mi ricordo che quel ragazzo puzzava di birra e aveva i vestiti sporchi e che avevo paura. E che presi un pugno allo stomaco, prima che una specie di angelo coi capelli neri mi venisse a salvare la vita.Quella sotto specie di angelo era proprio Yagari.E sarebbe stato tutto dannatamente perfetto, se io lo avessi ringraziato e poi lui sarebbe andato via, come se niente fosse. No. Lui poi si ricordò di me. E diceva che in qualche modo gli piacevo, forse perché ero spavaldo già allora o forse perché era rimasto colpito dal ragazzino dagli occhi assurdi. Non lo so, in verità non l'ho mai saputo. Ma mi prese nella sua banda e fu per questo che cominciai a fumare. Perché me lo insegnò lui.Dopo Kaito, Yagari diventò il mio più grande amico. Il punto è che, più che un amico, io lo riconoscevo come fratello maggiore, la persona dalla quale vai quando ti devi confidare di cose che ti vergogni a dire persino a te stesso.Un anno dopo l'aggressione, Yagari mi chiamò a casa sua e venne ad aprirmi con una benda sull'occhio. Mi aveva detto che aveva perso la vista per il colpo che quel fottuto gigante gli aveva dato. Mi sentivo – mi sento, ogni giorno, ogni minuto, ora – in colpa con ogni particella del mio corpo, ma lui...lui no, mi aveva abbracciato, e mi aveva detto che non gli importava, che "tanto io ho l'altro occhio e non me ne frega un cazzo, ci vedo lo stesso".Mi aveva preso sotto la sua ala e mi aveva offerto un lavoro. Certo, non era il massimo costruire mobili, ma a lui farlo piaceva tanto e io mi divertivo ad aiutarlo, e poi mi pagava pure bene e io mi sentivo importante nel dire alla zia e ai miei amici che avevo un lavoro.Ora Yagari non lo vedo più. Quando l'ho lasciato a casa – senza spiegargli la situazione, cazzo che gran bell'amico che sono – mi è scappata una lacrima che non è neppure arrivata a metà guancia, perché l'ho fermata col dorso della mano, molto, molto prima che potessi anche solo immaginare di aver iniziato a piangere. Lui mi aveva lasciato senza dire niente. Solo la sera, quella prima di partire, mi aveva scritto un messaggio. Un messaggio che è ancora lì e che non ho la minima intenzione di cancellare, almeno fin quando non me la sentirò.prima o poi ci rivedremo. Fammi un piacere, eh? Abbi cura di te. Sennò m'incazzo sul serio.Tuo fratello.Io e Yuuki siamo in macchina, il sole scotta anche se sono già le cinque. Respiro a fondo, la maglietta si muove insieme al mio petto.-Yuuki. - la chiamo, allungando una mano e accarezzandole delicatamente una guancia. -Smetterò di fumare.Lei, e lo so anche se non la vedo, rimane seria. -Magari lo facessi, Zero.-No, no. Lo voglio fare davvero. Ti fidi?Si passa una mano tra i capelli. Ho imparato a riconoscere quel movimento come un gesto liberatorio, dolce, leggero, un messaggio segreto e impercettibile di una persona che vorrebbe tanto una cosa ma non lo vuole dire per paura. Stringe gli occhi e quando balbetta, è la sua fine. Perché so che dice la verità.-Vorrei tanto che smettessi. - ammette, mettendo la sua mano sopra la mia, ancora appoggiata alla sua guancia.-E smetterò.***Posso far finta di non essere felice, cercando di tanto in tanto di non sorridere come un ebete o di non fermarmi a guardarla mentre osserva le vetrine, come se dentro queste ci fosse qualcosa di inaspettato e proibito. Ma la verità è che non ci riesco. La guardo come se effettivamente tutto ciò che ho fatto in tutta la mia vita mi avesse portato qui, oggi, dove sono accanto a lei, dove sono felice. Ogni volta che la stringo, che la bacio, voglio che senta che mi appartiene. Che sarà mia per sempre e che non me ne importa nulla se è passato così poco tempo da quando abbiamo scoperto di amarci effettivamente.A un certo punto, mentre il sole tramonta e io sento un po' di fame com'è normale che sia, Yuuki mi dice che deve andare in bagno e io la lascio andare, non prima di averle dato un leggero bacio. Mentre aspetto e cammino avanti in dietro per una via di questo delizioso paese di mare, m'imbatto in una bancarella piena di cose che luccicano. Non posso fare a meno di sorridere, perché mi è venuta in mente un'idea.Faccio un bel respiro, mentre il cuore mi sussurra che stare con lei è la cosa giusta.YuukiSafe with me – The COIl mare sta assumendo un colore che tende all'arancione, ma non è quell'arancione acceso che disturba gli occhi; è un colore tenue, rilassante. Il sole ci sta abbandonando, ed è triste pensare che un altro giorno sia appena passato; ma quando realizzo che questo giorno l'ho trascorso insieme a lui, tutto cambia. Non mi sono mai sentita così viva come oggi, e la cosa è nuova, e la posso sentire ogni volta a fior di pelle sotto forma di brivido. Il punto è che non ho mai amato, prima, e forse è per questo che ora tutto assume quel mistero favoloso che sa di novità.Siamo seduti a un ristorante che abbiamo trovato sulla costa, vicini, e abbiamo deciso di prendere uno dei tavoli che c'era sulla terrazza per avere il mare di fronte, così da perderci nell'illusione di non poter mai davvero smettere di guardarlo, o di sentirlo. Le onde fungono da sottofondo, e una cosa è certa: oggi è un giorno che non vorrò mai dimenticare. Perché dovrei farlo? O perché dovrei volerlo, semplicemente? Se avessi saputo che dopo anni di agonia avessi trovato lui, sicuramente mi sarei sentita in modo diverso, e avrei affrontato tutto in un altro modo. Lui è una ragione in più per vedere tutto più chiaramente, una ragione per poter dimenticare il male e vivere una vita dove questo non esiste.Ordiniamo semplicemente un primo di pesce che secondo Zero è buono – e io gli credo, visto il fatto che non sono una gran cuoca e che non me intendo di cibo – e, mentre aspettiamo, lui a un certo punto mi afferra la mano e mi bacia ogni nocca. Piano, dolcemente. Mentre lo fa mi sento in dovere di osservare i suoi occhi, che non mi abbandonano nemmeno un istante.-Come stai? - mi chiede lui, con voce roca.-Mai stata meglio.-Mi fa piacere sentirlo. - si china e mi da un bacio leggero sulle labbra. Ogni fibra del mio corpo si ribella e tremo. Spero vivamente di imparare a controllarmi, prima o poi.-E tu? Continui a chiedermi come sto io, ma devi darmi anche tu qualche informazione.Zero corruga la fronte, come se non capisse davvero quello che gli chiedo. Alla fine dice: -Io ringrazio il giorno in cui sono venuto qui, a San Diego, Yuuki. Ogni istante.Gli prendo le mani tra le mie. Non lascio andare i suoi occhi, perché ho paura che se lo faccio, probabilmente rischierò di non trovarli più, per quello che sto per chiedergli. Ma non dovrebbero esserci dubbi, tra noi, no? Sento che è necessario sapere cosa lo ha portato qui. Non perché abbia paura di quello che ci sia sotto, ma perché non è giusto amare una persona che non si conosce bene o abbastanza. Per cui prendo un bel respiro, e alla fine, lentamente, parlo.-Non mi hai mai detto perché sei venuto qui, Zero.In lui balena un lampo di...non riesco a capire bene di cosa si tratti. Agonia? Paura? Di qualunque cosa si tratti, non è positivo e ha la forza di farmi stare male. Ecco perché forse non me ne ha mai parlato. Perché è una cosa che farà male, e il mio cuore in fondo lo ha già capito.-Dovrei iniziare il mio racconto da molto tempo fa, Yuuki. Te la senti di ascoltarmi? - Zero ha parlato con una voce inudibile. Per fortuna i piatti non sono ancora arrivati, perché non voglio alcuna distrazione. Mi concentro sul suo viso e lo esorto a cominciare.-Vedi, Yuuki...- stringe un pochino di più le mie mani, come se le afferrasse per non cadere in un precipizio a me invisibile – Lo sai che mia madre è morta. Avevo dieci anni. Eravamo in macchina, stavamo tornando da una visita a mia zia, fuori pioveva. Stavamo scherzando sul fatto che a breve ci sarebbero state le vacanze e saremmo potuti tornare al laghetto che ci piaceva tanto...Il mio cuore si è fermato. Non ho più la forza di muovermi, lo giuro su tutto ciò che ho di più caro.-A un certo punto un pazzo ubriaco ci è venuto addosso e ha colpito in pieno la parte dove mia madre era seduta. Credo di essere rimasto incosciente per ore...poi, quando mi sono svegliato, ho trovato la mia mamma. Era ancora bella, sembrava che non si fosse fatta niente. Ma era fredda. E non parlava. Sono rimasto per molto tempo lì, mentre la pioggia mi bagnava tutto, a chiamare il suo nome, finchè mio padre mi ha trovato e ha chiamato un'ambulanza. Non hanno potuto fare niente. Era già tutto finito quando io l'avevo trovata.Non riesco a trattenere una lacrima. Lui consolava me, me, che ero malata e basta, quando in verità aveva visto sua madre morire. No, non voglio, tutto questo è assurdo e non può essere successo davvero a lui. Non a lui.-Ricominciare a vivere senza di lei è stata la cosa più difficile. Fu molto più difficile che vederla morta e sentirmelo ripetere dai dottori. No, nulla fu più duro che ricominciare a vivere e fare le stesse cose di un tempo, senza che però lei fosse lì a farle con me. Io e mio padre sopravvivevamo. Di tanto in tanto, mia zia Karilin, la sorella di mio padre, veniva da noi a prepararci il pranzo e cercava di farci parlare, di farci reagire. Non ci riusciva mai.Poi...poi non lo so, Yuuki. Un giorno mi sono svegliato e ho sentito le urla di mia zia dal piano di sotto. Anche mio padre urlava. Erano passati sei mesi dalla morte di mia madre. Sono sceso e ho fatto in tempo a vedere mio padre sbattere la porta e andarsene via. L'ho rincorso, ho sbattuto i pugni contro il finestrino della sua macchina, ma niente, lui-lui non mi apriva. Mia zia venne a prendermi e mi trascinò in casa. Non piangevo, sentivo solo il cuore battere all'impazzata. Continuavo a ripetermi che mio padre mi aveva lasciato.Come ha potuto Kaien fare una cosa del genere?-Mia zia mi portò a vivere con sé e vendette la casa dei miei. Io non la sono nemmeno più andato a vedere, perché lì dentro ho lasciato troppo di me stesso. Praticamente mia zia mi ha preso con sé e mi ha fatto ricominciare a vivere. E' stata come una mamma.Non so come, ma trovo la forza di parlare. -E tuo padre? Non si è fato più sentire?-Mi spediva delle lettere, di tanto in tanto. Io ho letto solo la prima, perché ero ancora piccolo. La seconda me l'ha spedita a quindici anni e lo sai come sono i ragazzi a quell'età... l'ho buttata via appena ho visto il mittente. Nella sua prima lettera mi diceva che mi aveva lasciato perché non era un buon padre, e che la zia si sarebbe presa cura di me molto meglio di come lo avrebbe fatto lui. Ne sono convinto. Il punto è che mi ha lasciato solo, Yuuki. Io avevo bisogno di lui e lui mi ha lasciato solo. Capisci...capisci perché faccio fatica a parlargli? A perdonarlo?Ormai mi sono lasciata andare alle lacrime. Non posso credere che dietro alla sua facciata si celasse un dolore così grande, due perdite così devastanti. Lui ha perso entrambi i suoi genitori quand'era bambino. E non importa cosa possa dire lui, questa cosa non cambia.-No, Yuuki, no. Non piangere per me, no. - Mi viene ancora più vicino e mi asciuga le lacrime con la punta delle dita, poi mi bacia, delicatamente, come se potessi spezzarmi. -No, Yuuki. Non voglio, hai capito? Questa giornata deve finire bene com'è cominciata. Ti prego, shh, shh. Vieni qui.E per un po' restiamo così. Io mi perdo tra le sue braccia, dimenticando dove sono, chi sono, che cosa sto facendo, e mi va bene così. Vorrei essere più di conforto per quest'uomo, l'uomo che amo, invece mi rendo che sono io quella che ha sempre bisogno di aiuto. -Mi dispiace così tanto, Zero...-Non devi. E' passato. E' tutto finito, Yuuki. E' un capitolo della mia vita chiuso. Certo, fa ancora male. E forse è proprio per questo che sono venuto qui da mio padre. Perché voglio rimediare...e anche perché ho deluso mia zia. Io...io dovevo andare via da Usutzuku, Yuuki.Non oso pensare in che modo l'abbia delusa, ma per oggi credo che le confidenze possano bastare. I singhiozzi si placano, piano piano. Lui mi culla accarezzandomi e desidererei quasi cristallizzare questo momento per far si che rimanga nostro per sempre. Per sempre, in tutte le sue infinite sfaccettature.Il primo arriva ed è delizioso, e la serata passa leggera, veloce, tra sussurri e baci rubati. Quando ormai il sole è scomparso e ha lasciato il posto alla luna, Zero, all'improvviso tira fuori un pacchetto color rosa e me lo porge.Lo apro, e dentro trovo una collana. Il ciondolo e a forma circolare ed è ornato con un fiocco, ed è semplicemente meraviglioso. Sul davanti è di colore azzurro e verde, come rappresentasse un prato e un cielo azzurro, e, con stupore, noto una piccola farfalla rosa. E' meraviglioso. Zero mi fa girare, e me lo mette, baciandomi poi i capelli. Io prendo la collana tra le mani e mormoro: -E'...è perfetto, Zero. Grazie.E lo bacio. Lo bacio perché è diventato troppo scontato non farlo. Lo bacio perché voglio dirgli, senza usare le parole, che andrà tutto bene, sempre, e che sa che io ci sarò, quando avrà bisogno di me.-Il ciondolo ha un piccolo segreto, Yuuki. - mi dice. Lo prende e, inspiegabilmente, come fosse una magia, lo apre, scoprendo due metà.-Dentro puoi metterci quello che vuoi. Una frase, una foto...e poi la porterai sempre con te.Gli sorrido, ed è un sorriso che viene dal cuore.-Grazie, Zero. Lo porterò sempre con me, lo giuro. Proprio come l'altro mio ciondolo.-Promesso?-Promesso.Mi abbraccia e io assaporo la nostra gioia.-Piccola, ti arrabbi se domani torno a casa per prendermi da vestire? - mi bacia, veloce. -Poi torno. Non posso certo rimanere vestito così ancora per molto.Gli prendo il viso tra le mani. -Certo che puoi. Però dopo torna da me.-Ovvio che torno da te. Yuuki? - sussurra poi, e io non posso fare altro che annegare nei suoi occhi infiniti.-Ti amo. - mormora, con una convinzione e una certezza che smuove qualcosa di caldo e importante al livello dello stomaco. Come se fosse la cosa più semplice e giusta dell'intero mondo.E le due settimane dopo passano così. Leggere, veloci, come i baci che ci diamo al sole che sanno di mare. Ci rifugiamo insieme sotto le coperte nei momenti bui. Durante la notte, se faccio degli incubi, lui è sempre lì, ad accogliermi tra le sue braccia, e non mi lascia mai andare. Se ha bisogno di confidarsi, io per lui ci sono sempre. E sempre ci sarò.Non credo di poter andare da nessuna parte, senza di lui...

Just believe (Zero X Yuki)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora