Un passo alla volta

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Erano due anime che si univano attraverso la musica e il resto del mondo sembrava svanire.

Tornai alla locanda e ad attendermi c'era la signora Jones avvisandomi che il pranzo era pronto. Annuii e mi recai in camera, feci una doccia veloce e indossai vestiti puliti: un paio di jeans e una maglietta bianca a righe blu. Calzai scarpe da ginnastica e mi diressi verso la sala da pranzo, già affollata da altri ospiti. . Spostai una sedia e mi sedetti.

‹‹Com'è andata la tua mattina, cara?››

La signora mi guardò negli occhi e si accorse che c'era qualcosa che non andava, ma io non volli dire nulla a riguardo e me ne uscii con la prima scusa che mi passò per la mente.

‹‹Bene, grazie››

Mi sorrise. Aveva capito tutto e non andò oltre.

‹‹Sono davvero felice per te!››

Dopo pranzo, la ringraziai per il buon cibo che aveva preparato e decisi di andare in camera a riposare un po'. Non mi andava di leggere, né di scrivere sul diario. Non riuscendo a prendere sonno, mentre ero a letto, fissavo il soffitto e pensavo cosa fare per il prossimo incontro con Alan. Dalla finestra potevo sentire il rumore delle onde e in cielo il verso gracchiante dei gabbiani. Sarei andata da lui. Mi preparai e mi accinsi per lasciare l'albergo. Passando dalla hall, vidi la signora che mi rivolse uno sguardo sereno e felice.

‹‹Buona passeggiata, cara e divertiti!››

Notai che mi fece l'occhiolino. Io le sorrisi, la ringraziai e me ne andai. Sperando di ricordare il tragitto che avevo fatto la prima volta, m'incamminai. Giunta dinanzi la porta di casa sua, il cuore mi batteva forte. Avevo una missione in mente, una promessa da mantenere: fare il primo passo per superare le barriere che ci dividevano. Con un respiro profondo, suonai il campanello. Aspettai ansiosa, pregando che lui fosse in casa, soprattutto da solo, disposto a parlarmi. Sentii dei passi provenire dall'interno e tirai un sospiro di sollievo. Poi, la porta si aprì e apparve davanti a me. Cercai di sembrare più disinvolta possibile.

‹‹Ciao, scusami se ti disturbo. Posso entrare? Sei solo?››                           ‹‹Che ci fai qui? Forse, non sono stato chiaro...››                                             ‹‹Per favore!››

Gli sorrisi timidamente. Lui distolse lo sguardo da me e si spostò per lasciarmi passare.

‹‹Grazie››

Il suo appartamento non era piccolo, ma neanche troppo dispersivo. Appena varcai la soglia, mentre lui chiudeva l'uscio alle nostre spalle, potevo vedere un corridoio tappezzato di quadri, le varie stanze sia a sinistra che a destra. Ricordai la sala degli strumenti ed entrammo lì. Ero così ammaliata da quella stanza, mi piaceva guardare tutti quegli strumenti ma, d'un tratto, il mio sguardo cadde su uno in particolare: l'arpa.

‹‹Ho sempre sognato di imparare a suonarla!››

Mi avvicinai per sfiorare le corde.

‹‹Fai piano, per cortesia... è uno strumento delicato!››

"Che paranoie!"

Si bloccò sull'uscio della stanza e io mi voltai lentamente. Ci scambiammo uno sguardo intenso. Pian piano lui si avvicinò a me. Tremavo come una foglia. Non capivo più nulla, mi sentivo confusa ed emozionata.

‹‹Se vuoi t'insegno a suonarla?››

Non era proprio quello che mi aspettavo da lui, in quel momento. Speravo mi dicesse altro, mentre cercavo con tutte le mie forze di controllare il mio stato d'animo. Però, annuii con un sorriso radiante.

‹‹Sarebbe meraviglioso! Ma io non sono venuta qui per questo, desidero parlare con te!››

Alan non diede retta a quelle ultime parole. Prese l'arpa con delicatezza e la portò verso un comodo sgabello.

‹‹Allora, cominciamo?››

Il tono della sua voce era calmo. Poi, si sedette accanto a me. Le corde dell'arpa scintillavano sotto la luce del sole che entrava dalla finestra e il suono leggero del mare all'orizzonte forniva uno sfondo tranquillo. Presi una profonda boccata d'aria, cercando di calmare il mio cuore che batteva veloce.

‹‹Non ho mai fatto nulla di simile!›› ‹‹Nessun problema, iniziamo dalle basi. Ti mostrerò come tenere le mani››

Prese delicatamente le mie mani. Un brivido mi attraversò lungo le braccia. Quel contatto mi provocò nuove sensazioni. Poi, le posò sulle corde, mi guidò con attenzione attraverso i primi passi.

‹‹Devi cercare di rilassarti, Ginevra. L'arpa è uno strumento magico e puoi farla vibrare con il tuo cuore››

Mi sforzai di concentrarmi e chiusi gli occhi per un istante, cercando di connettermi con lo strumento. Sotto la guida di Alan iniziai a strimpellare le prime note. In principio era un suono incerto e stonato, ma poi iniziò a prendere forma. Lui mi guardava con ammirazione, colpito dalla mia determinazione.

‹‹Sei brava. Continua così››

Sentire i suoi occhi addosso mi metteva tanta agitazione, ma rimasi concentrata. Mentre continuai a suonare, sentii una connessione speciale con lui e con l'arpa. All'improvviso, Alan afferrò una chitarra che era poggiata contro la parete e cominciò a suonare una melodia armoniosa che si intrecciava benissimo con l'arpa. Era come se i nostri cuori stessero comunicando. Mi voltai e incespicai nei suoi occhi verdi. Senza dirlo a parole ci stavamo scambiando qualcosa di molto speciale. Anche se la tensione tra me e lui cresceva a ogni nota che suonavamo, i nostri sguardi profondi e sinceri sembravano penetrare nell'animo dell'altro, rivelando pensieri e sentimenti che erano rimasti nascosti per troppo tempo. Entrambi sapevamo che stavamo vivendo un momento magico, stupendo. Le nostre mani danzavano sulle corde degli strumenti. Poi, Alan abbassò lentamente la chitarra, posandola a terra. Si avvicinò a me, con lo sguardo ancora bloccato nel mio. La mia anima era piena di ansia e di speranza, il cuore mi batteva veloce. Lui era vicino, troppo vicino alle mie labbra. Un fremito mi assalì, nonostante il calore del suo dolce respiro.

‹‹È meglio che vada!››

Il ricordo di un'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora