Capitolo 5

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Non ci potevo credere: quei giorni erano passati così in fretta, il mio rapporto con Dylan non era migliorato per niente e non avevo avuto più crisi per quei giorni.

Erano le 17:00 del venerdì:

mancava solo un'ora.

L'ansia mi ticchettava le tempie e dovevo prepararmi.

Non mi truccai pesante e non mi vestii in modo egocentrico: volevo dare un'ottima impressione allo psicologo, anche se ai medici che si occupano di queste problematiche non bisogna dare una buona impressione perché esteriormente puoi essere la persona più curata del mondo ma all'interno c'è sempre qualcosa che ti tritura lentamente il cervello e ti mangia lentamente l'anima.

Bisogna agire prima che sia troppo tardi altrimenti la nostra vita verrà sprecata.

La vita è un attimo che bisogna sfruttare al massimo e che non bisogna far seccare come un fiore maltrattato.

Ecco, la nostra vita è come un fiore, una perfetta metafora: dipende tutto da noi, dipende tutto da come la trattiamo.

Mi sistemai un po' e sentii un fruscio nella mia testa che piano piano diventò assillante.

Sarah ci accompagnò in macchina e Jade mi strinse la mano per tutto il viaggio.

Eravamo arrivate.

Ci sedemmo in sala d'attesa e io continuai a picchiettare il piede sul pavimento che sembrava cadermi sotto i piedi.

Dovevo farla pagare a quello stronzo: William, il mio ex, lui.

Un uomo alto e con i capelli ben sistemati con indosso un camice lungo e candido pronunciò il mio nome.

"La prossima è.. Avanna, che bel nome.."

Quelle parole mi misero un po' di inquietudine ma mi alzai lentamente e delicatamente dalla sedia deglutendo la poca saliva che mi restava in bocca.

Entrai, e la prima domanda che mi fece fu:

"Come stai?" quella domanda mi sorprese e mi fece felice.

Raramente mi veniva chiesto.

Io risposi che non era certo uno dei momenti in cui stavo meglio, ma che stavo cercando di affrontarlo nel migliore dei modi.

Lui mi disse che capiva e poi mi rivolse altre domande.

Innanzitutto mi chiese quale fosse il mio problema e se avessi avuto un trauma che mi provocava tutto quello che stavo passando.

Io gli dissi che, se poteva essere definito tale, ne avevo avuto uno.

"La mia vita è stata segnata da due eventi." cominciai.

"Il primo, il tragico rapporto con i miei genitori: sono sempre stata definita un errore, una disattenzione.

Non sarei mai dovuta nascere, insomma.

Sono stata cacciata di casa appena sedicenne per colpa del mio egocentrismo, del mio carattere e del mio modo di essere.

A differenza di mia sorella, sono sempre stata decisa a esporre i miei punti di vista, anche a costo di andare contro di loro.

E la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato questo."

Indicai il nostril che mi perforava la narice destra."

Lui segnò queste informazioni annuendo contemporaneamente.

Poi arrivò il momento più complicato, più difficile:

raccontare del mio trauma dovuto a William.

"A sedici anni mi sono fidanzata con un ragazzo, si chiamava William.

𝓐𝓻𝓻𝓱𝔂𝓽𝓱𝓶𝓲𝓪: 𝒉𝒆𝒂𝒓𝒕𝒃𝒆𝒂𝒕𝒔 ♥︎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora