Capitolo 10

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La punta di grafite sfiorava la carta sottostante, illuminata da una semplice lampada da comodino, mentre le prime sfumature venivano aggiunte alla sua opera.

Quella sera era stata una grossa delusione... Perché la tavola era stata apparecchiata, ma il suo posto non era stato compreso.

Che bella fregatura... No?

Passare un anno a cercare di fare del bene, a tentare di migliorarsi, a seguire i propri sogni, fino ad essere totalmente ignorato...

Non era nessuno, lui.

Era solamente una figura in più da aggiungere all'albero genealogico, ma dall'interesse pari allo zero assoluto.

La sua strada era stata trovata, e non era di sicuro un futuro matematico, o ingegnere.. no, le sue doti artistiche sarebbero spiccate, non avrebbe seguito le orme di nessuno.

La sua strada sarebbe stata sua soltanto, di una corsia e controcorrente.

Non gli interessava l'azienda, non gli interessava stare seduto a giornate a criticare i dipendenti e sentirsi il re del mondo.

Si poggiò pigramente sul proprio palmo, mentre dei riccioli iniziarono ad essere disegnati su quella carta, con tratti rapidi e leggeri, marcando maggiormente sulle zone di ombra.

Quell'anno era... Maturato, poteva dire così.
Aveva fatto qualche tentativo di approccio, ma senza risultati.

E sicuramente, non da parte degli altri!

Le ragazze gli sbavavano letteralmente dietro, baciando quasi il suolo dove i suoi passi si poggiavano.
Eppure lui non aveva il minimo interesse verso di loro, verso quelle vocine stridule e quelle ciglia lunghe.

Quattordici anni...

Nella sua mente aveva ipotizzato che non fosse in realtà ancora pronto, che magari la sua testa rispondeva ancora agli stimoli bambineschi, che ancora aveva un'innocenza elevata ed immatura.

Ma infondo, andava bene così, no?

Aveva fretta?

Ma no...

Sospirò pigramente, con la pancia vuota e gli occhi spenti, mentre osservò la rosa splendente.

Erano diversi anni che rimaneva meravigliosa... Anni in cui il suo pensiero era spesso rivolto ad un elfo natalizio...

"Nii-San...?".

Girò lentamente la testa, socchiudendo gli occhi ed immaginandosi Natsuo dietro alla porta, in attesa di una sua risposta.

Aveva sempre portato rispetto dei suoi spazi, mai una volta aveva aperto la porta della sua stanza senza il suo permesso.

E l'angolo delle sue labbra si sollevò leggermente: "Vieni...".

I ciuffi candidi sbucarono dalla porta, e gli occhi tempestosi fecero capolino.

Quanto era cresciuto... In un anno sembrava quasi che si fosse annaffiato i piedi ogni notte per crescere in quella maniera.

Eppure rimaneva il timido Natsuo, il suo fratellino, a cui voleva così tanto bene...

Le spalle iniziavano ad allargarsi, i muscoli ancora acerbi si formavano piano piano, passo dopo passo.

Ed in mano aveva un semplice contenitore, con una forchetta ed un coltello, e sotto l'ascella una borraccia di acqua.

"Hai fame...?".

Touya girò sulla sua poltroncina, annuendo appena e sollevandosi, avvicinandosi al letto dove si mise seduto a gambe incrociate e dove, poco dopo, lo raggiunse anche il fratello.

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