27. Fredda come la neve

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Eeda cercò di non piangere finché Unah non ebbe finito di medicarla e non avesse lasciato la tenda.
Le lacrime le solcarono quindi il viso per ore. In cuor suo sapeva che Blake non avrebbe mai fatto ritorno alla sua tenda quella notte, ma voleva rimanere sveglia ad aspettarlo comunque.
Tuttavia la spossatezza del suo corpo dovuta alla febbre del giorno prima e all'intensità dell'amplesso che avevano condiviso quella sera, l'avevano distrutta. Suo malgrado si addormentò stremata e si svegliò solo in tarda mattinata. Non appena scese dal letto, una serva entrò ad aiutarla a vestirsi.
Aveva il cuore spezzato in due, come se una seconda freccia lo avesse trafitto. Era conscia del fatto che la sera prima aveva rovinato il suo rapporto con Blake in modo probabilmente irrimediabile, ma era pronta a fare i conti con quel peso anche per tutta la sua esistenza, se questo voleva dire salvargli la vita.
Si recò ai tavoli del bivacco per la colazione. Le prostitute che erano accampate nei pressi della tenda della cucina la salutarono sorridenti. Non osavano più schernirla, ma mantenevano le distanza trattandola con rispetto e gentilezza. Parlavano del viaggio che avrebbero dovuto intraprendere a breve e di come sarebbe stata la vita a Berwick.
«Come vi sentite Milady?» Unah la stava guardando con aria molto preoccupata mentre le allungava il vassoio per la colazione. Non sapeva se si stesse riferendo alle sue condizioni fisiche oppure, avendo visto Blake dormire da un'altra parte, stesse alludendo a quelle emotive.
«Ancora un po' frastornata, ma la spalla mi duole meno, Unah. Grazie»
Provò ad abbozare un sorriso, ma la nausea dovuta all'odore del porridge fumante non l'aiutò. Prese solo una mela e si creò una scappatoia.
«Magari una camminata mi rimetterà in sesto.»
Unah non la riprese per le scarsa colazione. Era troppo indaffarata ad organizzare le provviste in vista della partenza.
Camminando per il campo si accorse che il fervore era nell'aria. Alcuni soldati stavano smontando già alcune tende. I preparativi erano iniziati.
Camminò fino al campo di addestramento. Ian era intento ad allenare alcuni arcieri.
Li raggiunse e si sedette su di una panchina vicino alle tenda per riposare un po'. Non era ancora nel pieno delle forze. Ma aveva lo stomaco chiuso. Durante il tragitto aveva dato solo un morso alla mela.
Ian la salutò con un cenno e continuò a impartire indicazioni agli uomini.
«Continuate a tirare!»
Ordinò non molti istanti dopo, mentre si incamminava verso di lei.
«Allora, cosa ne pensi?» Le chiese.
«Il primo tiene il braccio troppo alto. Il secondo piega poco il gomito. Il quarto promette bene, ma deve aprire maggiormente la mano nel tendere l'arco per acquisire maggiore potenza, in modo da non sforzare troppo il braccio. Il terzo ha una posizione impeccabile che minimizza i suoi errori, ma credo abbia problemi di vista. Lo solleverei da quel ruolo.»
Ian incurvò le labbra aggrottando la fronte e spalancò gli occhi in un gesto di ammirazione
«Però, Eeda! Una volta ripresa potresti addestrarli tu i nostri arcieri.»
Lo fissò incredula in silenzio.
«Non ti sto prendendo in giro. Gli uomini ti rispettano, hanno fiducia nelle tue capacità, sopratutto nel tiro con l'arco dopo Norham.»
Eeda rise lasciando trasparire un forte nervosismo «Sembra che abbiate tutti le idee ben chiare di come sarà la mia vita a Berwick.»
Ian socchiuse gli occhi per scrutarla e comprendere meglio a cosa alludesse.
«È successo qualcosa con Blake?»
«Cosa ti ha raccontanto?»
«Proprio niente. È questo che mi preoccupa. È tutta la mattina che mi evita. Mi ha salutato malapena e ho notato che non ha dormito nella sua tenda con te.»
Eeda fece una smorfia per trattenere le lacrime al ricordo della freddezza con al quale si erano separati la notte precedente.
«Ian, tu gli mentiresti se fosse necessario a salvargli la vita?»
«Non saprei. Forse si. Ma Eeda, non hai appreso niente dalla battaglia di Norahm? Hai rischiato di farci uccidere tutti pensando di salvargli la vita. Dovresti aver imparato che a volte è meglio trovare una soluzione assieme ai problemi.»
«Non questa volta Ian, non mi starebbe mai ad ascoltare.»
«Non capisco che problema è insorto ora?»
«Vuole sposarmi!»
«Ah!» Non cercò di nascondere la sua perplessità. «Non vedo come possa essere un problema. Anche le galline di Unah a questo punto hanno capito che vi amate ciecamente e che entrambi volete la pace tra i due clan.»
Gli occhi le si riempirono di lacrime.
«Ian, credimi. E' la cosa che desidero di più al mondo passare il resto della mia vita con lui, ma non posso farlo.»
Il vichingo la stava osservando con uno sguardo torvo, in attesa che si spiegasse meglio.
«Mio padre mi ha mandato qui con l'intento di spiarvi» Fece una pausa cercando di deglutire. «E con l'intento di farmi sposare da Heron.»
Si fermò per controllare le reazioni di Ian, il quale sembrava tuttavia completamente impassibile.
«Forse non si immaginava che me lo avrebbe chiesto mosso da sentimenti nei miei confronti, ma ad ogni modo mi aveva detto di fargli credere che avrebbe tratto numerosi vantaggi dall'unione con me. L'intento di mio padre è quello di fingere una tregua per assassinarlo in occasione delle nozze.»
«Beh, mi pare che possiamo comunque impedire un attentato alla sua vita e farvi sposare comunque.»
«Ian, non conosco il piano esatto che hanno in mente. Non mi hanno incluso nella pianificazione del suo assassinio. Forse perché avevano messo in conto che alla lunga avrei finto per innamorarmi di lui, non lo so, ma mi hanno tagliato fuori. E io non posso fargli rischiare la vita in questo modo.» Si asciugò frettolosamente una lacrima e tirò su con il naso.

Enemy's Daughter - La figlia del nemicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora