Capitolo 20

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Il racconto della ragazza mi aveva sconvolta. Se non avessi lasciato William, magari, avrei vissuto lo stesso incubo anche io. Iniziai a pensare: l'avevo vissuto, certamente, e lo stavo vivendo anche in quel momento. La ragazza non stava più raccontando. Sentii singhiozzare dall'altro capo della tenda.

"Ehy, mi dispiace averti fatta piangere, non era mia intenzione" dissi preoccupata.

"Ma quale scusa, grazie, grazie mille, non ero riuscita a sfogarmi così tanto da quando mi era successo tutto questo cazzo di casino". mi rispose lei con voce piena di gratitudine.

"Come ti chiami e perché sei in questo reparto?" le chiesi osservando la scritta "reparto psicologico/neurologico".

"Ho messo piede in questo ospedale circa 2 mesi fa: sono arrivata e mi hanno subito inserita nel reparto delle urgenze. Avevo 4 costole rotte, un trauma cranico, la caviglia rotta, il polso fratturato e un bel problema qui" mi disse lei probabilmente toccandosi la testa. Mi tirai a sedere in attesa che la ragazza riprendesse a parlare: "Mi chiamo Aaliyah, lo so è un nome strano, l'hai mai sentito?" mi domandò lei con voce curiosa.

"Onestamente no, ma il tuo nome è stupendo. Avanna, piacere".

"Posso chiamarti Ava? A me puoi tranquillamente chiamare Ali". La dottoressa ci interruppe irrompendo nella nostra stanza: "Aaliyah, non credi sia ora di dormire, vale la stessa cosa per te". disse indicandomi. Annuii e mi sdraiai rapida.

La notte passò lenta.
Mi svegliai confusa, avevo chiuso occhio ben poco. Mi voltai e mi resi conto che la flebo non era più nel mio braccio. Finalmente libera. Mi alzai indolenzita e mi resi conta che Aaliyah stava ancora dormendo. Mi presi tempo per osservare quanto fosse bella e poi mia avvicinai a lei per svegliarla lentamente.

"Aaliyah, sveglia". dissi con voce morbida. Dopo qualche lamento la mia vicina di stanza aprì gli occhi e mi guardò per qualche istante.

"Ciao Ava". pronunciò scandendo le lettere. "Puoi prendermi le stampelle?" mi chiese ancora assonnata.

"Certo!" le risposi rivolgendole un sorriso.
Camminai cauta fino a raggiungere gli appoggi di Ali, che le porsi.

"Grazie Ava!" mi ringraziò e si tirò in piedi. Fece qualche smorfia con il viso e poi si avviò verso il corridoio dell'ospedale. Io mi presi ancora del tempo e mi risedetti sul lettino. La dottoressa interruppe il mio momento di tranquillità: "Stones?" mi alzai in piedi e sollevai il braccio.

"Ha una visita dallo psicologo". il sangue mi si gelò, l'ultima visita era andata tutto tranne che bene. Annuii, cercando di nascondere il mio scetticismo.

"Ci sono dei trucchi?" domandai incerta.

"No, si muova. Ho tanti problemi, e che il suo visetto non sia perfetto, non è uno di questi!" che stronza, secondo lei la mia domanda era un capriccio, non aveva nemmeno considerato la possibilità che odiassi il mio viso, e che l'unico metodo per non farmelo detestare così tanto, era mettermi un po' di roba in faccia. Lanciai un'occhiata fulminea alla finestra e osservai per un attimo le tende di lino bianco. Passai la mano destra sui miei capelli e iniziai a camminare zoppicante verso la soglia della porta della camera, sollevando il mento e tirando un'occhiata sprezzante, seppur non da me, verso l'infermiera che mi fissò insensibile. Iniziai a camminare per il corridoio, quasi inquietante : tutto bianco, pareti, soffitto e pavimento. Nessun dettaglio colorato, nessun raggio di vivacità, tutto così candido. Mi guardai intorno sentendo il ticchettio delle scarpe dell'infermiera dietro di me: c'erano innumerevoli stanze e innumerevoli reparti, tutte con una targa che indicava la funzione della camera. Continuai a camminare con il rumore delle ciabatte che strusciavano per terra: ero senza forze, non riuscivo nemmeno a tirare su le gambe per camminare in modo normale. L'infermiera, incurante dei miei infiniti dolori a qualsiasi parte del mio corpo indolenzito, mi acciuffò il braccio e mi fece fermare davanti a una stanza: la scritta che lessi alzando lo sguardo recitava "Psicologia e psichiatria". Un brivido feroce, che mi fece tremare le ossa, mi percorse il corpo nella sua interezza, le budella si attorcigliarono su se stesse provacondomi una forte fitta all'intestino. Riuscii a non piegarmi su me stessa, per dimostrare un po' di forza e sopportazione, ma credetemi quel dolore rasentava la soglia del mio dolore. Rimasi dritta, senza dare a vedere quanto l'intestino mi facesse male. L'infermiera faccia di culo bussò alla porta e dopo pochi attimi un uomo sulla quarantina, con un lieve segno della barba che gli scolpiva gli zigomi, gli occhi chiari come il ghiaccio e i capelli scurissimi e ordinati, aprì la porta della stanza.

"Buongiorno dottor Pedrick!" squittii l'infermiera attorcigliandosi una ciocca castana attorno al dito indice. Avranno avuto su per giù la stessa età, che coppia! Cazzo che tortura questo inguardabile teatrino! Il dottore rispose passandosi due dita sul mento: "Buongiorno..." rispose provocante.

"Possiamo mettere fine a questo vomitevole dialogo, ho bisogno di una visita, questo è un ospedale non un sito di incontri online!" dissi scocciata e al quanto disgustata.

"Signorina!" mi rimproverarono all'unisono. L'infermiera scosse la mano timida e il dottore le strizzò l'occhio. Perché tutte a me?

𝑺𝑷𝑨𝒁𝑰𝑶 𝑨𝑼𝑻𝑹𝑰𝑪𝑬🩺
𝑪𝒊𝒂𝒐! 𝑰𝒏 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒐 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝑨𝒗𝒂 𝒉𝒂 𝒂𝒑𝒑𝒓𝒐𝒇𝒐𝒏𝒅𝒊𝒕𝒐 𝒍𝒂 𝒄𝒐𝒏𝒐𝒔𝒄𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒅𝒊 𝑨𝒍𝒊, 𝒆 𝒉𝒂 𝒂𝒗𝒖𝒕𝒐 𝒂𝒏𝒄𝒉𝒆 𝒊𝒍 """"𝒑𝒊𝒂𝒄𝒆𝒓𝒆"""" 𝒅𝒊 𝒄𝒐𝒏𝒐𝒔𝒄𝒆𝒓𝒆 𝒖𝒏'𝒊𝒏𝒇𝒆𝒓𝒎𝒊𝒆𝒓𝒂. 𝑨𝒍𝒍𝒂 𝒇𝒊𝒏𝒆 𝒅𝒆𝒍 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝒉𝒐 𝒅𝒆𝒄𝒊𝒔𝒐 𝒅𝒊 𝒂𝒈𝒈𝒊𝒖𝒏𝒈𝒆𝒓𝒆 𝒖𝒏 𝒑𝒐' 𝒅𝒊 𝒄𝒓𝒊𝒏𝒈𝒆 𝒕𝒓𝒂 𝒍'𝒊𝒏𝒇𝒆𝒓𝒎𝒊𝒆𝒓𝒂 𝒆 𝒊𝒍 𝒅𝒐𝒕𝒕𝒐𝒓 𝑷𝒆𝒅𝒓𝒊𝒄𝒌, 𝒑𝒆𝒓 𝒔𝒅𝒓𝒂𝒎𝒎𝒂𝒕𝒊𝒛𝒛𝒂𝒓𝒆 𝒍𝒂 𝒔𝒊𝒕𝒖𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆.
𝑽𝒊 𝒂𝒔𝒑𝒆𝒕𝒕𝒐 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒊/𝒆 𝒂𝒍 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 21.

𝓐𝓻𝓻𝓱𝔂𝓽𝓱𝓶𝓲𝓪: 𝒉𝒆𝒂𝒓𝒕𝒃𝒆𝒂𝒕𝒔 ♥︎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora