Capitolo 6
Scossa
Zero
E' l'alba, e finalmente riesco ad arrivare in questo paesino che già non mi piace, San Diego. Puah. Ecco cosa scrivono sulle cartine. Non mi piace per niente e ci sono dei motivi precisi: i viali alberati che sanno di perenne felicità e la gente che sorride a chiunque, nemmeno si conoscesse da sempre. C'è troppo, troppo altruismo, e quasi non mi fa venire la nausea. Ah, dimenticavo, il sole splende perennemente, come a voler sottolineare che la vita è bella e perfetta.
Spero di essermi sbagliato quando mi accorgo che l'indirizzo di mia zia Karilin porta dritti dritti in una libreria, ma purtroppo è proprio quella la sua casa, è il citofono col suo nome a confermarmelo. Kaien Kiryuu. Mi sembra impossibile essere venuto qui, a chiedere pietà a mio padre, che non mi vede da un sacco di tempo. Forse me la sono cercata...ma sono comunque certo di una cosa: non ho nessuna voglia di stare qui, soprattutto al pensiero di dover sopportare le domande di mio padre.
Le librerie non mi sono mai dispiaciute, però, in realtà. Mi ricordano quando tutto tra me e miei andava bene. Papà amava i libri e uno dei suoi sogni più grandi era quello di diventare uno scrittore. Non so se ci spera ancora, ma in ogni caso è almeno riuscito ad aprire una libreria e a circondarsi di montagne di sapienza.
Mi chiedo perché sono qui a fantasticare sul passato, quando ormai l'unica cosa che mi è rimasta è l'umiliazione. Non sono poi così sicuro che mio padre mi vorrà ancora dopo aver saputo cosa ho fatto, e la cosa mi fa stare male. Spezza, semplicemente.
La casa – che è al piano di sopra - è semplice, e si vede che non frequenta una donna, perché altrimenti sarebbe molto più ordinata. Tutto sommato però è rimasto l'uomo di sempre, con i suoi passatempi - di libri ce ne sono tanti anche qui, poi c'è la canna da pesca - e i suoi vizi - nell'aria c'è sempre odore di dopobarba, perché lui la barba non la riesce a sopportare, e credo che abbia passato questa cosa anche a me, perché infatti, appena vedo qualche pelo, me lo tolgo immediatamente. Mi siedo sul divano e chiudo gli occhi. Speravo di vederlo subito e di parlargli, subito, ma evidentemente è fuori e non ho nessuna voglia di chiamarlo per fargli sapere che sono tornato. Aspetterò.
Solo una cosa cattura la mia attenzione: è la foto di me quando ho circa tre anni, e sto giocando con il primo pallone da calcio che i miei mi avevano regalato. Ce l'ha proprio vicina all'entrata e non so perché, quando la vedo, mi si stringe il cuore.
E' come se non mi avesse mai abbandonato, perché mi ha tenuto sempre vicino. Dio, papà.
Non ho alcuna intenzione di fare cose strane tipo mettermi a piangere o soffrire. Piangere, per me, è sempre stato sinonimo di essere deboli, incapaci di accettare ciò che ci è successo e fare qualcosa di concreto per andare avanti e dimenticarcene. Forse è così che sono sopravvissuto fino ad oggi, cercando di non piangere e cercando di scrollarmi via il dolore come potevo. Mentre scendo le scale della libreria, però, inevitabilmente, vengo assalito dal senso di colpa che quasi mi prende lo stomaco. Nonostante tutto, quella foto, quella piccola insignificante foto con i bordi stropicciati, significa che c'è ancora qualcosa che io e mio padre possiamo fare per salvare il nostro rapporto. Non penso che le ripeterò mai, queste parole. Quindi le imprimo sul cuore e sull'anima.
Mi sei mancato, papà.
Yuuki
-Certo che non credevo che quel viso d'angelo nascondesse una mente così diabolica. Complimenti, Yuuki. - mi dice Hanabusa, facendomi l'occhiolino. Gli ho appena proposto di venire alla festa del ciliegio con me, questa sera; e quando ha sentito che venendoci ha l'occasione di conoscere meglio Yori ha accettato subito. Temo che sia proprio cotto, ma è bello vederlo così. Non ho mai avuto a che fare con questo tipo di sentimenti prima d'ora, ma vedendoli vivere dagli altri mi fa venire voglia di provarli, non ora, non domani, ma forse un giorno...
-Non c'è niente di diabolico! - dico, sulla difensiva. -Si tratta solo di accompagnare me e conoscere Yori, tutto qui. Ma se la spaventi, o se le dici qualcosa che non va...
-Io? - chiede lui, ridendo. Poi, improvvisamente e meravigliosamente, si fa serio. -Non credo che potrei dirle qualcosa di sbagliato o ferirla in qualche modo, Yuuki. Ho aspettato un tempo che sembra infinito e adesso non mi sembra vero che potrò conoscerla...ed è grazie a te, sai Yuuki?
Gli passo un altro libro, sorridendogli apertamente. -Beh...non sono così diabolica, alla fine, vedi?
-Macché diabolica. Prima scherzavo, Yuu. Tu sei davvero un angelo, credimi. E se te lo dico io...
Verso le cinque Hanabusa si avvia verso casa e io lo accompagno per un pezzettino, così, giusto per discutere sugli ultimi preparativi per stasera. Kaien ha dato ad entrambi la possibilità di lasciare il lavoro prima, oggi, così che potessimo prepararci per la festa del ciliegio, ma io ho preferito rifiutare e rimanere fino al normale orario di chiusura. Oggi Kaien è fuori città almeno fino a stasera, per cui devo coprire i turni io. Mentre torno al lavoro passo davanti alla gelateria che a me e ad Hanabusa piace tanto e decido di concedermi un buon frappè al cocco. E' da una vita che non lo bevo, e poi è giusto ora di merenda. In pochi istanti il mio ordine è pronto e mi incammino di nuovo verso la libreria, felice di questa mia piccola conquista. In un certo senso il gusto di cocco, leggero e fresco sulla lingua, il sole che scotta sulla pelle e il lucidalabbra danno una sensazione di vita, di forza. Assaporo tutto questo come se fosse qualcosa di nuovo. Nuovo perché una volta era irraggiungibile, impensabile. E fa bene, questa vita, questa sensazione...fa quasi scoppiare il cuore.
Mi metto a cercare le chiavi nella borsa e, proprio nel momento in cui le afferro, vengo scaraventata indietro da qualcuno. Il frappè, il mio meraviglioso, gustosissimo e inimitabile frappè, cade per terra e diventa solo un semplice ricordo. Buona parte di esso è finito sia sulla mia maglietta che sui miei jeans. Bene, molto bene. Non c'è modo migliore per sprecare il cibo!
-Certo che potresti stare attenta – mi dice quello che mi ha fatto cadere. Non ha nemmeno la decenza di scusarsi. Io sono troppo impegnata a cercare di sistemare il danno ai vestiti per guardarlo in faccia.
-Scusa. - borbotto. Avrei voglia di piangere. E di prendermi un altro frappè, ma dovendo tornare al lavoro, non posso proprio. Il tizio dev'essersi accorto che mi ha fatta cadere e che, con la sua straordinaria grazia, ha fatto versare il mio bel frappè.
-Oddio...ti sei fatta male? - chiede con un tono di voce vagamente preoccupato. Poi mi porge una mano, e solo allora alzo lo sguardo per guardarlo negli occhi. E il mio cuore perde un battito.
Non credo di aver mai visto questo ragazzo in vita mia, eppure, nel momento in cui i nostri occhi si incontrano, succede qualcosa di strano e inspiegabile, strano e bellissimo, che è talmente intenso e talmente forte che scavalca l'anima e arriva al cuore. Ha due occhi color dell'ametista che sembrano irreali, irraggiungibili, eppure sono lì – lì, a un passo da me. La pelle bianca contrasta perfettamente con i vestiti scuri, e la cosa che noto subito dopo sono le sue labbra, sottili ma di un colore vivo, accesso. Labbra piene. Non ho mai baciato, ma se dovessi definire la sua bocca ora, direi che ha labbra da baciare, e non provo vergogna mentre lo dico. Nessun tipo di imbarazzo.
E' come se il mondo si fosse fermato. O meglio, il mio mondo si è fermato, portando con sé brividi di freddo che non credevo si potessero provare in pieno Maggio. E i suoi capelli...di un colore chiaro, più chiaro del biondo, sembrano quasi grigi. Un colore bizzarro che non sta bene a nessuno tranne che a te, a te, sconosciuto che mi stai tendendo la mano.
Mi aiuta a tornare in piedi, mantenendo una presa salda e decisa. Anche lui, come me, sembra sconvolto. Anche più di prima. E' come se mi avesse riconosciuta, come se mi stesse riscoprendo. Il punto è che non ci conosciamo...credo. Dopo un po' chiede: -Tutto ok?
Il mio corpo si rilassa, e io mi ricordo che ho una bocca con la quale posso respirare e parlare. -S-sì. - balbetto. Poi lui incomincia a ridere.
-Si può sapere perché ridi?
I suoi occhi sembrano gridare che il motivo è ovvio. -No, niente...diciamo solo che non è la prima volta che mi capita di fare questo tipo di scontri.
E' palese che mi stia prendendo in giro. E ha anche tutte le ragioni per farlo. Insomma, sono caduta per terra, ho balbettato come una bambina, sono sporca di cocco.
-Mi dispiace di averti fatta cadere. - continua, con un sorrisetto furbo sulle labbra. -Sicura che stai bene?
-Sicurissima. - affermo. -A parte per il fatto che il frappè avrei preferito berlo, sai, com'è.
Comincio a ricercare all'interno della borsa le chiavi. E, sinceramente, credo di rifugiarmi in tutto ciò per sfuggire ai suoi occhi e al suo sorriso.
-Sono davvero dispiaciuto...
-Dal ghigno che hai sulla faccia non si direbbe. - dico sarcasticamente, aprendo finalmente la porta della libreria. -Ora scusami, ma devo andare. - continuo, tenendo gli occhi bassi. Sento che si muove dietro di me.
-Aspetta. Ehi...- il ragazzo si mette tra me e la porta, impedendomi di richiuderla alle mie spalle. -Mi dispiace veramente. Scusa se rido...è che ti trovo buffa.
-Mi trovi buffa? Beh...forse se anche tu fossi sporco di cocco gli altri ti troverebbero, come dire, buffo.
-Verrà via da niente. - mormora, come se effettivamente sapesse che le macchie andranno via, come se lo avesse sperimentato sulla sua pelle. Dubito fortemente. -Posso sapere come fai ad avere le chiavi di questo edificio? - mi domanda, con espressione concentrata. Anzi, oserei dire...indagatrice. Il cambio di direzione è inaspettato e mi ci vuole un po' per rispondere.
-Qui io ci lavoro.
-Ci lavori? - chiede, alzando un sopracciglio.
-Cos'è, pensi che non sappia lavorare?
-No, no...non è per quello. - mormora, cambiando completamente espressione. -Comunque io stavo proprio venendo qui, devo prendere un paio di libri. Ti 'spiace se entro e do un'occhiata?
Regalandogli un sorriso tirato, lascio che mi superi e che entri all'interno della libreria. Sembra orientarsi bene, quindi magari non mi ha mentito, doveva davvero venire qui e prendere dei libri. Quando si dirige verso la sezione narrativa, decido di andare in bagno e sistemare in qualche modo il disastro che è la mia maglietta. Ma c'è qualcosa di strano in tutto questo. Il mio cuore è quasi impazzito e quasi non riesco più a sentire la consistenza della gambe. Non so chi sia questo ragazzo, so solo che ha uno strano effetto su di me.
Zero
Non so esattamente perché sto facendo questo. Non so perché semplicemente non le abbia detto che io l'ho già vista e che, in qualche modo, conoscerla è come scoprire una parte di me stesso che non pensavo mi appartenesse.
E' lei.
Sorrido come un ebete al pensiero, il cuore mi si riempie di una strana speranza che non ho mai sentito; quasi mi sembra di essere ridicolo, ma mi ripeto, è lei, non posso sbagliare.
E' la ragazza del ciondolo, Yuuki. Me ne sono reso conto quasi subito. Come posso sbagliarmi? Stessi capelli infiniti, stessi occhi neri, stesse labbra sottili ma deliziose. E' bella da morire, una creatura fantastica che mi ha incontrato per caso.
Non avrei mai pensato di incontrarla qui, adesso, in casa di mio padre; ma effettivamente è successo e non ho nessuna voglia di tornare indietro. Ascolto il destino, in silenzio, una buona volta, e mi lascio trasportare da lui. Il ciondolo con il suo nome ce l'ho ancora, messo via da qualche parte, e sicuramente l'ho portato qui con me. Non avrei mai creduto di poterle parlare...di parlare alla ragazza del ciondolo. Sorrido, al pensiero dei suoi occhi enormi color del cioccolato. Quel giorno, a Usotzuku, l'avevo vista di sfuggita e non lo avevo capito, ma ora lo so: semplicemente, è bellissima.
Ma mi butterà fuori a calci quando scoprirà che non c'è nessun libro che voglio prendere e questa è semplicemente la mia nuova casa. E dove diamine è finito mio padre? Forse sarebbe il caso che glielo chiedessi, senza però farle scoprire nulla. O non lo so. Forse dovrei solo sparire e fare finta che la ragazza del ciondolo sia semplicemente nella mia immaginazione.
A un certo punto, in uno scaffale davanti a me, trovo una pallina di vetro con la quale giocavo sempre da bambino. Dentro c'è un uomo che gioca con il proprio figlio sul ghiaccio. Se si scuote la pallina, una pioggia di fiocchi di neve e brillantini cade e inonda la scena. Mio padre deve averla custodita per tutto questo tempo. Sorridendo, infilo la pallina nella tasca dei jeans, promettendomi che dopo chiederò a mio padre se il mio sogno dovrà rimanere tale o se veramente l'ha tenuta con sè tutti questi anni.
-Che stai facendo? - chiede la ragazza, Yuuki, il tono brusco e gli occhi ridotti a una fessura. -Ti ho visto. Hai preso quella pallina di vetro e l'hai messa in tasca.
-Io...Ascolta, non è come pensi.
-Sei un ladro? Mi hai aggirato con la scusa di prendere qualche libro e...
-Non sono un ladro, per l'amor del cielo!
-E che cosa diamine ci fai allora con quella cosa nella tasca? Io adesso chiamo qualcuno...
Non ha il tempo di dire altro, che le afferro i polsi e la appoggio a uno scaffale, mantenendoli lungo i suoi fianchi, piano, molto cautamente. Dal punto in cui la tocco, forti scosse si propagano in tutto il mio corpo. Non ho idea di che cosa siano, di che cosa significhino, so solo che sono forti...e meravigliose.
-Lasciami andare. - sussurra. So per certo che anche lei si sente come mi sento io, ma è spaventata.
-Se ti lascio andare, mi ascolterai? - chiedo. Siamo occhi negli occhi, cioccolato che si fonde nel lilla. -Mi ascolterai? - domando nuovamente, con la voce più mia che riesco a trovare.
Sembra davvero spaventata, ma finalmente, dopo un po' il suo corpo si rilassa. -Sì.
Come promesso, le mie mani lasciano i suoi polsi.
-Ok...non sei un ladro. Sei un pervertito. - dice, però lo fa sorridendo, trascinando anche me in una piccola risata.
-Ascolta, io...- comincio, prendendo un bel respiro. -Mi sembra di aver sbagliato tutto da quando ti ho incontrata. Non volevo fare niente di male, va bene? E non volevo spaventarti in alcun modo. E' solo che...io conosco Kaien, ecco. E questo oggetto...beh, diciamo solo che non lo stavo propriamente rubando, ok?
Lei non smette di sorridere, e per me è un bene vederla così. Un sorriso sottile, simile ad uno spicchio di luna, chiaro, irraggiungibile.
-Ok...- mormora infine. -Va bene, ti credo.
Ci fermiamo così, perdendoci un po' l'una nell'altro, per un breve istante che sembra durare all'infinito. A un certo punto mormoro: -Mi piace il tuo profumo. Sai...di cocco.
-Mi stai prendendo in giro?
-No, è buono davvero.
Improvvisamente, frantumando ogni cosa, il suo telefono squilla. -Dev'essere Kaien. Probabilmente sta tornando. Sai, è via per lavoro...gli rispondo e torno, ok?
La vedo allontanarsi, per rispondere all'uomo che a tutti gli effetti è mio padre. E per un attimo, un folle e bellissimo attimo, provo il desiderio di rimanere. Di offrirle un altro frappè, magari, dimostrandole che dopotutto non sono così stronzo come volevo farle credere. Che ho un cuore. Un cuore che sembra scomparso in tutto questo tempo, sommerso da anni di errori e di ingiustizie, che oggi, non so perché e non voglio saperlo, sembra essere riemerso. Sembra aver trovato una nuova via.
Ma non c'è ragione che io trascini nel mio mondo malato qualcun altro oltre che mio padre, mia zia, Hana. Queste persone sono già sufficienti e credo abbiano sofferto abbastanza. Non potrei mai permettermi di ferire anche lei – lei, Yuuki, la ragazza del ciondolo. Non potrei.
Mentre è ancora voltata, senza farmi vedere, lascio la libreria e mi allontano di corsa. Non c'era ragione per rimanere. Non c'era ragione di credere che un momento di tregua dal sentirsi un mostro diventasse automaticamente la mia cura. Ed è promessa, quella ragazza rimarrà fuori dalla mia vita. E per una volta non faccio una cosa per me...lo sto facendo per lei.
***
Yuuki
La ragazza che mi guarda dallo specchio mi assomiglia molto, ma ha qualcosa che la Yuuki che credevo di conoscere non aveva mai e poi sperimentato prima. Forse è il sorriso, più vero, più spontaneo, o forse, semplicemente, è il bellissimo vestitino nero che mi è prestato Yori. Non ne ho idea, so solo che questa sera ho il diritto di divertirmi e di sentirmi viva. E perché no, anche dimenticare lo strano episodio che mi è successo oggi.
Il ragazzo dagli occhi viola è letteralmente scomparso. In un primo momento mi ero persino detta di essermi immaginata tutto, ma poi, guardandomi in giro, mi ero resa conto che la pallina di vetro era effettivamente scomparsa. Non solo quel ragazzo mi ha spaventata, ma mi ha persino mentito. E la cosa buffa è che non riesco ad odiarlo. Anzi, se devo dire la verità, non faccio altro che pensare a lui, alla sua voce e ai suoi occhi impenetrabili ma al contempo meravigliosi.
Alle otto e mezza in punto, Yori suona al campanello di casa, io saluto tutti e salgo in macchina con lei. E' impeccabile, come sempre, con una gonna corta e una maglia aderente che mette in risalto le sue forme perfette.
-Allora, chi è questo cavaliere misterioso che ti accompagnerò alla festa, stasera? - mi domanda, mentre ingrana la prima e si immette nel traffico.
-Lo scoprirai presto. - mormoro io. E non ho idea del perché, ma il cuore mi schizza in gola quando penso che forse, stasera, potrei rivedere quel ragazzo.
C'erano momenti, durante il periodo della malattia, in cui desideravo più che mai uscire e diventare parte della natura. Diventare un filo d'erba, l'ala di una rondine e scappare dalle miserie di un mondo che in fondo sapevo che non mi apparteneva. Il periodo in cui desideravo di più scappare era sicuramente questo, il momento in cui i ciliegi sono in fiore e in giro per le strade ti capita di imbatterti nei loro petali. Questa sera, per me, essere qui, ha un significato molto più profondo del fatto di fare qualche passeggiata al chiaro di luna e scambiare chiacchierate con gli amici. Essere qui, in un certo senso, vuol dire diventare un petalo di ciliegio e vincere la paura che è sempre stata con me.
-Yuuki, ti sei incantata?
Yori sta mangiando un tramezzino ai funghi, mentre nell'altra mano tiene un bicchiere di acqua. Io per adesso non ho toccato cibo: ogni cosa che vedo mi fa sentire sempre più viva e mi fa venire voglia di scoprire sempre nuove cose. La fame non conta per niente.
-Stavo solo osservando i ciliegi in fiore. Non sono bellissimi?
-Sì, sono belli. E io sono troppo felice che tu sia qui. Te lo ho già detto che sono troppo felice che tu sia qui?
Sorrido a Yori mettendo nel gesto tutta la mia anima. So per certo che non sarei E' come se non fossi più io. - Lascia perdere. - mormoro, prima di alzarmi, con la stessa paura, dallo sgabello e di allontanarmi dal bar il più possibile, finchè qualcuno non mi afferra il polso saldamente.
-Ehi, aspetta. Yuuki, aspetta! - dice Zero, tenendomi per le braccia. Le sue mani sono calde e rassicuranti, ma i suoi occhi hanno una vena inquietante che rispecchia qualcosa di non detto, di oscuro. Eppure non mi sottraggo dalla presa. Eppure, rimango qui, incatenata all'ametista.
-Yuuki...mi dispiace. Mi dispiace davvero per tutto. Per essermi comportato in maniera meschina e soprattutto per essermene andato via così. Credo che...stessi cercando di proteggerti.
-Proteggermi? Proteggermi da cosa?
-Da me stesso. Sai, non sono il tipo di ragazzo rassicurante, il ragazzo buono, quello che è all'altezza di ogni aspettativa.
Respiro a fondo. Mi tiene ancora per un braccio, dolcemente, senza farmi male. -Non ti ho mai chiesto di essere all'altezza delle mie aspettative. E sai perché? Io non ho nessuna aspettativa.
Restiamo a contemplarci per un po', ma nessuno ha intenzione di lasciare la presa. Siamo come l'uno l'ancora dell'altro. -Forse...- mormoro -forse hai ragione, abbiamo cominciato tutto in modo sbagliato. Forse...vorrei solo sapere come ti chiami.
Lui ride, una risata allegra e pura. -Mi chiamo Zero. E sai che c'è? Hai ragione, Yuuki, siamo partiti con il piede sbagliato. Che dici, ricominciamo?
Zero mi pone la sua mano. Non so esattamente cosa sia accaduto oggi: la mia unica certezza è che questa giornata non è ancora finita e può ancora succedere di tutto. Afferro saldamente la mano di questo ragazzo dagli occhi infiniti, pregando di aver fatto la scelta giusta nel fidarmi di lui, nel perdermi, anche se temporaneamente, in lui.
-Ricominciamo, Zero.
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Just believe (Zero X Yuki)
RomansaYuuki è una ragazza che ama la vita e che ha imparato ad apprezzarne ogni piccola cosa per quello che ha vissuto. Zero non crede nell'amore, non ha mai voluto bene davvero a nessuno. Possono, due persone così diverse, amarsi? Immaginate che non esis...