03. Un'oca decapitata

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Che Ironia! Pensò tra sé e sé mentre due serve poco amichevoli la conducevano davanti quell'acquitrino grigio e fumoso.

Quella mattina aveva provato una forte nostalgia proprio per un bagno caldo, pensando che non ne avrebbe visto uno per chissà quanto tempo o che addirittura sarebbe morta entro sera.

Invece il sole stava tramontando, le avevano offerto cibo, vino e un giaciglio abbastanza confortevole per riposarsi. Ovviamente per via delle tensione non era riuscita né a mangiare, né a dormire.

Per di più, verso sera invece le avevano offerto un bagno caldo.

Anche se a giudicare dai modi irruenti con cui le due giovani la stavano sfregando su tutto il corpo, quel bagno aveva tutt'altro scopo del suo puro piacere.

Le venne in mente l'immagine di sua madre che esortava la servitù a lucidare l'argenteria ogni volta che avevano un banchetto importante.

Si sentiva esattamente come uno di quei calici, sfregato con vigore al fine di soddisfare successivamente i piaceri di qualcuno.

Erano successe così tante cose quel giorno e altrettante probabilmente dovevano ancora succedere.
Avrebbe voluto tanto riordinare le idee per non essere colta di sprovvista dal suo nemico, una volta che lo avrebbe rivisto, ma con quelle due megere addosso non riusciva nemmeno a elaborare il più semplice dei pensieri.

Le stavano spingendo la testa sotto l'acqua, dopo averle insaponato i capelli con qualche unguento dall'odore familiare. Completamente immersa, mentre si godeva quel fugace attimo di assoluto silenzio, senti che le due serve mollare improvvisamente la presa all'unisono.

Emerse dall'acqua torbida boccheggiando e con la vista annebbiata dalle goccioline rimaste sulle sue ciglia.

Lo vide subito davanti a sé, a qualche metro di distanza. Si coprì istintivamente il seno con le braccia, dimenticandosi che probabilmente era lì proprio perché voleva controllare la sua nuova proprietà e che quasi sicuramente, una volta calato il buio, avrebbe in ogni caso goduto della vista del suo corpo e non solo di quella.

Aveva lo stesso sguardo di quando quella mattina, dopo aver richiamato all'ordine dei suoi uomini, le aveva lanciato tra le mani una mela presa dal cesto di quella signora molto scontrosa a cui stava impartendo degli ordini. Era quasi certa di aver visto in quel ghigno una sorta di sfida, oltre ad uno scontatissimo luccichio di lussuria che non celava assolutamente le sue intenzioni nei suoi riguardi.

Aveva colto anche un movimento delle labbra, come se stesse bisbigliando qualcosa tra sé e sé, ed era sicura che quel qualcosa fosse stato detto in modo istintivo in lingua gaelica. Non era riuscita però tuttavia a tradurlo con chiarezza, nonostante Aidan l'avesse costretta ad allenarsi a leggere le labbra per mesi, prima della sua partenza.

Mentre con la coda degli occhi notó che le due serve avevano la testa china e guardavano l'acqua in modo quasi imbarazzato, fu presa nuovamente da quella stranissima sensazione nelle viscere. La stessa sensazione che l'aveva pervasa molte ore prima vedendolo avanzare tra la gente.

Quella mattina, era rimasta piacevolmente sorpresa. Non si sarebbe mai aspettata di trovarsi di fronte ad un uomo cosi affascinante e imponente. Sopratutto era stato molto inaspettato vederlo quasi come sua madre lo aveva messo la mondo, stivali e un misero straccio legato in vita a parte.

In quel momento si era resa conto che non aveva mai visto un uomo con così tanta pelle in vista e per di più alla chiara e nitida luce del sole.

Lo riconobbe subito anche se non c'era niente in lui che assomigliasse all'immagine del bambino esile e bassino, protagonista dei suoi ricordi riguardanti  quell'estate trascorsa a Berwick.

Enemy's Daughter - La figlia del nemicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora