Il silenzio che divide

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Ci sono silenzi così profondi che a volte dividono.

Tornai di corsa verso il bed and breakfast per lasciare i pacchi in camera e uscii di nuovo per andare nella biblioteca locale. Avevo bisogno di uno spazio tranquillo, per cercare di elaborare le mie foto. Intorno era così silenzioso e io ero concentrata sulla mia macchina fotografica. Improvvisamente, alzai lo sguardo. Era entrato Alan, mi alzai di scatto e mi avvicinai alla finestra, guardando fuori. C'era una buona luce per scattare un paio di foto e dovevo cogliere quel momento, una scusante per non farmi vedere. Ma lui invece, si accorse di me e mi osservò con sospetto. Spostò una sedia, senza fare tanto rumore e si sedette. Poggiò un pentagramma sul leggìo e iniziò a lavorare a una sua composizione, mentre io ero intenta a fare foto.

‹‹Scusa, puoi fare dopo? Sto cercando di lavorare!››

Non gli diedi retta e continuai. Alan sospirò e cercò di concentrarsi di nuovo sulla musica, ma non riuscì a farlo. Aveva bisogno di silenzio assoluto per creare. La situazione divenne tesa, lo stavo trattando alla sua stessa maniera, per fargli capire che atteggiarsi in quel modo non sarebbe arrivato da nessuna parte. Scattai più di un paio di foto da diverse angolazioni, mentre sentivo Alan sbuffare.

‹‹Ora basta!››

La durezza di quelle parole mi colpì come una freccia al cuore, decisi di restare in silenzio, anche se il mio sangue bolliva di rabbia. Ero determinata e testarda a tener duro, mostrando una certa strafottenza. Avevo deciso che doveva essere lui a fare il primo passo. La palla era ora nel suo campo. Nonostante l'atmosfera, cercai di ignorarlo completamente e di concentrarmi sulle mie foto. La sua musica fluiva dal pentagramma, ma sembrava priva di quella magia che aveva quando era ispirato. Dopo un po' notai che aveva abbandonato il suo lavoro e si era alzato dalla sedia. Si avvicinò silenziosamente e io potevo sentirlo respirare a pochi passi da me. Non osai guardare nella sua direzione, ma sentii il suo sguardo su addosso.

‹‹Cosa diavolo stai cercando di dimostrare?››

Ancora una volta avevo deciso di tacere, anche se le mie difese cominciarono a vacillare un po'. Non ero sicura di quanto tempo avrei potuto mantenere quel silenzio. La mia ira e la mia delusione iniziarono a mescolarsi con un desiderio di comprensione, ma ero troppo orgogliosa per ammetterlo. Il silenzio che separava le nostre anime sembrava ingigantirsi sempre di più, raggiungendo profondità inimmaginabili. Incominciava a diventare un fardello che non volevo più sopportare. Quel modo di convivere, fatto di sguardi sfuggenti e di parole non dette, stava iniziando a pesare come un macigno. Avevo deciso che era arrivato il momento di porre fine a questo stato d'incertezza. Non importava se avessi dovuto affrontare la sua rabbia o le sue parole taglienti. La mia fermezza era ben salda e la necessità di mettere fine a quel silenzio si faceva sempre più urgente. Non sarebbe stato saggio discutere all'interno della tranquilla biblioteca, avremmo dato spettacolo e, forse, anche intrattenuto gli altri presenti. Tuttavia, quella conversazione sarebbe avvenuta, a suo tempo e luogo, poiché ogni cosa era diventato insopportabile e ne avremmo risentito entrambi, ne ero estremamente sicura. Staccai lo sguardo dalle foto e fissai Alan.

«Cos'hai da guardare, ragazza? Mi distrai!»

Sbuffai. Insieme alle fotografie avevo un libro e senza avvedermene, con un colpo di braccio cadde a terra, rompendo il silenzio. Si voltarono tutti e iniziarono a mormorare. Alan sobbalzò, ma io non lo avevo fatto apposta.

«Sei una sbadata! Te le cerchi proprio, eh... sta' attenta!»

Non mi pronunciai, raccolsi il volume e lo poggiai sullo scaffale, chinai la testa e socchiusi gli occhi, sospirando.

"Per quanto tempo dovrò sopportare tutto ciò? Quando la finirà? Non riesco a tollerarlo!"

Il ricordo di un'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora